Il nome di Hatshepsut in crittografia

0
16
Fig. 2 – Una variante crittografica del nome Hatshepsut. Il cobra, l'ureo, può essere letto come Maat; quindi, con gli altri segni compone il nome di Maat-ka-Ra, il nome d'intronizzazione di Hatshepsut. Figura tratta dal sito della missione polacca che lavorava al tempio.

Il nome d’intronizzazione di Hatshepsut in crittografia 1

Fig. 1 – Il nome Hatshepsut è il V nome della regina ed è anticipato dal titolo S’-R3 (Figlia del Sole). Il significato di Hatshepsut è La più nobile di tutte le donne. La figura è tratta da un volume di J. Rose, The Sons of Ra: Cartouches of the kings of Egypt, JRT 1985, pag. 91

Nel tempio dei milioni di anni della regina-faraone Hatshepsut, a Deir el-Bahari (Luxor), la cappella dedicata alla dea Hathor mostra al suo interno, appena sotto il soffitto, un fregio orizzontale in continuo che mostra due braccia, nella tipica forma del ka, entro le quali si erge un cobra che porta la corona hathorica le cui corna rinserrano il disco solare.
Ognuno di questo gruppo di segni è stato riconosciuto come una scrittura crittografica del nome della regina-faraone: Maat-ka-Ra (la Verità è il ka di Ra). Infatti, il cobra, l’ureo, può essere letto come Maat: pertanto l’ureo, il segno del ka e il disco solare tra le corna del cobra-ureo compongono il nome di Maat-ka-Ra. Una statua del Museo di Brooklyn (67.68) mostra Senmut che presenta davanti a sé lo stesso gruppo di segni che si legge Maat-ka-Ra, il nome della regina2.

Fig. 2 – Una variante crittografica del nome Hatshepsut. Il cobra, l’ureo, può essere letto come Maat; quindi, con gli altri segni compone il nome di Maat-ka-Ra, il nome d’intronizzazione di Hatshepsut. Figura tratta dal sito della missione polacca che lavorava al tempio.

Ma è possibile un’altra lettura crittografica di questo gruppo di segni se si fa riferimento al nome di Horus di Hatshepsut che è Useret-kau (Colei i cui ka sono possenti): infatti il cobra-ureo ha anche il significato di “possente”.
Non è tutto: appoggiato alle spire del cobra è posto un segno shen (tutto ciò che il sole illumina-la base del cartiglio regale) e tra gli urei sono disposti alternativamente i segni ankh (vita) e djed (stabilità). Inoltre, le corna hathoriche che rinserrano il disco solare evocano la dea Hathor; il cobra eretto nella scrittura è usato anche come determinativo delle divinità femminili (Gardiner, I 12). Si evoca così il legame mistico tra la dea e la regina, figlia di Hathor, tanto più che Useret, la Possente, può rinviare ad Hathor3.

Fig. 3 – Un’altra lettura crittografica del nome della regina. Il nome di Horus di Hatshepsut come faraone è Useret-kau (= Colei i cui ka sono possenti). Qui il cobra-ureo ha il significato di “possente”. Figura tratta dal sito della missione polacca che lavorava al tempio.
Fig. 4 – Una statua cubo di Senmut del Museo Egizio di Berlino mostra la testa della principessa Nefrura, figlia di Hatshepsut, spuntare dal manto di Senmut. Sulle spalle della statua di Senmut sono scolpiti due crittogrammi (fig. 5 e fig. 6) di cui Senmut si vanta affermando di avere inventato “immagini mai trovate negli scritti degli antenati.”

Il motivo di questo fregio ha dunque diversi livelli complementari di lettura e di interpretazione dal punto di vista regale e divino. La doppia natura di Hatshepsut, regale e divina, è graficamente definita.
È probabile che questo “gioco” crittografico sia opera di Senmut che tra i vari incarichi espletati, ebbe anche quello di supervisore alla costruzione del tempio. Il talento di Senmut nel creare crittogrammi è dimostrato dalla sua statua cubo (Museo di Berlino, 2296) in cui dal suo manto spunta una parte del capo della principessa Nefrura, la figlia di Hatshepsut.

Sulle spalle della statua sono scolpiti due crittogrammi di cui Senmut si vanta nell’iscrizione della statua affermando di avere inventato immagini “mai trovate negli scritti degli antenati”4.
Sulla spalla destra della statua è scolpito un avvoltoio ad ali spiegate, il suo corpo è l’occhio udjat e tra gli artigli tiene il segno delle due braccia, il ka. La lettura di questo crittogramma è “Maat-ka-Ra”, il nome di incoronazione di Hatshepsut: l’avvoltoio è Maat, l’occhio udjat rappresenta Ra e le braccia sono il ka.

Fig. 5 – Sulla spalla destra della statua è scolpito un avvoltoio ad ali spiegate il cui corpo è l’occhio udjat. Tra gli artigli tiene il segno del ka, le due braccia, L’avvoltoio è Maat, l’occhio udjat rappresenta Ra e le braccia sono il ka. La lettura del crittogramma è Maat-ka-Ra, il nome d’incoronazione di Hatshepsut. La figura del crittogramma si trova nell’articolo di Drioton, Deux criptogrammes de Senenmout, ASAE XXX/1938, pagg. 231-246, tavv. XXX e XXXI, n. 1 e 2.
Fig. 6 – Sulla spalla sinistra l’immagine del crittogramma appare più laborioso. Un uomo stante al posto della testa ha i segni geroglifici ankh (vita) e was (potenza). L’uomo tiene in mano una canna con il segno was, nell’altra mano il segno è ankh. La testa nascosta sta per hat imen. Mettendo in ordine i segni gerolifici si legge “Hatshepsut è unita ad Amon.” La figura del crittogramma si trova nell’articolo di Drioton, Deux criptogrammes de Senenmout, ASAE XXX/1938, pagg. 231-246, tavv. XXX e XXXI, n. 1 e 2.

Sulla spalla sinistra della statua il crittogramma è più laborioso. L’immagine mostra un uomo in piedi che al posto della testa ha i segni ankh (vita) e was (potenza). L’uomo tiene in una mano una canna con il segno was e nell’altra mano il segno ankh. La testa nascosta sta per “hat imen”; i segni sacri della testa si leggono “khenem shepsut” 5 Questi segni letti in ordine danno Hat shepsut khenem (e) Imen. Il crittogramma si legge “Hatshepsut è unita ad Amon”

Gilberto Modonesi


1) Questo paragrafo riprende sostanzialmente le indicazioni di Beaux, La chapelle d’Hathor. Temple d’Hatshepsut à Deir el-Bahari, I, Vestibule et sanctuaires, 1-Texte, IFAO, Le Caire 2012, pagg. 4-5 e 178. Le immagini del fregio si trovano nel volume 2-Figures, figg. 7 e 9 a pag. 13 e 14.
2) Fazzini-Bianchi-Romano-Spanel, Ancient Egyptian Art in the Brooklin Museum, 1989, foto e testo n. 34.
3) Queste immagini si trovano nella cappella di Hathor e quindi sembra logico che si faccia un
particolare riferimento a questa divinità.
4) Desroches Noblecourt, La regina misteriosa, Sperling & Kupfer/Mondadori, Milano 2003, pag. 198; Vernus, Dictionnaire amoureux de l’Egypte pharaonique, Plon, Paris 2009, pagg. 860-861.
5) I due crittogrammi sono stati decifrati da Drioton, Deux criptogrammes de Senenmout, ASAE
XXX/1938, pagg. 231-246, tavv. XXX e XXXI, n. 1 e 2.

Advertisement
Articolo precedenteI graffiti del Wadi Hammamat
Gilberto Modonesi

Ho iniziato a interessarmi dell’Egitto antico nel 1960. Nel 1964 mi sono sposato e il viaggio di nozze è stato il mio primo viaggio in Egitto. A metà ottobre il primo cortile del tempio di Luxor era allagato dall’acqua dell’inondazione del Nilo e anche le basi dei colossi di Memnon erano in acqua. Ad  Aswan i russi stavano costruendo la Grande Diga.

Nel 1980, dopo la nascita di due figli, ho effettuato la navigazione sul Nilo con tutta la famiglia. Nel 1985 ho partecipato con mia moglie a un viaggio organizzato dal Dr. Mario Tosi. Da allora e fino al dicembre del 2010 sono stato in Egitto almeno 35 volte. Agli inizi ho visitato i vari siti archeologici in taxi solo con mia moglie.. Quando sono iniziati gli attentati contro i turisti ho organizzato viaggi turistici in modo da avere una scorta militare. In questi viaggi io avevo il ruolo di “responsabile culturale”. Grazie a tutti questi viaggi ho potuto visitare i siti archeologici dal nord al sud dell’Egitto, quelli di tutte le oasi e i monumenti del Lago Nasser. Ho fatto un viaggio anche nel Sinai per visitare il tempio di Serabit el-Khedim.

Il viaggio del dicembre 2010 è stato il mio ultimo viaggio a causa della rivoluzione egiziana, poi per miei problemi di salute e successivamente anche di mia moglie.

Per arricchire la mia conoscenza dell’antico Egitto e per seguire gli sviluppi delle ricerche mi sono iscritto a varie associazioni internazionali e nazionali:

  • International Association of Egyptologists
  • Amici del Museo Egizio di Torino
  • American Research Center in Egypt
  • Fondation Egyptologique Réine Elisabeth
  • Egypt Exploration Society
  • Associazione Culturale Harwa 2001
  • Centro Egittologico Comasco F. Ballerini

Dal 2020 non ho più rinnovato la mia iscrizione a queste associazioni a causa della mia situazione personale e famigliare.

Il mio antico interesse per l’Egitto si è alimentato anche partecipando come uditore a diversi incontri internazionali:

  • Convegno sulla Magia Egizia – Milano 29-31 ottobre 1985
  • Convegno sulla Valle dei Re – Tucson (Arizona) 26-27 ottobre 1994
  • International Congress of Egyptologists : Torino 1991 – Cambridge 1995 – Cairo 2000 – Grenoble 2004 – Rodi 2012 –  Firenze 2016

Grazie alla mia esperienza di visite in Egitto e alla documentazione raccolta in migliia di diapositive ho per anni diffuso la conoscenza dell’antico Egitto presso varie “Università della Terza Età”. Poi, nel 2006, il Centro Studi Archeologia Africana, che ha sede nel Civico Museo di Storia Naturale di Milano, mi ha offerto la possibilità di organizzare e tenere conferenze sull’antico Egitto presso l’aula magna dello stesso Museo. Ho svolto questa attività dal 2007 fino al gennaio del 2020, con conferenze mensili sull’Egitto antico. Il 2020 è un anno fatidico a causa del Covid e dei miei problemi personali e di mia moglie.

Ho scritto alcuni articoli e due libri :

  • All’ombra del divino – Il significato dei ventagli nelle rappresentazioni dell’antico Egitto (2016)
  • La longeva vitalità di fiabe e racconti mitici egizi – Alla ricerca di tracce di racconti mitici e fiabe egizi in fiabe moderne europee (2018)

Nel tempo ho raccolto centinaia di articoli e acquistato tanti (troppi) libri di egittologia di varii formati e dimensioni: mignon-normali-grandi-enormi (il formato imperiale).

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here