Ricordiamo tutti le scene d’apertura del film “Titanic”, con il cacciatore di tesori interpretato da Bill Paxton e il suo team alla ricerca del relitto sul fondo dell’oceano. Grazie all’utilizzo di sofisticate apparecchiature, i personaggi esploravano da remoto il relitto inabissato, prima di dare il via all’iconica discesa in sottomarino in compagnia dell’anziana protagonista.

In maniera molto simile, nelle ultime settimane, nel mar Mediterraneo, è stato esplorato un antichissimo relitto che promette di cambiare la storia degli studi della navigazione. Come spesso accade per le migliori scoperte, è stata casuale: una compagnia di prospezioni geologiche stava ispezionando il fondale marino, 90 km a ovest delle coste israeliane, e si è imbattuta nei resti di uno scafo di 12-14 metri. Avvertite le autorità competenti, è stata avviata una missione speciale per indagare i resti individuati, che giacciono a ben 1800 metri sotto la superficie del mare. Questa enorme profondità, pur rendendo difficili gli studi e necessarie apparecchiature molto costose e ricercate, ha giovato al relitto: essa, infatti, ha impedito a sub e “cacciatori di tesori” di individuarlo e saccheggiarlo, e ha bloccato la situazione a bordo agli istanti dell’affondamento.

La nave “Eneargean Star”, della compagnia Energean, che ha individuato lo scafo e aiutato gli studiosi nel recupero delle anfore (credits to Euronews)

Quello che i ricercatori dell’IAA (Autorità Israeliana per le Antichità) hanno potuto studiare, dunque, è un’istantanea perfettamente conservata del tempo. Il relitto, subito riconosciuto come una nave molto antica, è stato trovato pieno di un carico di tipo commerciale, stipato di decine di anfore da conservazione e trasporto. Ad oggi, solo due anfore sono state rimosse e analizzate, per poter compiere un’indagine di tipo preliminare e da questa programmare una serie di campagne di studio più approfondite. I risultati di questi esami sono stati sorprendenti: il relitto risale al Bronzo Tardo, probabilmente al XIV secolo a.C., il che lo rende vecchio di almeno 3.300 anni e uno dei relitti più antichi in nostro possesso (forse addirittura precedente al celeberrimo relitto di Uluburun). Oltre alle anfore, decine e decine di oggetti sono stati individuati a bordo, e costituiranno un preziosissimo tesoro archeologico quando potranno essere recuperati.

Le due anfore, immortalate sul fondale prima del recupero (credits to Euronews)

Tuttavia, ciò rende già oggi speciale questo relitto non è il suo carico, né il suo apparentemente eccezionale stato di conservazione, quanto piuttosto la sua datazione e, soprattutto, il suo luogo di rinvenimento: si è già detto che è stato rinvenuto a circa 90 km dalla linea di costa più vicina, e il fatto è tutto fuorché trascurabile. In quel punto del mar Mediterraneo, infatti, a qualsiasi ora del giorno e anche con le migliori condizioni atmosferiche possibili, non è visibile alcuna terraferma, e ovunque si giri lo sguardo si scorgono solo la superficie marina e l’orizzonte: ci si trova, inconfutabilmente, in alto mare aperto. Altrettanto innegabile è che il mercantile inabissato stesse volontariamente solcando quel tipo di acque. Nulla di sorprendente? Assolutamente no: se oggi infatti siamo abituati a immaginare il Mediterraneo solcato in alto mare da decine di bastimenti, questa situazione era stata, fino ad oggi, esclusa dalla maggior parte degli studiosi per la navigazione in età antica.

Dettaglio delle due anfore, appena dopo il recupero (credits to Euronews)

La ricostruzione predominante dei traffici marittimi, fino ad oggi, vedeva le rotte tracciate sempre in vista delle coste, con una specie di viaggio “a rimbalzi” tra i porti, senza mai perdere di vista la terraferma, se non per brevissimi momenti o per drammatici incidenti. E tutto questo non solo per gli antichi popoli dell’Età del Bronzo, ma anche per i ben più “recenti” Greci e perfino per i Romani! Tutto questo sia per via dei vari resoconti pervenutici dalla letteratura antica (che risultano però spesso abbastanza vaghi e interpretabili), sia soprattutto per i ritrovamenti archeologici: i relitti antichi, dai più famosi a quelli noti ai soli specialisti, erano sempre stati trovati solo lungo le linee di costa, rafforzando l’idea che la navigazione antica avvenisse così. Certo, almeno per le civiltà degli ultimi 500 anni prima di Cristo, spesso gli studiosi si sono dimostrati più aperti ad accettare la possibilità di qualche viaggio in alto mare, ma sempre come una sorta di eccezione e in sola via teorica, perché nessuna prova suffragava l’ipotesi. Oggi, grazie al ritrovamento di un bastimento commerciale del Bronzo Tardo così distante dalla costa, non solo la possibilità di questi viaggi è provata, ma va addirittura retrodatata ad almeno un millennio abbondante prima della nascita dell’Impero Romano.

L’immersione dell’apparecchiatura per l’esplorazione del relitto e il recupero delle anfore (credits to Euronews)

Le condizioni della nave, infine, potrebbero aprire ad altre considerazioni: Jacob Sharvit, capo dell’unità marina dell’IAA che ha effettuato gli studi, ha rivelato che l’imbarcazione appare affondata in un “momento di crisi”, quale l’incontro con una tempesta o un assalto dei pirati. L’ipotesi della tempesta non smentirebbe quanto detto finora: se anche i marinai ne fossero stati portati “fuori rotta”, la distanza dalle coste è talmente grande che appare comunque sicuro che lo scafo solcasse di proposito il mare aperto. Al contrario, se si fosse trattato di un attacco piratesco, questo proverebbe non solo la presenza di almeno un’altra imbarcazione in alto mare, ma porterebbe a ipotizzare inevitabilmente addirittura un intenso traffico marittimo in queste condizioni: un vascello pirata avrebbe certamente incrociato acque in cui fosse ragionevolmente sicuro di incontrare delle prede, e non si sarebbe allontanato dalla terraferma con la sola, debole speranza di incappare in una di quelle “eccezioni” che fino ad oggi gli accademici avevano proposto. Nuove e approfondite ricerche sapranno dirci di più in proposito.

Gli studiosi dell’IAA esaminano le due anfore appena recuperate (credits to ANSA)

Ecco dunque tracciato il quadro, ancora vago ma già straordinario, tracciato dalle prime indagini dell’IAA: oltre 3.000 anni fa, probabilmente nel XIV secolo a.C., un vascello mercantile solcava l’alto mare nel Mediterraneo orientale, diretto quasi certamente a un porto del Levante e arrivando da ovest, forse dalla Grecia o, chissà, da ancora più lontano. L’identità degli occupanti resta ancora ignota, ed è presto per parlare dell’individuazione di una nave dei mitici “Popoli del Mare”; è certo tuttavia che i marinai, esperti e coraggiosi, si muovessero senza usare alcun punto di riferimento relativo alla terraferma, probabilmente orientandosi solo grazie agli astri, il sole di giorno e alle costellazioni di notte. Chissà che l’ispezione del carico non riveli qualche ulteriore informazione sui metodi di navigazione di questi straordinari navigatori.

Quel che è certo è che, un’altra volta, i libri di storia andranno aggiornati!

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