“La Provincia di Pesaro e Urbino è ricchissima dal punto di vista archeologico e conserva rilevanti testimonianze della storia e della cultura materiale dell’uomo dal Paleolitico al Rinascimento passando per l’epoca romana.
L’epoca romana è peraltro caratterizzata – nella nostra provincia – da una cospicua presenza di notevoli fenomeni urbani ed una occupazione capillare delle campagne.
A ciò va aggiunto un notevole patrimonio paleontologico che fa della Provincia e della Regione Marche uno dei territori più importanti da tale punto di vista.
L’ «Itinerario Archeologico e delle città sotterranee» non ha la presunzione di rappresentare l’intero ed immenso patrimonio di questa Provincia.
Si muove all’interno di un percorso, di una “rete” che alcuni Comuni – insieme alla Confcommercio – hanno deciso di percorrere per valorizzare e promuovere il territorio, le proprie risorse ambientali, culturali, enogastronomiche e turistiche all’insegna dell’ «ITINERARIO DELLA BELLEZZA della Provincia di Pesaro e Urbino».
Ciò non di meno questo «Itinerario» contiene e rappresenta il patrimonio più rilevante – a volte meno noto – della Provincia.”
Amerigo Varotti – Direttore Generale Confcommercio Pesaro e Urbino/Marche Nord
ITINERARIO ARCHEOLOGICO DELLA PROVINCIA DI PESARO URBINO
PESARO
PISAURUM, antico insediamento piceno e colonia romana dal 184 a.C., nasce sulla costa del Mare Adriatico, in una piana alluvionale, fra la foce del fiume Pisaurus (attuale Foglia) e il torrente Genica. Subì le vicende delle guerre civili del I secolo a.C. e fu occupata da Cesare nel 49 a.C.; fu rifondata una prima volta nel 41 a.C. da Antonio ed una seconda tra 31 e il 27 a.C. da Ottaviano con il nome di Colonia Iulia Felix Pisaurum.
Numerose sono le attestazioni della fase romana della Città anche se, a causa della continuità di vita del sito, è difficile ricostruire l’impianto urbanistico. Si può comunque riconoscere l’impianto a scacchiera della colonia, con il decumano massimo nell’asse corso XI settembre/via San Francesco e il cardine massimo nell’attuale asse via Rossini/via Branca.
PISAURUM giunse all’apice del suo splendore tra il I secolo a.C. e la fine del II secolo d.C. – con nuovi sviluppi edilizi documentati da numerosi ritrovamenti musivi – ma già dal III secolo d. C. si avviò una crisi sociale ed economica per ritrovare prosperità durante l’età altomedievale quando divenne una tra le città episcopali dipendenti dall’Esarcato di Ravenna – Pentapoli marittima – (insieme a Rimini, Fano, Senigallia e Ancona).
Di grande rilievo la documentazione rappresentata dai mosaici pavimentali rimessi in luce all’interno del Duomo.
Si tratta di due estese pavimentazioni a mosaico policromo, tra di loro sovrapposte. Quella superiore appartiene alla basilica di età bizantina (VI secolo d.C.) ed è costituita da uno straordinario tappeto musivo con ricche decorazioni geometriche e figurative cariche di simbologie cristiane e riempitivi figurativi riconducibili a rifacimenti di epoca medievale. Il mosaico sottostante (IV – V secolo d.C.), ricco di motivi geometrici e floreali, appartiene ad una prima fase paleocristiana, della Cattedrale.
Non lontano dal Duomo recenti scoperte archeologiche invenute in via dell’Abbondanza hanno attestato la presenza di una domus signorile che era riccamente decorata da affreschi colorati, stucchi e mosaici in tessere bianche e nere. L’abitazione, costruita tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C., presenta una planimetria regolare, incentrata sull’asse Ingresso-Atrio-Peristilio. Su quest’ultimo, un cortile di cui rimane buona parte della struttura porticata, si affacciavano gli ambienti destinati alla vita privata della famiglia, come i cubicula. Nel V secolo d.C. qui venne edificato un ampio ambiente termale.
L’area archeologica è fornita di alcune vetrine in cui sono esposti i materiali provenienti dalle varie fasi di vita del sito. Il percorso di visita è arricchito da nuovi strumenti multimediali che permettono la ricostruzione 3D degli antichi ambienti della domus, garantendo al visitatore una esperienza di grande impatto emotivo.
Di grande interesse è il Museo Archeologico Oliveriano dove sono conservati i materiali raccolti dal nobile pesarese Annibale Olivieri, provenienti soprattutto dalla Città e dal territorio che nel 1756 furono donati al Comune. Il Museo, nelle sue varie sale, conserva statue, sarcofagi, stele, cippi, materiali ed utensili, vasi etc. Una sala dedicata alla Necropoli picena di Novilara (borgo collinare di Pesaro) da cui provengono numerosi corredi funerari di tombe femminili e maschili nonchè tre stele in arenaria (VIII – VI secolo a.C.) tra cui la famosa “Stele di Novilara”.
A Colombarone, nel cuore del Parco regionale naturale del San Bartolo, nei pressi della località balneare di Gabicce Mare, è stato portato alla luce un sito archeologico di grande interesse. Qui, tra la fine del III secolo d.C. e la metà del IV d.C., venne edificata una lussuosa villa, residenza rurale di un ricco possidente terriero. Nel VI secolo d.C. la villa mutò la sua funzione ed in parte diventò luogo di culto con ampio abside, affiancato da una torre campanaria. Fu così che la lussuosa villa divenne una chiesa cristiana identificabile con la Basilica di San Cristoforo ad Aquilam, citata dal Liber Pontificalis come sede dello storico incontro nel 743 tra Papa Zaccaria e l’Esarca Eutiche (info e video su: www.parcosanbartolo.it e www.marcheology.it ).
COLLI AL METAURO
Il Comune – che si trova nella vallata del fiume Metauro – è stato istituito il 1° gennaio 2017 dalla fusione dei Comuni di Montemaggiore al Metauro, Saltara e Serrungarina.
Siamo lungo l’antica via Flaminia, principale arteria stradale di età romana che, attraversando l’intera Provincia di Pesaro e Urbino, collegava Roma a Rimini (Ariminum). La costruzione della strada consolare che collegasse Roma con l’Italia settentrionale, iniziò nel 220 a.C. per opera di Gaio Flaminio Nepote.
Il ramo principale della Flaminia attraversava gli Appennini grazie al passo della Scheggia e seguendo la Valle del Burano giungeva a Luccolis (Cantiano), al vicus Cale (Cagli) e, dopo la galleria del Furlo – fatta scavare dall’imperatore Vespasiano – discendeva lungo la Valle del Metauro passando per Forum Sempronii (Fossombrone), la mutatio ad Octavio (presso Calcinelli in Comune di Colli al Metauro) per raggiungere Fanum Fortunae (Fano), Pisaurum (Pesaro) e poi Ariminum (Rimini).
Lungo la Flaminia nel tratto interessante l’odierno Comune di Colli al Metauro, troviamo la località di TAVERNELLE, che deriva il proprio nome dalla parola latina TABERNULAE (piccole taverne). Fin dall’antichità il piccolo centro ricoprì il ruolo di stazione di sosta; un posto di ristoro per uomini e cavalli in transito sul tratto della strada consolare Flaminia compreso tra Fossombrone e Fano. Tutto ciò è stato confermato da rinvenimenti archeologici nell’area dell’attuale chiesa parrocchiale dove è stato creato anche un piccolo antiquarium (alcuni ritrovamenti, tra cui una testa marmorea, sono custoditi nel Museo di Forum Sempronii – Fossombrone).
Le strutture archeologiche riportate alla luce dimostrano chiaramente la presenza di una sorta di fattoria-albergo, cioè di un luogo di produzione e lavorazione di prodotti agricoli che offriva allo stesso tempo possibilità di alloggio e ristoro ai viaggiatori. Di notevole interesse è la presenza di un piccolo tempio (Sacello) dedicato ad Attis, pastore frigio amato dalla dea Cibele e divenuto suo sacerdote.
A pochi chilometri da Tavernelle troviamo la località di SALTARA che deve probabilmente il proprio nome dalla tradizione romana, cioè da SALTUS AERIS (“bosco del bronzo”). Secondo una leggenda, infatti, nei boschi limitrofi alla località i Cartaginesi abbandonarono le loro armature dopo la disfatta subita ad opera dei Romani nella battaglia del Metauro del 207 a.C. durante la Seconda Guerra Pirrica. A Saltara, nell’ex chiesa del Gonfalone, sono conservati dei bellissimi mosaici appartenenti ad una antica domus romana.
Si tratta di tre frammenti musivi( II-III sec. d. C.) di 3mx1m ognuno rinvenuti nel 1928 in via Gambarelli, non molto lontano dalla “mutatio ad Octavo”, nei pressi di Calcinelli.
I tre frammenti costituivano il pavimento di una domus e raffigurano scene di caccia:
1) un’antilope rincorsa da un cane (fig. 1)
2) una lepre (fig. 2)
3) un giaguaro e parte di emblema con zampe di ippocampo.
Il primo mosaico circoscritto in tutti e quattro i lati da fasce di inquadramento monocrome , poteva essere collocato nella soglia della domus.
Rappresentano questi mosaici un esempio di arte musiva del periodo imperiale di “buona qualità” scrive il prof. Filippo Venturini nel saggio “Il mosaico di Saltara e la produzione musiva locale”.
TERRE ROVERESCHE
E’ un Comune “sparso” istituito il 1° gennaio 2017 e nato dalla fusione dei Comuni di Barchi, Piagge, San Giorgio di Pesaro e Orciano.
Nella vallata del Metauro, Terre Roveresche rappresenta al meglio il sistema dei borghi collinari che caratterizza la provincia di Pesaro e Urbino.
Il municipio di Piagge è il più vicino al mare e alla città di Fano. Storicamente sembra essere il più antico poiché la sua fondazione risale all’età romana quando era denominato “Lubacaria”. A seguito di una ricerca storica su Piagge iniziata dal 1996 dall’Architetto Gabriele Polverari, è venuta alla luce la GROTTA IPOGEO, una antica basilica paleocristiana scavata a 7 metri di profondità sotto le mura.
Si entra nel sotterraneo attraverso una rampa di scalini in tufo. L’ipogeo si presenta a pianta cruciforme. Sono presenti nicchie e decorazioni geometrico-simboliche in rilievo sulle pareti e nella volta. Il tutto perfettamente simmetrico, quindi una disposizione non casuale ma studiata. Si tratta sicuramente di un luogo di culto paleocristiano, ed è giunto così intergo da diventare un esempio unico. Le forme utilizzate per le decorazioni sono simboli cristiani antichissimi, tant’è che l’ipogeo presenta un impianto tipicamente basilicale.
Occorre ricordare tra l’altro che il territorio di Piagge ha origini storiche romane documentate ed è noto che i primi secoli d.C. sono secoli di grande diffusione del Cristianesimo – ma sono stati anche secoli di forti contrasti e persecuzioni. Quindi gruppi di Cristiani o congreghe religiose possono aver trovato rifugio scavando queste grotte e poi averle trasformate in luoghi di culto.
Attualmente la Grotta Ipogeo è visitabile tutti i sabato sera dalle 17.00 alle 20.00. Per gli altri giorni su prenotazione chiamando i seguenti numeri: 38/1883227 – 329/0838037 – 328/0290650 – infopiaggeproart@gmail.com
FOSSOMBRONE
La città di Fossombrone è il maggior centro della media Val Metauro. Caratterizzata da un centro di impronta medievale con numerosi edifici nobiliari, deriva il proprio nome da FORUM SEMPRONII, l’antica città romana che si trova a circa 2 km dall’attuale centro cittadino, in località San Martino del Piano.
L’abitato è sorto nel II secolo a.C.; nel I secolo a.C. diventa Municipium e mantiene la sua importanza fino ai primi secoli dell’età imperiale.
FORUM SEMPRONII deve la sua denominazione al termine FORUM che indica un luogo di mercato (lo è ancora oggi con i tanti negozi e le botteghe lungo il meraviglioso Corso Garibaldi su cui si affacciano decine di edifici storici e religiosi), e al famoso triburno della plebe Gaio Sempronio Gracco che intervenne in queste zone ad applicare la legge agraria del 133 a.C.
L’abitato si estendeva su un’area di circa 35 ettari ed era attraversato dalla Via Consolare Flaminia che ne determinò il principale asse viario: decumanus maximus.
I continui scavi archeologici hanno consentito di riportare alla luce numerose strutture in grado di rivelarci la grandezza e l’importanza di Forum Sempronii.
Una domus con atrio corinzio e pregevoli mosaici pavimentali; il selciato originario della Flaminia e il decumano minore della città, la via parallela alla consolare che, lastricata con pietre del Furlo e visibile per oltre 100 metri è fiancheggiata da una antica fognatura; due cardini minori, un grande complesso termale che conta almeno venti ambienti, disposti attorno ad un cortile centrale, dotati di vasche e canalette per l’acqua ed il riscaldamento; una grande sala absidata con pavimentazione in mosaico (forse il frigidarium).
Il Parco Archeologico di Forum Sempronii, l’unico della Provincia di Pesaro e Urbino, è visitabile rivolgendosi all’Ufficio Iat di Fossombrone (tel. 0721/723263 – 340/8245162).
In un’ala del palazzo Ducale di Fossombrone, nella Corte Alta, posta a metà del Colle di Sant’Aldebrando, appena sotto la fortezza malatestiana, edificato da Federico da Montefeltro, è stato allestito il MUSEO ARCHEOLOGICO A. VERNARECCI.
Istituito nel 1901 da Monsignor Augusto Vernarecci, è caratterizzato da un’ampia collezione archeologica che testimonia il succedersi delle culture umane nella media Valle del Metauro dalla preistoria all’età romana. Di grande rilevanza è la collezione di età romana articolata in tre sezioni: la prima relativa alla città di Forum Sempronii e al suo territorio in cui sono esposti importanti resti scultorei databili dal I secolo d.C. al IV secolo d.C. La seconda dedicata agli aspetti e alle testimonianze della vita quotidiana. La terza destinata alle tombe e ai rituali funerari. Qui sono esposti i corredi funerari rinvenuti nelle sepolture del Recinto funerario a Calmazzo risalente al II secolo d.C. (Calmazzo si trova lungo il percorso della via Flaminia, tra il Furlo e Fossombrone).
SANT’ANGELO IN VADO
Cittadina dell’Alta Valle del Metauro al limitare dell’Appennino umbro-marchigiano nei pressi del valico di Bocca Trabaria è di origini medievali e sorge sulle rovine della città romana TIFERNUM MATAURENSE.
Il centro storico è ricco di monumenti, palazzi e chiese di varie epoche: dal trecentesco Palazzo della Regione al secentesco Palazzo Fagnani; dall’antico Palazzo Mercuri alla Chiesa di Santa Caterina delle bastarde; dalla secentesca Chiesa ottagonale di San Filippo a Santa Maria extra muros con l’adiacente ex monastero dei servi di Maria – solo per citarne alcuni -.
Ma la Città affonda le sue radici nella cultura preistorica e protostorica e diventa municipio romano tra il 90 – 88 a.C. ed è menzionata per la prima volta nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio.
A testimonianza dell’importanza di Tifernum Mataurense nell’epoca romana, recentissimi scavi hanno conseguito il più importante ritrovamento archeologico venuto alla luce negli ultimi 50 anni. Nell’area è emersa l’intera articolazione di una domus gentilizia – di circa 1.000 mq – eretta verso la fine del I secolo d.C., impreziosita da un ricco complesso di mosaici figurati, sicuramente il più importante venuto in luce nelle Marche da diversi decenni. La pavimentazione affiorata è quella originale del I secolo d.C. e rappresenta scene legate alla mitologia classica.
Ecco perché è stata battezzata “DOMUS DEL MITO”. In quello che è il vestibolo campeggia “il trionfo di Nettuno” che impegna il tridente, sul carro trainato da due ippocampi, accompagnato dalla sposa Anfitrite, mentre al di sotto nuotano i delfini. Segue, nel probabile tablinium, un busto di Dioniso con la corona di foglie di vite. Nella parte mediana della domus un atrio con mosaici geometrici ed intorno almeno tre vani di rappresentanza. Una grande sala presenta mosaici con motivi geometrici e vegetali con, al centro, la testa della Medusa irta di serpentelli. E poi in altre sale ricche composizioni policrome con figure simboliche, animali reali e fantastici, scene di caccia con battitore, cani, capro selvatico e cinghiale.
Museo Archeologico “Tifernum Mataurense”
Allestito al secondo piano di palazzo Mercuri, splendido edificio del XIX secolo, ubicato nella centralissima Piazza Umberto I, il Museo Archeologico Tifernum Mataurense racconta la storia del territorio di Sant’Angelo in Vado a partire dal Neolitico, attraverso l’esposizione di oggetti in selce, ceramica d’impasto e bronzi che attestano l’esistenza di insediamenti nei terrazzi fluviali della città e dell’alta valle del Metauro, fino a giungere alla fase tardoantica e alto medievale.
Cospicua è la collezione di età romana, rappresentata da numerose iscrizioni, riproposte su lapidi, cippi e are, e materiali di uso comune. I reperti sono esposti secondo un criterio tematico: si può visitare la sezione delle lucerne e delle ceramiche fini, come la ceramica a vernice nera, le ceramiche da mensa imperiali, come la terra sigillata italica e la ceramica a pareti sottili, i monili e gli oggetti in vetro, i giochi, i pesi e le misure, la sezione dedicata alle decorazioni architettoniche e ai frammenti di statue, le monete e il lapidario.
CAGLI
L’antica CALE, posta sulla via consolare Flaminia alla confluenza dei due fiumi che la circondano,Bosso e Burano, entrò a far parte assieme alle città vescovili di Gubbio, Urbino, Fossombrone e Jesi, del territorio della Pentapoli Montana.
Negli ultimi anni, si è accertata una frequentazione del territorio cagliese già dall’età del bronzo antico (1800 a.C.), nella Grotta delle Nottole, appartenente allo scenografico complesso dell’Arco di Fondarca.
Con il periodo romano e con l’apertura della via Flaminia che attraversa Cagli, grazie ai riferimenti degli itinerari legati alla via Flaminia, come nell’Itinerarium Antonini datato al III-IV sec. d.C. dove viene anche precisata la collocazione : al 151° miglio da Roma e alle importanti strutture che su essa sorgono, come il Ponte Mallio, poderosa opera di ingegneria stradale,il suo nome Manlio è la conseguenza dalla errata lettura di una iscrizione falsa posta sul parapetto, in cui si leggeva il nome di M. Allius Tirannus, edificato in epoca tardo repubblicana e restaurato nel I-II secolo d.C.
Il Museo Archeologico e della Via Flaminia di Cagli è situato nei locali del Palazzo Pubblico, ospita numerosi reperti archeologici riferibili alla città e al territorio, che coprono un arco cronologico molto ampio, dalla preistoria-protostoria al medioevo.
Il piano terra contiene gli oggetti provenienti da raccolte o da collezionismo, sono esposti soprattutto vasi greci e magnogreci, acquistati nel mercato antiquario; due reperti romani (un busto di statua e un rubinetto in piombo),alcuni minerali e fossili appartenenti ad una collezione ottocentesca e anche alcuni reperti, soprattutto monete, frutto di raccolte nel territorio.
Il lungo vestibolo d’ingresso al museo ospita oggetti relativi allo scavo di un butto post-classico sotto il piano dell’ingresso stesso.
Nel piano primo invece sono esposti i reperti del territorio provenienti da scavi archeologici, la prima stanza è interamente dedicata allo scavo della grotta di Fondarca,mentre nella stanza più grande sono esposti i reperti del territorio cagliese a partire dall’epoca protostorica fino all’alto medioevo.
Cagli da libero comune passò al Ducato di Urbino, mantenendo sempre un ruolo di spicco nel ducato. Il Duca Federico da Montefeltro fece costruire nel 1481 da Francesco di Giorgio Martini un imponente complesso fortificato composto dal Torrione posto a cavallo delle mura cittadine e dalla Rocca situata sul Colle dei Cappuccini. La Rocca, in origine a forma romboidale, fu parzialmente demolita dai Cagliesi per evitare che cadesse nelle mani delle milizie spagnole, della struttura romboidale si conservano il puntone principale e i due torrioni laterali.
La Rocca e il Torrione sono in collegamento tra loro attraverso un suggestivo camminamento segreto detto «Soccorso Coverto» composto da 365 gradini ed è interamente percorribile.
Cagli è attorniata dalle vette più affascinanti dell’Appennino, in un territorio intergo dal punto di vista ambientale.
PERGOLA
La città di Pergola, nata come libero Comune nel 1234, è situata all’interno della Provincia di Pesaro e Urbino lungo la Valle del Cesano. Dista 45 km da Urbino e 55 km da Pesaro ai confini con la Provincia di Ancona.
Recentemente è stata inserita tra i BORGHI PIU’ BELLI D’ITALIA.
Il territorio risulta abitato fin dalla preistoria, come attestano i reperti risalenti all’età neolitica, all’età del bronzo e all’età del ferro. Abitata da genti umbre, etrusche e celtiche, è però nell’età romana che il territorio viene maggiormente sfruttato – probabilmente grazie al passaggio, in località Montesecco, di un diverticolo della via Flaminia che collegava Suasa a Sentinum (Sassoferrato) -.
La romanizzazione del territorio è ben documentata dal ritrovamento di tombe, vasi e suppellettili varie sia in città che nelle località di Grifoleto, Ferbole, Valrea, Monterolo e Montesecco. Tra questi un bellissimo mosaico policromo rettangolare del IV – V secolo d.C. appartenuto ad una domus in località Montesecco, custodito nel Museo della Città.
Ma la notorietà di Pergola è dovuta al ritrovamento – nel luglio 1946 – in località Santa Lucia di Calamello presso Cartoceto di Pergola – di un Gruppo equestre in bronzo dorato. I BRONZI DORATI DA CARTOCETO DI PERGOLA hanno una grande importanza ed inestimabile valore essendo l’unico gruppo dorato al mondo di età romana, giunto sino a noi. Casualmente, il 26 giugno 1946, due contadini, per creare un canale per le abbondanti piogge cadute, scoprirono diverse centinaia di frammenti di bronzo dorati di vari quintali di peso, che dopo un lungo, tormentato ed impegnativo restauro (diverse casse contenenti i frammenti vennero travolte e rimasero sepolte per anni a causa dell’alluvione di Firenze del 1966) condotto dal 1949 al 1958 e poi dal 1972 al 1988, consentì la ricostruzione di un Gruppo equestre composto da quattro statue, due donne velate stanti e due personaggi maschili, vestiti con corazza, a cavallo.
Numerose sono le teorie per una corretta identificazione delle personalità raffigurate e della datazione dei Bronzi dorati. C’è chi vi ha riconosciuto Neore Cesare e Livia, l’imperatore Tiberio e Giulia di Druso Minore. Altri, ancora, Cicerone. Anche questa inevitabile incertezza, insieme alle cause della frammentazione delle statue e del luogo del ritrovamento, costituiscono il fascino ed il mistero dei bellissimi e unici Bronzi dorati da Cartoceto di Pergola, custoditi nel Museo dei Bronzi dorati e della Città di Pergola in cui è presente anche una ricca pinacoteca ed una sezione numismatica imperniata sulle monete coniate dalla zecca di Pergola attiva alla fine del XVIII secolo.
Nella primavera del 2019 la Sala che ospita i Bronzi dorati è stata oggetto di un consistente ammodernamento con la creazione di una sala immersiva – realizzata dal fisico Paco Lanciano – che grazie all’utilizzo di moderne tecnologie e applicazioni consente una piena immersione nel periodo romano ed una piena valorizzazione del gruppo equestre.
Le fotografie utilizzate in questo articolo sono di:
Amerigo Varotti, Luca Toni, Comune di Pesaro – Uffici Beni Culturali, Arcidiocesi di Pesaro.
I testi:
Amerigo Varotti, Agata Aguzzi (Cagli), Prof. Maria Cecchi (Saltara), Irene Cecchi (Saltara), stralci ripresi dal libro di Mario Luni “L’archeologia nelle Marche”
Outstanding article👏🏻 Thank you very much❗️