L’ “incunabolo St. De Rossi 1178” ˗ la cosiddetta “Bibbia ebraica” ˗ conservato presso la Biblioteca Palatina di Parma (Complesso Monumentale della Pilotta) è considerato un’opera di eccezionale importanza storica, in quanto è il più antico testo ebraico a stampa con data certa: pubblicato nel 1475, a Reggio Calabria presso il tipografo di origini tedesche Avrhaham Ben Garton. Su iniziativa del presidente della Regione Calabria, Gerardo Mario Oliverio, cui ha aderito il direttore dell’istituto parmigiano sarà presto esposta nel territorio calabrese. Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria ha presentato ufficialmente la propria candidatura ad ospitare l’opera, in coerenza con le finalità statutarie del Museo e in considerazione del profondo legame con il territorio. Sono molti, infatti, i ritrovamenti archeologici che testimoniano la significativa presenza della comunità ebraica nell’area reggina fin dall’antichità, a partire dal frammento di epigrafe di età romana con iscrizione Ioydaion rinvenuto in via Giudecca, in centro città. A ciò si aggiunge la vicinanza ai resti della Sinagoga messi in luce a Bova Marina.
Il direttore del MArRC, Carmelo Malacrino presenta così la candidatura: «La tradizione ebraica è una componente importante della cultura calabrese e, in particolare, di Reggio Calabria. Basti pensare che lo storico Giuseppe Flavio fa risalire la fondazione della città a un discendente di Noè, Aschenez. Proprio per il valore identitario di questa Bibbia ebraica, riteniamo che il nostro Museo sia il miglior candidato ad ospitarla e a garantire tutte le condizioni di sicurezza».
Sabato 24 marzo, alle ore 17.30, sarà inaugurata la nuova esposizione temporanea “L’impronta dell’antico. Calchi moderni al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria” (fino al 29 aprile), curata dal direttore del Museo insieme alla professoressa Angela Quattrocchi, docente di Restauro presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, e dalla dottoressa Antonella M. Foti, che ha redatto la catalogazione degli oggetti esposti. Malacrino spiega così l’iniziativa: «L’idea è nata dal desiderio di riordinare e valorizzare tanti oggetti (matrici, calchi, provini di copie) che giacevano ormai quasi dimenticati nei depositi del Museo, ma che raccontano una storia straordinaria». Tutti i calchi in esposizione, realizzati nei laboratori del Museo in circa un cinquantennio, saranno presentati al pubblico per la prima volta.