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I furti nelle tombe

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Alberto ELLI

la capitale delle imposte raccolte. Breasted, invece, pensava che si trattasse della cessione da parte del re

delle rimesse dello Stato, messe così a disposizione del gran sacerdote; questa opinione erronea, emessa nel

1906, trova ancora spazio nella letteratura egittologica recente. Si è spesso concluso, basandosi sulla

proporzione delle rappresentazioni di Ramesse IX e di Amenhotep, che la scena è una prova dell’audacia e

delle ambizioni del gran sacerdote. È da notare, tuttavia, che il rilievo in questione decorava il muro del

palazzo privato del gran sacerdote e non fu mai esposto al pubblico. Inoltre lo zoccolo sul quale è posto il

sovrano e la sua alta corona fanno sì che la rappresentazione reale sia di taglia superiore a quella del gran

sacerdote. Il rilievo di Karnak, pertanto, non riflette alcun cambiamento rivoluzionario, ma un’attualizazione

storica: la posizione suprema di Amon nell’Egitto dell’epoca ramesside tardiva, nella quale il dio era

considerato come il sovrano effettivo che agiva per mezzo dei suoi oracoli, implicava che il gran sacerdote,

araldo della volontà divina, funzionasse nella sfera del sacro più che in quella del profano. Contrariamente

all’opinione maggiormente diffusa, la scena sarebbe quindi una testimonianza delle buone relazioni che

correvano tra faraone e gran sacerdote, tra Pi-Ramses, sede del faraone, e Tebe, sede del gran sacerdote,

nell’anno 10 di Ramesse IX, prima dell’ondata di scioperi e furti che ebbero inizio verso l’anno 13 e che

continuarono sotto Ramesse X.

Nulla si sa delle relazioni tra Ramesse X e Amenhotep. Si può supporre che, data la lontananza, il gran

sacerdote venisse considerato alla corte faronica il responsabile dei disordini tebani. La persona del gran

sacerdote restava comunque fuori dalla giurisdizione effettiva del sovrano: non poteva essere dimissionato,

in quanto era solo l’oracolo di Amon che nominava il pontefice. Il giovane successore Ramesse XI, tuttavia,

poco dopo l’intronizzazione decise di restaurare l’ordine e la sicurezza in Tebe e, contemporaneamente,

limitare il potere del gran sacerdote, considerato se non il responsabile almeno di essere stato poco efficace

durante i disordini. Il sovrano, pertanto, decise di far intervenire a Tebe il corpo meridionale dell’esercito,

composto da soldati nubiani e comandato dal generale Panehesy, al quale affidò anche l’ufficio di capo dei

granai, fino ad allora nelle mani dei membri della famiglia del gran sacerdote.

Con questa mossa Ramesse XI riteneva che la presenza dell’esercito potesse proteggere Tebe dagli

attacchi delle bande dei ladroni e che il miglioramento del funzionamento dell’amministrazione del grano

avrebbero fatto sparire i rischi degli scioperi e dei disordini ad essi collegati. Per far ciò, tuttavia, si dovevano

allontanare dai posti economici i membri della famiglia del gran sacerdote, il che equivaleva a un attacco

contro la persona stessa del gran sacerdote, che nella teocratica Tebe godeva di grande prestigio e appoggi.

Inoltre, mai era stato affidato un così grande potere a un singolo ufficiale, ponendo nelle sue mani sia il

potere militare che quello economico. L’instaurazione di questa dittatura militare a Tebe fu infatti la causa di

una lunga serie di avvenimenti che portarono alla guerra civile e nella quale l’esercito giocò un ruolo

essenziale.

L’esercito di Panehesy si installò a Tebe per assicurare la sicurezza della città contro l’attività dei

predoni, i cosiddetti

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. Ma al posto di riportare la pace, furono i soldati nubiani stessi a portare il terrore

nella città. Questa interpretazione trova un supporto nella documentazione dell’era

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che narra,

retrospettivamente, gli avvenimenti del periodo della dittatura militare di Panehesy a Tebe.

Nell’anno 9 di Ramesse XI l’anarchia è così grave che ufficiali stessi di Panehesy sono implicati nei

furti nei templi di Tebe Ovest. Secondo il papiro BM 10053 Vs, nell’anno 9 di Ramesse XI, essendo capo del

tribunale lo stesso Panehesy, apprendiamo come un sacerdote, tale Amonkhau, fosse stato interrrogato a

Tebe dal primo profeta di Amon e accusato del furto di ben 300 deben d’argento (27.3 kg!) e di 89 deben

d’oro (8.1 kg): “

e si trovò che era il sacerdote Amonkhau, figlio di Bakptah, colui che li aveva rubati

(BM10053 Vs 1.11-12). All’inizio della seconda pagina del papiro abbiamo una data: “

Anno di regno 9,

secondo mese della stagione dell’Inondazione, giorno 23 (?)

”. I ladri sono sacerdoti: si tratta probabilmente

di preti del Ramesseum che depredavano il loro proprio tempio, rimuovendo tutte le foglie d’oro e di rame