La tomba con pareti e pavimentazione in corallo a Berenice, ph. Mariusz Gwiazda PCMA UW

L’ultima stagione di scavi a Berenice condotta dal Polish Centre of Mediterranean Archaeology ha portato alla luce diverse sepolture intatte con ricchi corredi funebri.

Berenice è oggetto di indagine dal 2008 da parte della missione polacco-americana che vede coinvolti il Polish Centre of Mediterranean Archaeology dell’Università di Varsavia e l’Università del Delaware. Il tutto in collaborazione con il Ministero Egiziano per il Turismo e le Antichità.

Scavi in corso della tomba, ph. Mariusz Gwiazda PCMA UW

Fondato da Tolemeo II Filadelfo nel 275 a.C. in onore della madre Berenice I, il sito di Berenice Trogloditica è situato sulla costa del Mar Rosso a confine con il Sudan. La sua collocazione lo pone come punto commerciale strategico di prodotti pregiati come oro e avorio da e per il Mar Rosso, e in Oriente, verso l’India e l’Estremo Oriente anche in epoca romana e successiva.

Le sepolture intatte, che risalgono al IV-V sec. d.C., testimoniano la differenziazione sociale della Berenice dell’epoca, un periodo ancora poco conosciuto per questo sito. Come asserisce il co-direttore dr. Mariusz Gwiazda del PCMA UW, la forma delle sepolture e il corredo funerario sono unici per tutto l’Egitto orientale.

Ma le sorprese non finiscono qui. Le sepolture infatti sono state rinvenute all’interno di una tomba rettangolare di 5m ca. di lunghezza, il cui pavimento è lavorato con lisci coralli bianchi mentre per intonacare i muri è stato utilizzato un composto di corallo e fango. Un unicum per l’epoca e di cui solo Berenice ne è testimone. Le sepolture si trovano all’interno di casse di pietra i cui corpi sono in posizione contratta e legati, forse per recuperare spazio. Il ricco corredo è composto da 700 perline, alcune provenienti dall’Asia meridionale, diversi anelli e orecchini in argento e bracciali in avorio. Non mancano resti che rivelano riti funerari come anfore vinarie e bottiglie in ceramica per l’acqua, scodelle e bruciatori per incenso. Di quest’ultima categoria è particolare un incensiere di pietra che ha la forma della testa di un leone.

A causa dei costi di lavorazione del corallo, gli archeologi presumono che questa tomba comune sia stata realizzata per l’élite di Berenice, come d’altronde farebbe pensare anche la tipologia di corredo.

Veduta generale del sito, ph. Mariusz Gwiazda PCMA UW

Lo scopo dei ricercatori è quello di investigare la vita della comunità del Deserto Orientale durante il dominio dei Blemmi, ovvero dal IV al VI sec. d.C., attraverso lo studio dei costumi funerari e delle analisi paleoantropologiche. La popolazione nubiana dei Blemmi aveva il controllo del Deserto Orientale dall’attuale confine Egitto-Sudan fino all’Etiopia, e Berenice continuò ad avere importanza come porto anche in quest’epoca. Del resto, essi tennero il controllo sul santuario di File attivo fino alla sua distruzione da parte dell’imperatore Giustiniano nel 535 o 540 d.C.

Gallery:

Una sepoltura con resti ceramici per il rito funebre, ph. Mariusz Gwiazda PCMA UW
Frammenti del corallo bianco utilizzato nella tomba, ph. Mariusz Gwiazda PCMA UW
Alcune perline rinvenute nelle sepolture, ph. Mariusz Gwiazda PCMA UW
L’incensiere in pietra con testa leonina, ph. Mariusz Gwiazda PCMA UW
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Chiara Lombardi

Laureata in Archeologia Orientale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” con una tesi magistrale in Archeologia Egiziana dal titolo “Iside nei testi funerari e nelle tombe del Nuovo Regno: iconografia e ruolo della dea tra la XVIII e la XIX dinastia” (2013), ha conseguito un master di primo livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie” presso la medesima Università (2010-2011). Durante il master ha sostenuto uno stage presso il Museo Egizio de Il Cairo per studiare i vasi canopi nel Nuovo Regno (2010). Ha partecipato a diversi scavi archeologici, tra i quali Pompei (scavi UniOr – Casa del Granduca Michele, progetto Pompeii Regio VI, 2010-2011) e Cuma (scavi UniOr – progetto Kyme III, 2007-2017). Inoltre, ha preso parte al progetto Research Ethiopic language project: “Per un nuovo lessico dei testi etiopici”, finanziato dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente e dal progetto PRIN 2005 “Catene di trasmissione linguistica e culturale nell’Oriente Cristiano e filologia critico testuale. Le problematiche dei testi etiopici: testi aksumiti, testi sull’età aksumita, testi agiografici di traduzione” (2006-2007). Ha collaborato ad un progetto educativo rivolto ai bambini della scuola primaria per far conoscere, attraverso sperimentazioni laboratoriali, gli usi e i costumi dell’antico Egitto e dell’antica Roma (2014-2015). È stata assistente di ricerca presso la Princeton University (New Jersey) per “The Princeton Ethiopian, Eritrean, and Egyptian Miracles of Mary digital humanities project (PEMM)” (2020-2021). Ricercatrice indipendente, attualmente è anche assistente di ricerca per il Professor Emeritus Malcolm D. Donalson (PhD ad honorem, Mellen University). Organizza e partecipa regolarmente a diverse attività di divulgazione, oltre a continuare a fare formazione. Collabora con la Dott.ssa Nunzia Laura Saldalamacchia al progetto Nymphè. Archeologia e gioielli, e con la rivista MediterraneoAntico, occupandosi in modo particolare di mitologia. Appassionatasi alla figura della dea Iside dopo uno studio su Benevento (Iside Grande di Magia e le Janare del Sannio. Ipotesi di una discendenza, Libreria Archeologica Archeologia Attiva, 2010), ha condotto diversi studi sulla dea, tra cui Il Grande inno ad Osiride nella stele di Amenmose (Louvre C 286) (Master di I livello in “Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie”, 2010); I culti egizi nel Golfo di Napoli (Gruppo Archeologico Napoletano, 2016); Dal Nilo al Tevere. Tre millenni di storia isiaca (Gruppo Archeologico Napoletano, 2018 – Biblioteca Comunale “Biagio Mercadante”, Sapri 2019); Morire nell’antico Egitto. “Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre” (MediterraneoAntico 2020); Il concepimento postumo di Horus. Un’ analisi (MediterraneoAntico 2021); Osiride e Antinoo. Una morte per annegamento (MediterraneoAntico 2021); Culti egiziani nel contesto della Campania antica (Djed Medu 2021); Nephthys, una dea sottostimata (MediterraneoAntico 2021). Sua è una pubblicazione una monografia sulla dea Iside (A history of the Goddess Isis, The Edwin Mellen Press, ISBN 1-4955-0890-0978-1-4955-0890-5) che delinea la sua figura dalle più antiche attestazioni nell’Antico Regno fino alla sua più recente menzione nel VII d.C. Lo studio approfondisce i diversi legami di Iside in quanto dea dell’Occidente e madre di Horus con alcune delle divinità femminili nonché nei cicli osiriaco e solare; la sua iconografia e le motivazioni che hanno portato ad una sempre crescente rappresentazione della dea sulle raffigurazioni parietali delle tombe. Un’intera sezione è dedicata all’onomastica di Iside provando a delineare insieme al significato del suo nome anche il compito originario nel mondo funerario e le conseguenti modifiche. L’appendice si sofferma su testi e oggetti funerari della XVIII dinastia dove è presente la dea.

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