
Il nome d’intronizzazione di Hatshepsut in crittografia 1

Nel tempio dei milioni di anni della regina-faraone Hatshepsut, a Deir el-Bahari (Luxor), la cappella dedicata alla dea Hathor mostra al suo interno, appena sotto il soffitto, un fregio orizzontale in continuo che mostra due braccia, nella tipica forma del ka, entro le quali si erge un cobra che porta la corona hathorica le cui corna rinserrano il disco solare.
Ognuno di questo gruppo di segni è stato riconosciuto come una scrittura crittografica del nome della regina-faraone: Maat-ka-Ra (la Verità è il ka di Ra). Infatti, il cobra, l’ureo, può essere letto come Maat: pertanto l’ureo, il segno del ka e il disco solare tra le corna del cobra-ureo compongono il nome di Maat-ka-Ra. Una statua del Museo di Brooklyn (67.68) mostra Senmut che presenta davanti a sé lo stesso gruppo di segni che si legge Maat-ka-Ra, il nome della regina2.

Ma è possibile un’altra lettura crittografica di questo gruppo di segni se si fa riferimento al nome di Horus di Hatshepsut che è Useret-kau (Colei i cui ka sono possenti): infatti il cobra-ureo ha anche il significato di “possente”.
Non è tutto: appoggiato alle spire del cobra è posto un segno shen (tutto ciò che il sole illumina-la base del cartiglio regale) e tra gli urei sono disposti alternativamente i segni ankh (vita) e djed (stabilità). Inoltre, le corna hathoriche che rinserrano il disco solare evocano la dea Hathor; il cobra eretto nella scrittura è usato anche come determinativo delle divinità femminili (Gardiner, I 12). Si evoca così il legame mistico tra la dea e la regina, figlia di Hathor, tanto più che Useret, la Possente, può rinviare ad Hathor3.

Fig. 4 – Una statua cubo di Senmut del Museo Egizio di Berlino mostra la testa della principessa Nefrura, figlia di Hatshepsut, spuntare dal manto di Senmut. Sulle spalle della statua di Senmut sono scolpiti due crittogrammi (fig. 5 e fig. 6) di cui Senmut si vanta affermando di avere inventato “immagini mai trovate negli scritti degli antenati.”
Il motivo di questo fregio ha dunque diversi livelli complementari di lettura e di interpretazione dal punto di vista regale e divino. La doppia natura di Hatshepsut, regale e divina, è graficamente definita.
È probabile che questo “gioco” crittografico sia opera di Senmut che tra i vari incarichi espletati, ebbe anche quello di supervisore alla costruzione del tempio. Il talento di Senmut nel creare crittogrammi è dimostrato dalla sua statua cubo (Museo di Berlino, 2296) in cui dal suo manto spunta una parte del capo della principessa Nefrura, la figlia di Hatshepsut.
Sulle spalle della statua sono scolpiti due crittogrammi di cui Senmut si vanta nell’iscrizione della statua affermando di avere inventato immagini “mai trovate negli scritti degli antenati”4.
Sulla spalla destra della statua è scolpito un avvoltoio ad ali spiegate, il suo corpo è l’occhio udjat e tra gli artigli tiene il segno delle due braccia, il ka. La lettura di questo crittogramma è “Maat-ka-Ra”, il nome di incoronazione di Hatshepsut: l’avvoltoio è Maat, l’occhio udjat rappresenta Ra e le braccia sono il ka.

Fig. 6 – Sulla spalla sinistra l’immagine del crittogramma appare più laborioso. Un uomo stante al posto della testa ha i segni geroglifici ankh (vita) e was (potenza). L’uomo tiene in mano una canna con il segno was, nell’altra mano il segno è ankh. La testa nascosta sta per hat imen. Mettendo in ordine i segni gerolifici si legge “Hatshepsut è unita ad Amon.” La figura del crittogramma si trova nell’articolo di Drioton, Deux criptogrammes de Senenmout, ASAE XXX/1938, pagg. 231-246, tavv. XXX e XXXI, n. 1 e 2.
Sulla spalla sinistra della statua il crittogramma è più laborioso. L’immagine mostra un uomo in piedi che al posto della testa ha i segni ankh (vita) e was (potenza). L’uomo tiene in una mano una canna con il segno was e nell’altra mano il segno ankh. La testa nascosta sta per “hat imen”; i segni sacri della testa si leggono “khenem shepsut” 5 Questi segni letti in ordine danno Hat shepsut khenem (e) Imen. Il crittogramma si legge “Hatshepsut è unita ad Amon”
Gilberto Modonesi
1) Questo paragrafo riprende sostanzialmente le indicazioni di Beaux, La chapelle d’Hathor. Temple d’Hatshepsut à Deir el-Bahari, I, Vestibule et sanctuaires, 1-Texte, IFAO, Le Caire 2012, pagg. 4-5 e 178. Le immagini del fregio si trovano nel volume 2-Figures, figg. 7 e 9 a pag. 13 e 14.
2) Fazzini-Bianchi-Romano-Spanel, Ancient Egyptian Art in the Brooklin Museum, 1989, foto e testo n. 34.
3) Queste immagini si trovano nella cappella di Hathor e quindi sembra logico che si faccia un
particolare riferimento a questa divinità.
4) Desroches Noblecourt, La regina misteriosa, Sperling & Kupfer/Mondadori, Milano 2003, pag. 198; Vernus, Dictionnaire amoureux de l’Egypte pharaonique, Plon, Paris 2009, pagg. 860-861.
5) I due crittogrammi sono stati decifrati da Drioton, Deux criptogrammes de Senenmout, ASAE
XXX/1938, pagg. 231-246, tavv. XXX e XXXI, n. 1 e 2.

















