Venerdì scorso l’esercito sudanese ha riconquistato il Museo Archeologico Nazionale del Sudan, ma lo ha trovato devastato e completamente depredato di tutti i suoi tesori. Quello che non è stato possibile vendere al mercato nero è stato distrutto dalle forze paramilitari della Rapid Support Forces (RSF).
Con il museo i soldati hanno ripreso il completo controllo di altri luoghi nevralgici di Khartoum, primo tra tutti il Palazzo Presidenziale (un’importantissima conquista in quanto in questi due anni di guerra civile era diventato sede delle forze d’élite delle RSF e deposito principale delle loro munizioni) e con esso la Banca Centrale del Paese e il quartier generale dell’intelligence statale.
Apprendiamo da France 24 che i combattimenti tra le due fazioni, però, continuano a seminare terrore nella capitale. I ribelli non si sono arresi e non si sono neppure allontanati da Khartoum, quindi “la battaglia non è ancora stata decisa” ed è ancora presto per porre la parola fine a questa insensata guerra che ha portato a quella che l’ONU definisce la più grande crisi umanitaria del mondo, diffondendo carestia in diverse località e malattie in tutto il Paese che conta oltre 50 milioni di persone. Entrambe le parti sono state accusate di crimini di guerra, ma la RSF è stata accusata anche di genocidio e razzia. Ovviamente entrambi gli schieramenti negano le accuse.
Con l’avanzata di venerdì, l’esercito ha riconquistato l’intero lato sud del Nilo Azzurro e ha messo in sicurezza la principale via di comunicazione dal centro città a Omdurman attraverso il Nilo Bianco.
Ora si sta combattendo una feroce battaglia vicino all’aeroporto, dove i combattenti della RSF sono di stanza all’interno di ciò che ne resta. Anche l’aeroporto in questi anni è stato gravemente danneggiato.
Soldati sudanesi nel Palazzo Presidenziale (ph. AFP via France24)

In un video condiviso dalla SAF (Sudanese Armed Forces) sabato scorso, il capo dell’esercito Burhan ha affermato che la sua armata sta “avanzando a passi costanti verso la completa liberazione del Sudan”. Sono diversi i video che stanno girando nel web dove si vedono soldati e popolazione esultare per le recenti e tanto attese conquiste. La popolazione accoglie la notizia della liberazione del Palazzo Presidenziale come “la migliore notizia che abbia mai sentito dall’inizio della guerra, perché significa l’inizio del controllo dell’esercito sul resto di Khartoum”. Proprio da questi video girati nei giardini e all’interno delle varie strutture è possibile constatare lo stato degli edifici conquistati, divenuti veri e propri scheletri in quanto teatri di efferate battaglie. Vetrate in frantumi, muri punteggiati da colpi di proiettile, interi rivestimenti strappati via dalle esplosioni, macerie e distruzione ovunque, nonché ambienti completamente saccheggiati di ogni arredo e contenuto. Dalle immagini qui allegate è possibile valutare lo stato del Palazzo Presidenziale e di altre strutture.

Uno degli ambienti del Palazzo Presidenziale dopo la sua liberazione (ph. da France 24)
Gli ambienti del Palazzo Presidenziale dopo la sua liberazione (ph. da France 24)
The historic Sultan Ali Dinar Palace Museum (ph. Salaheldin Mohamed Ahmed_NCAM)
Fino a qualche ora fa non si avevano immagini dell’interno del museo, ma temevamo già che la situazione non fosse molto differente (leggi qui il nostro articolo di settembre). Il video pubblicato da uno dei soldati su X.com mostra l’esterno del museo, una parte del suo giardino e la facciata della struttura principale, non sappiamo quindi in che stato versano le antiche vestigia afferenti alla civiltà egizia che adornavano il cortile: un vero e proprio museo all’aperto che ospitava statue di diverse dimensioni, numerosi templi, tombe, monumenti commemorativi… (qui il link per vedere il video su X.com).
Il tempio di Buhen installato nel giardino del Museo Nazionale del Sudan (ph. dal web)
Museo Nazionale del Sudan, Tempio di Buhen (ph. dal Web)

Da alcune foto giunte ieri sembra che il Tempio di Buhen (costruito in alta Nubia dalla regina egizia Hatshepsut nel 1500 a.C. ca.) sia ancora in buono stato, sembra che non sia stato oggetto di vandalismo, anche se la struttura che lo ospita parla di guerra e distruzione. Non abbiamo ancora notizie del Tempio di Semna costruito da Sesostri III (…-1839 a.C., Medio Regno) e poi ampliato durante il Nuovo Regno da Thutmose III. Queste, come le altre vestigia archeologiche presenti nel giardino, erano state salvate dalle acque del lago Nasser prima che la diga allagasse le aree di Wadi Halfa, per essere poi rimontate nella corte del museo attorno a un bacino d’acqua che rappresentava il fiume Nilo, così da restituire al visitatore un’immagine che ricordasse la loro posizione originale. Beni salvati dall’opera dell’uomo, ma non dalla sua pazzia. C’è il timore che, come per il resto del museo, di tutto ciò sia rimasto poco o niente, perché molti dei reperti che i guerriglieri non sono riusciti a spostare sono andati completamente distrutti.

Un soldato ispeziona lo stato di un sarcofago superstite nel Museo Nazionale del Sudan (ph. dal web)
L’ingresso del Museo Nazionale del Sudan appena liberato. Al suo ingresso ci sono ancora le sfingi criocefale di Amon (ph. via DrMahmoud Amer Elgendy)
L’inviato di Reuters di fronte al museo appena liberato. In primo piano una delle sfingi criocefale di Amon. (ph. Reuters)

Da alcune immagini giunte sembra che alcuni dei leoni che fiancheggiavano il viale d’ingresso al museo siano ancora in loco, così come le due sfingi criocefale di Amon poste davanti all’entrata. All’interno, in fondo al nulla della distruzione, si vedono un paio delle colossali statue dei sovrani kushiti imballate e rinforzate con dei supporti nei loro punti più fragili. Una di queste è la statua di 7 tonnellate di Taharqa (… – 664 a.C., sovrano nubiano della XXV dinastia egizia). Probabilmente i guerriglieri non sono riusciti a spostarle per la loro mole, oppure le hanno semplicemente lasciate per ultime senza avere il tempo di portarle via… anche se sembra più plausibile la prima ipotesi. E’ possibile che siano stati gli stessi operatori del museo ad imbrigliare le due statue nella loro gabbia di legno. L’edificio principale del museo era in ristrutturazione prima dello scoppio della guerra e la maggior parte dei manufatti era già stata imballata e portata nei depositi. Se nelle prime fasi degli scontri – quando il museo era teatro di battaglia – l’aver imballato i reperti era sembrata una fortuna per la loro salvaguardia, ora si ha la sensazione di aver agevolato le operazioni di saccheggio.

Quelle che circolano sono immagini che spezzano il cuore e fanno sprofondare in un’infinita tristezza e incredulità. Gli inviati di Reuters hanno effettuato un sopralluogo nel museo in queste scorse ore e hanno confermato che si sono salvate anche una statua di Amon criocefalo, una statua del dio leone Apedemak (divinità nubiana della guerra appartenente alla sfera religiosa dell’antico Egitto venerata a Meroe) e poche decorazioni parietali. Delle bellissime e rare collezioni, come dei magazzini e dei laboratori, non è rimasto più niente, tutto è stato completamente saccheggiato o distrutto. Guardando il seguente video girato dai soldati della SAF non si può che rimanere atterriti.

Vista sul giardino del museo dove si vedono ancora intatte le due sfingi all’ingresso (ph. via DrMahmoud Amer Elgendy)
Uno dei laboratori all’interno del Museo Nazionale del Sudan (ph. dal web)
Ricordiamo che il Museo Nazionale era uno dei più grandi musei del Sudan. Fu aperto per la prima volta nel 1904 e poi trasferito nella sua attuale sede in Nile Street a Khartoum nel 1971. E’ una struttura a due piani costruita nel 1955 che conservava beni archeologici di alto valore nazionale, storico e materiale che testimoniavano tutti i periodi della civiltà sudanese spaziando dall’età della pietra al periodo islamico, passando per il cristianesimo e la Makuria medievale. Tra le collezioni più importanti sono da segnalare quelle della civiltà nubiana, del regno di Kush e del periodo mediovale di Alwa. Preziosi i reperti della cultura Kerma (3.000-1.500 a.C. ca.), Napatea (760-300 a.C. ca.) e Meroitica (300 a.C.-300 d.C. ca.), dell’antica Nubia e della sua sovrapposizione con il Medio e Nuovo Regno d’Egitto (ca. 2050- 1790 a.C. e 1570-1069 a.C.).
Innegabilmente il Museo Nazionale era ed è ancora l’orgoglio del Sudan, tanto da essere rientrato tra i primi obiettivi da riconquistare; era un’enorme testimonianza della storia umana e rappresentava il prezioso risultato di uno sforzo internazionale che aveva portato alla realizzazione di uno scrigno patrimonio mondiale dell’UNESCO.
Proprio l’UNESCO nel settembre scorso aveva chiesto aiuto alla comunità internazionale di vigilare sul traffico illecito di beni culturali dal Sudan, allarmato dai continui appelli che riceveva dagli addetti ai lavori. Funzionari sudanesi e forze governative lavorano insieme per rintracciare e recuperare i manufatti caricati su grandi camion da diversi musei alla volta dei confini del Sudan occidentale e, soprattutto, del Sudan del Sud.
Fonti private hanno confermato a Sudan Tribune che nei mesi scorsi era arrivato a Juba, capitale del Sud Sudan, un gruppo di mercanti d’arte provenienti da paesi europei e africani per l’acquisto dei manufatti trafugati con l’intento farli uscire dal Paese. Il governo sudanese ha accusato le autorità di Juba di non aver prestato attenzione agli appelli inviati per arrestare il traffico dei manufatti rubati e di essere implicati nel contrabbando degli oggetti d’arte venduti nella capitale. Le autorità di Juba erano state formalmente contattate per rintracciare questi manufatti, impedirne il trasferimento, la vendita e per confiscare i beni, ma il governo sudanese non ha mai ricevuto alcuna risposta ai ripetuti appelli, perché gli stessi funzionari della capitale del Sud Sudan erano direttamente coinvolti. Tramite agenzie di sicurezza e intelligence, le autorità sudanesi hanno identificato alcuni dei propri preziosi e particolarmente rari manufatti esposti in un hotel a Juba.
Lo scorso novembre, il Dipartimento di Investigazione Criminale nello Stato ha arrestato un gruppo di dieci stranieri che stavano acquistando la refurtiva e sequestrato gli oggetti provenienti dal Museo di Nyala nel Darfur meridionale che erano nascosti in una fabbrica ad Atbara e in un’abitazione.
Uno screenshot con la lista dei reperti sudanesi messi in vendita online (ph. Sudan Tribune)

Una serie di reperti del museo di Khartoum sono stati messi in vendita online tramite diversi canali social; si potevano acquistare anche su eBay a partire da $ 200. Le autorità sudanesi non sono in grado di confermare se le operazioni di compravendita siano state concluse o meno; sappiamo solo che dopo diverse segnalazioni il sito web ha rimosso gli oggetti dai propri elenchi.

Ora, in collaborazione con l’Interpol e con il coordinamento dell’UNESCO, si sta tentando di monitorare e rintracciare i reperti. Da agosto 2023 ad agosto 2024, l’Heritage Emergency Fund dell’Unesco ha supportato cinque musei archeologici per attuare misure di emergenza, tra cui la messa in sicurezza delle collezioni, la preparazione di rifugi sicuri, l’inventario e la digitalizzazione di oltre 1.700 reperti. Ma monitorare musei e siti archeologici è sempre più difficile.
Si temono anche scavi illegali nei siti archeologici dell’isola di Meroe, cuore del Regno di Kush con le sue piramidi, templi, palazzi e tombe che ricoprono un arco temporale che va dall’VIII secolo a.C. al IV secolo d.C.; ma anche i siti di Jebel Barkal e dintorni, rappresentanti della cultura Napatea (900-270 a.C.) e Meroitica (270 a.C.-350 d.C.) del secondo regno di Kush, sono in pericolo con le loro tombe, piramidi, templi, tumuli funerari, complessi abitativi e palazzi.
Lo scavo per estrarre la sfinge dal sito vicino Meroe (ph. Mahmoud Suliman Bashir for NCMA)

A febbraio, fortunatamente, è stata sventata appena in tempo la rimozione di una sfinge da un sito vicino Meroe (penso che la fonte si riferisca a Naqa): la statua era già stata estratta. Fondamentale è stato l’intervento tempestivo della sicurezza; la statua leonina è stata sequestrata e messa in sicurezza.

Lo scorso anno il sito di Jebel Barkal è stato inondato dal Nilo, ciò ha fatto sì che riaffiorassero tombe risalenti al 400 a.C. ca. e nuovi edifici. Il team del Kelsey Museum of Archaeology dell’Università del Michigan – coinvolto nella conservazione del sito di Jebel Barkal – ha dovuto lavorare alacremente per proteggere le nuove vestigia dagli scavi clandestini installando dissuasori per bloccare l’accesso dei veicoli e scavare in fretta e furia le testimonianze emerse per poi spostare ciò che era possibile in un luogo sicuro.
Il Sudan ha perso una parte significativa della sua storia e del suo patrimonio culturale; sono migliaia solo i reperti trafugati dal Museo Nazionale di Khartoum. E “per fortuna” che i guerriglieri della RSF avevano smentito le accuse di predazione sin da quando avevano occupato il museo quasi due anni fa, affermando che erano “ben consapevoli del valore e del significato dei manufatti” e dell’importanza di salvaguardare il patrimonio culturale del Paese, garantendone quindi l’incolumità. Infatti, per “salvaguardarli” hanno pensato bene destinare questo immenso patrimonio al mercato nero e di distruggere tutto ciò che non era vendibile.
Vorrei stendere un pensiero anche all’immenso patrimonio naturalistico perso definitivamente. Nel museo di Storia Naturale di Khartoum erano presenti animali vivi la cui perdita ha significato l’estinzione di diverse specie. Questi esemplari rappresentavano un importante segmento della storia del Paese e ora di loro rimarrà solo la documentazione archiviata nel museo, sempre che questa sia ancora disponibile.
Questa guerra, scoppiata mentre il Paese stava pianificando una transizione verso un governo democratico, non solo ha ucciso decine di migliaia di persone e ne ha sradicate più di 12 milioni, non solo ha diviso in due un Paese con l’esercito che controlla l’est e il nord mentre la RSF che controlla quasi tutta la regione occidentale del Darfur e il sud, ma ha seriamente devastato e cancellato l’identità storica e naturalistica del Sudan. Il Sudan era un vivace bacino culturale e terra di etnie differenti dove si contano più di 100 lingue e dialetti nativi. E’ la terra del leggendario regno di Kush dove antichi templi nubiani ed egizi convivono da millenni con oltre 200 piramidi (più del doppio dell’Egitto) e dove l’ingombrante presenza faraonica non ha impedito lo svilupparsi di una propria cultura dai caratteri peculiari e decisamente interessanti. Ora resta ben poco di tutta questa ricchezza.
Un ultimo pensiero lo voglio rivolgere alle persone che ho conosciuto in questa meravigliosa terra, alcune delle quali hanno dovuto lasciare la propria casa e fuggire all’estero, e a tutta la popolazione afflitta e martoriata da questa insensata guerra. Sogno di ritornare presto nella vostra stupefacente terra e di riabbracciarvi tutti. Questo significherebbe l’imminente fine del conflitto, una veloce ricostruzione e un ritrovato benessere generale. Ve lo auguro e me lo auguro con tutto il cuore.
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Tiziana Giuliani

Egittofila, sin dall’infanzia appassionata di Antico Egitto, collabora con l’associazione Egittologia.net dal 2010. Ha contribuito alla realizzazione di EM-Egittologia.net Magazine (rinominato poi MediterraneoAntico) seguendone la pubblicazione già dai primi numeri e ricoprendo in seguito anche il ruolo di coordinatrice editoriale. Dal 2018 è capo redattrice di MediterraneoAntico.

Organizza conferenze ed eventi legati al mondo degli Egizi, nonché approfondimenti didattici nelle scuole di primo grado. Ha visitato decine di volte la terra dei faraoni dove svolge ricerche personali; ha scritto centinaia di articoli per la ns. redazione, alcuni dei quali pubblicati anche da altre riviste (cartacee e digitali) di archeologia e cultura generale. Dall’estate del 2017 collabora con lo scrittore Alberto Siliotti nella realizzazione dei suoi libri sull’antico Egitto.

Appassionata di fotografia, insegna ginnastica artistica ed ha una spiccata predisposizione per le arti in genere.

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