Premessa
In un suo saggio il folklorista Giuseppe Cocchiara ci informa che in un passato lontano non era sempre possibile costruire ponti, fortezze, palazzi senza immolare una vittima. Esiste una documentazione letteraria che ci fa sapere di riti cruenti con sacrifici edilizi di bambini, fanciulle vergini o la moglie del capomastro o altre figure, comunque esseri umani.
Non si riesce a terminare gli edifici in costruzione per i continui crolli fino a quando il sacrificio umano pacifica la potenza soprannaturale dello spirito locale1. In alcuni racconti popolari è il diavolo in persona con cui ci si deve accordare. Come compenso il diavolo chiede il possesso di un’anima, di fatto chiedendo un sacrificio umano. Ma alla fine della costruzione il diavolo verrà sempre gabbato.
Naturalmente nel tempo i sacrifici umani sono stati sostituiti dal sacrificio di animali.
Uno scrittore bizantino di Antiochia del V secolo d.C., di nome Giovanni Malalas, ha scritto che in Egitto si erano verificati sacrifici umani per realizzare alcuni edifici e templi. Questa credenza popolare era così ovvia che perfino un egittologo, Eugène Lefébure, l’ha convalidata in un suo volumetto dedicato alla costruzione e alla protezione degli edifici. A proposito della fondazione dei templi Lefèbure scrive: La vittima umana è stata d’ordinario e dappertutto un prigioniero, un fanciullo o una giovane ragazza. Dopo qualche linea Lefèbure torna sull’argomento per dire che sovente la vittima umana è stata rimpiazzata con un uccello2. Ma Lefèbure non porta un solo esempio concreto di sacrifici umani, ma solo referenze letterarie estranee all’Egitto.
La ricerca archeologica ha smentito queste dicerie: nelle fondazioni dei templi egizi non sono mai apparsi resti di sacrifici umani.
Un sacrificio di alcune oche avveniva all’inizio dello sterro della trincea di fondazione forse per ammansire e ottenere il favore del divino serpente locale disturbato dai lavori3.
Questo articolo si propone di esaminare in dettaglio i riti di fondazione dei templi egizi.
La purificazione del terreno su cui sorgerà il tempio.4
Per l’antico Egitto la purificazione del sito consisteva nel sacrificio del serpente locale o, per lo meno, nella sua espulsione.
La denominazione generica del serpente è nella lingua egizia sA-tA (= figlio della terra). Il ricordo del sacrificio del serpente è attestato solamente dal periodo tolemaico. Secondo il testo mitologico, il dio Tatenen (= la terra che si solleva, il ricordo del tumulo primevo della creazione), secondo i testi di Edfu promulga un decreto di distruzione del serpente. Nella patica i preti che procedevano alla fondazione del tempio dovevano recitare inni e preghiere al rettile che trovavano o supponevano di trovare in quel luogo.
Secondo Elieno Sofista e Epifanio di Cipro gli egizi muravano serpenti vivi sotto le fondazioni dei templi e li lasciavano morire, Questa pratica aveva lo scopo di assicurare all’edificio un aspetto cosmico, ispirato da quello dell’Uroboros, il grande serpente che circonda l’universo. Non esistono riscontri diretti di tale pratica. Però è frequente l’espressione sd-m-rA (= la coda nella bocca) sia per designare il serpente, sia la sua distruzione. Gli autori classici possono avere colto un’eco di questo mito praticato a Edfu. Sicuramente il rito era molto antico e aveva luogo prima dell’inizio dello scavo della trincea di fondazione.
Quando il sovrano procedeva a questa operazione, che in qualche modo ledeva l’integrità della terra e disturbava i suoi occupanti, egli assumeva una serie di epiteti inusuali che lo identificavano con Geb, il dio della terra, e lo definivano un incantatore di serpenti: …che rende lodi al serpente benefico, cacciando il rettile nefasto con tutti i rettili suoi seguaci.
I testi che si sono conservati a documentare questa pratica ci informano che il re è l’erede di Geb e che prima di dare il primo simbolico colpo di piccone ha il compito di esorcizzare gli occupanti del luogo, serpenti o rettili cattivi, di espellerli dall’area di costruzione e di rimpiazzarli con un altro rettile divino e benefico, che deve preservare il luogo dal ritorno di animali nocivi. Questo rettile protettore è Renenutet, una dea-cobra, chiamata Ermuthis dai greci. Renenutet è protettrice dei granai, ma come Ermuthis è anche protettrice della dimora.
I riti di fondazione dei templi
Jacques Vandier ha dedicato qualche pagina ai riti di fondazione nel suo manuale di archeologia egiziana5. I rituali di fondazione sono molto antichi e le prime evidenze risalgono alla I dinastia. Nella Pietra di Palermo si individuano alcune fasi del rituale nel regno di Den, in particolare si riconosce la cerimonia del pd-šs (= tendere la corda).
Il rituale è appena riconoscibile da qualche indizio nei reperti più antichi e frammentati:
– il montante di un portale del “forte” di Khasekhemuy a Hierakonpoli
– dai resti del tempio della II dinastia a Gebelein
– due frammenti del tempio eliopolitano di re Djoser
– una scena del periodo di Cheope ritrovata nel muro di un palazzo di Pepi I
– un rotolo di pelle di Sesostri I conservato nel Museo Egizio di Berlino
– rappresentazioni della XI e XII dinastia del tempio di Tod
Nel rotolo di pelle di Sesostri il re decide con l’approvazione di tutta la corte di costruire un tempio a Eliopoli. Poi si levò con il diadema e le due piume e tutta la gente lo seguiva, il capo ritualista e lo scriba del libro divino, tese la corda, sciolse la fune e la pose a terra. Questo fu fatto per il tempio6. Tutto qui.
Il testo del manuale di Vandier prosegue elencando sinteticamente le fasi del rituale secondo la sequenza del tempio di Edfu e illustrando le principali fasi con la figura di pag. 665.
La parte finale del testo ci informa che il re colpiva per 12 volte la porta del tempio con la mazza hdj, forse per consacrare la porta prima di entrare nell’edificio. Poi il re purifica con il fuoco il naos dove dimora la statua del dio: con una torcia accesa il re illumina il santuario per 4 volte. A questo punto il tempio è consacrato e il culto può essere celebrato.
J-Cl. Golvin e J-Cl. Goyon7 hanno scritto una loro versione del rituale di fondazione accompagnata da 8 fotografie delle principali fasi del rituale, avendo sempre come riferimento principale il rituale del tempio di Edfu.
È importante dare evidenza a particolari contributi di questi due autori: Le cerimonie che si succedono hanno uno scopo unico: preparare la venuta al mondo di un essere nuovo, involucro sacro e vivente come per l’uomo e per l’animale. La nuova nascita viene confermata poco più avanti nel testo. Quando il rettangolo su cui verrà costruito il tempio è ben definito, si traccia volentieri al suo esterno una forma ovale per evocare la sacca della gestazione.
Ma per dargli vita, al tempio si deve praticare il rito dell’apertura della bocca. Solo dopo il rito il tempio diventa un essere vivente e prendono vita le statue e tutte le immagini sacre rappresentate sulle sue pareti.

Fig. 2 – Per diventare esseri viventi, ai templi si doveva praticare il rito dell’apertura della bocca che non è rappresentato nei rituali di fondazione. Questa mia pessima fotografia, ripresa nel tempio di Amada, Bassa Nubia, regno di Thutmosi III, mostra a destra un segno vup (= aprire, Gardiner F 13)) sopra l’immagine del tempio. Può essere la rappresentazione del rituale? Dato lo stato della fotografia non si può dire. Immaginiamo però che lo sia, almeno per ricordarci di questo rito indispensabile per la vita del tempio.

L’essere vivente, battezzato, purificato e animato che la terra madre viene a mettere al mondo è ancora fuori dal tempo. Bisogna inscrivere in lui cicli e durata, giorno e notte, in breve il ritmo della sua vita che sarà quella del culto.
Due altri contributi importanti per la conoscenza del rituale di fondazione dei templi sono un articolo di Paul Barguet8 e un articolo di Pierre Montet9.
Barguet traduce e commenta il testo identico che compare nel tempio di Thutmosi III a Medinet Habu e nel tempio di Luxor per opera di Amenofi III.
Il testo di Medinet Habu ha un titolo che invece manca nel testo di Luxor: dare una casa al dio. Nella versione arcaica i riti di fondazione sono riconoscibili solo per un accenno alla dea Seshat che tende la corda e a un accenno alla purificazione con natron. Il testo di Thutmosi III ha un testo, aggiunto posteriormente, che declama la bellezza della casa di Amon-Ra e termina con il rito della caccia agli uccelli con la rete.
Nella conclusione Barguet dà evidenza alle citazioni che nel testo rimandano a Buto e agli arcaismi della lingua e così conclude che il rituale è originario del Basso Egitto e che non può essere stato redatto oltre l’epoca di Djoser.


L’articolo di Montet è indispensabile perché elenca con chiarezza le diverse fasi del rituale di fondazione. Nel tempio di Horus a Edfu il rituale è ripetuto in più parti del tempio con i testi che descrivono le operazioni che vengono compiute dal re. Montet segue linearmente le tappe del rituale descritto a Edfu e illustra ogni fase con un disegno.
La descrizione delle fasi del rituale nella loro logica successione è la guida che anche noi seguiremo arricchendola con le fotografie di ciascuna fase così come esse sono rappresentate in diversi templi, per la maggior parte
di epoca tolemaica10.
Per definire l’orientamento del tempio il re di notte osserva in cielo la Grande Orsa e con lo strumento merkhet fissa l’orientamento. Lo strumento mrkht era dotato di una piccola fessura e di un filo a piombo.
Con la fessura si traguardava la stella prescelta, il filo a piombo dava l’orientamento.
I SCENA: TENDERE LA CORDA

Fig. 7 – Rappresentata nel tempio di Dendera.

Fig. 9 – Rappresentata nella cappella funeraria della Divina Adoratrice Shepenupet. Per fissare i paletti per la fondazione della sua cappella la Divina Adoratrice ha partecipato di persona al rito sostituendo la dea Seshat.
Il re e la dea Seshat con due mazze fissano i paletti ai 4 angoli del tempio. Talvolta la figura di Seshat porte il nome di Sefeket-habui (= quella delle 7 punte). Seshat partecipa al rito in quanto è la garante della parola e presiede agli annali regali. Chi recitava il ruolo della dea Seshat? Nessun testo risponde alla domanda: si presume che a interpretare Seshat fosse la regina. Nella figura 9 la dea Seshat è sostituita dalla Divina Adoratrice Shepenupet.
II SCENA: SCAVARE IL FOSSATO DI FONDAZIONE


Le immagini mostrano il re che scava una trincea profonda fino a raggiungere l’acqua. L’acqua che riempie la trincea ha la funzione pratica di fissare il livello orizzontale della costruzione e la funzione simbolica di fare riferimento al Nun e quindi alle origini della creazione. Nell’azione di picconaggio il re assume gli attributi del dio Geb.
Per raggiungere l’acqua lo scavo doveva essere di almeno 2 metri.
III SCENA: COSTRUIRE I MATTONI PER I 4 ANGOLI DEL TEMPIO

I mattoni sono formati con un modello di legno che si riempie con una massa di limo, resa malleabile con acqua, a cui si aggiunge olibano e resina. Il titolo della scena è riferito ai 4 angoli della costruzione che sono il punto critico del futuro monumento. Questa scena sottende le migliaia di mattoni necessari alla costruzione dell’intero muro perimetrale di contenimento dello spessore di 2-3 metri.
IV SCENA: VERSARE SABBIA PURA NEL SOLCO

Fig. 14 – Rappresentata nel tempio di Dendera.
Fig. 15 – Rappresentata anche questa nel tempio di Edfu.
Per costituire la solida base su cui si eleverà l’edificio bisogna riempire il solco di sabbia fino all’altezza del muro per pareggiare ed evitare lo scivolamento dei mattoni.
V SCENA: METTERE DELLE PLACCHETTE D’ORO E PIETRA AI 4 ANGOLI DEL TEMPIO


Fig. 18 – Rappresentata anche questa nel tempio di Edfu.

Sono i depositi di fondazione. Le immagini mostrano il re che presenta alla divinità del tempio delle placchette d’oro. Nell’immagine del tempio di Edfu le placchette sono 17. Nel tempio di Dendera sono 24 e molte meno negli altri templi. Ovviamente gli oggetti deposti nelle fondazioni vanno ben oltre le placchette d’oro, d’argento e rame e a pietre preziose. Ci sono molti strumenti edili in miniatura. Per chi vuole saperne di più segnalo il volume di Anna Provenzano (free online), Depositi di fondazione dei templi egizi durante il regno di Thutmosi III: il caso del tempio di Hathor a Gebelein (2020).
VI SCENA: COSTRUIRE IL GRANDE SEGGIO DEL DIO IN PIETRA BIANCA E DURA

Fig. 21 – Rappresentata nel tempio di Dendera.
Il re cala la prima pietra nella trincea di fondazione con l’ausilio di una leva. Ogni costruzione in pietra esige che i materiali siano portati il più vicino possibile all’edificio in costruzione dove saranno messi a dimora. L’operazione di questa scena evoca un insieme di lavori che si svolgono nel corso di mesi, anche di anni.
VII SCENA: CIRCONDARE IL SEGGIO DEL DIO CON NATRON AL FINE DI PURIFICARE IL LUOGO DEL SACRIFICIO PER IL SUO SIGNORE



Guidata dal re una processione gira attorno al tempio con fumigazioni d’incenso per purificare l’edificio e allontanare il male dal tempio.
VIII SCENA: PRESENTAZIONE E CONSEGNA DEL TEMPIO AL DIO
Il re si presenta davanti al dio per presentargli e donargli il tempio. Dare la casa al suo signore.


Terminano qui le scene dl rituale di fondazione del tempio. Con l’VIII scena il tempio è terminato e pronto a funzionare. Però, stranamente, non è mai rappresentata la costruzione del tempio e neppure la cerimonia dell’apertura della bocca. Una mia pessima fotografia nel lontano tempio di Amada, nella Bassa Nubia. mostra il segno wp (= aprire; Gardiner, F13) sopra un’immagine del tempio (vedi fig. 2.) Che sia l’apertura della bocca celebrata per il tempio di Amada?
Montet conclude il suo articolo dando evidenza all’impossibilità per il re di partecipare alle attività di sua competenza secondo le scene del rituale. Il tempio poteva essere lontano dalla residenza del sovrano e le scene possono distanziarsi l’una dall’altra per settimane, mesi e anni. Le decorazioni dei templi avevano solo un importante valore simbolico.
Gilberto Modonesi
1) G. Cocchiara, un capitolo del volume nel volume Il Paese di Cuccagna, Einaudi, Torino, 1956, pagg. 184-125.
2) E. Lefèbure, Rites égyptiens. Construction et protection des édifices, La Maison de Vie, Paris 1996, pag. 58.
3) J-Cl. Goyon, La mise à mort o la conciliation du serpent dans les rites de fondation, un capitolo del volume Les dieux gardiens et la genèse des temples, vol. I, IFAO, Le Caire 1985, pag. 38.
4) J-Cl. Goyon, 1985, op. cit., pagg. 124-127.
5) J. Vandier, Manuel d’archeologie égyptienne. Les grandes époques. Tome 3, Picard, Paris 1955, pagg. 661-665.
6) S. Donadoni, La religione egizia. Testi, Laterza, Bari 2959, pagg. 181-185.
7) J-Cl. Golvin & j-Cl. Goyon, Les batisseurs de Karnak, Presse du CNRS, Paris 1987, pagg. 36-39.
8) P. Barguet, Le rituel archaique de fondation des temples de Medinet-Habou et de Louxor, pubblicati in RdE, n.9, pagg. 1-22.
9) P. Montet, Le riruel de fondation des temples égyptiens, pubblicato in KEMI, 1964, pagg. 75-100.
10) Per dare evidenza alle varie scene del rituale ho scelto le foto migliori. Il rituale è rappresentato a Edfu in sale interne e oggi le foto non sono molto leggibili.