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I furti nelle tombe

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Alberto ELLI

riguardanti cioè la sponda Ovest, al di fuori della sua giurisdizione, e il triste ma non frustrato sindaco di

Tebe. Forse ansioso di preservare qualche apparenza di imparzialità, il coppiere reale Nesamon si affrettò a

raggiungere Tebe per far conoscere a Paser il risultato dell’inchiesta (Abb 5.12, 5.21-22). Alla sera dello

stesso giorno 19 questi due ufficiali incontrarono i dimostratori vicino al tempio di Ptah a Karnak. A capo dei

lavoratori c’erano il capo lavorante Userkhepesh, lo scriba Amonnakht e il lavoratore Amenhotep. Paser fece

presente come la dimostrazione fosse in effetti stata organizzata contro la sua persona; essi, però, avevano

ben poco da rallegrarsi. Paser, infatti, li apostrofò dicendo:

Quanto a questa dimostrazione che avete fatto oggi, non è affatto una dimostrazione: è

il vostro lamento funebre quello che avete fatto!

” (Abb 5.15; ben poco velata minaccia:

ve ne pentirete!

”),

ricordando loro che in effetti una tomba reale, quella di Sobekemsaf, era stata violata e depredata - “

e non è

affatto una piccola accusa questa che il principe di Tebe ha fatto!

”, commenta lo scriba (Abb. 6.8-9) - e che

inoltre, così come due scribi della Necropoli, Horisheri e Paybes, gli avevano confessato, c’erano altre

cinque accuse pronte contro di loro e che egli avrebbe avvisato il Faraone a riguardo:

Lo scriba Horisheri, figlio di Amonnakht, della necropoli di Khen-kheni è venuto fino a

questa grande riva di Tebe, al luogo dove io ero, e mi ha detto 3 gravissime accuse, e il

mio scriba e i due scribi del quartiere di Tebe le hanno messe per iscritto. E lo scriba

Paybes della tomba mi ha detto altre due accuse – in totale cinque – e pure esse sono

state messe per iscritto.

” (Abb 6.9-12).

Quindi, lungi dal ritirare le sue accuse, Paser ne aggiunse altre, giurando che ne avrebbe informato il

Faraone:

“...

non si può tacere riguardo ad esse, in quanto sono dei crimini enormi, per i quali si è

meritevoli di essere giustiziati, di essere impalati e di subire ogni sorta di punizione. Ed

io scriverò al Faraone (v.p.s.), il mio Signore (v.p.s.), affinché egli mandi gente del

Faraone (v.p.s.) per arrestarvi

” (Abb 6.12-14).

Chiara denuncia della mancanza di integrità ed efficienza dell’amministrazione di Pauraa e della polizia,

da lui diretta.

Questa conversazione tra Paser e i rappresentanti dei lavoratori fu subito comunicata a Pauraa che,

irritato e inquieto dalle non velate minacce del suo rivale, nel tentativo di prevenirne le mosse passò parte del

giorno 20 a scrivere al vizir un rapporto completo e dettagliato sui fatti della sera precedente, riportato

in

extenso

:

Anno 16, terzo mese dell’inondazione, giorno 20. Copia del documento che Pauraa,

principe dell’Ovest di Tebe e capo dei poliziotti della Necropoli pose davanti al vizir

riguardo alle parole che il principe di Tebe, Paser, disse alla gente della Necropoli alla

presenza del coppiere del Faraone (v.p.s.) e di Paynedjem, scriba del sovrintendente del

Tesoro

” (Abb 5.19-20).

In esso, Pauraa non solo accusa Paser di aver messo in dubbio la buona fede di una commissione

nominata dallo stesso vizir, ma, astutamente, accusa il rivale di aver infranto l’ordine gerarchico, per voler

rimettere il caso direttamente nelle mani del Faraone. Per uno nella sua posizione, infatti, scrive Pauraa,

sarebbe stato un grande crimine udire accuse di quel tipo e non riferirle al suo signore (il vizir). Queste

accuse dovevano essere riferite direttamente al vizir, sia che si trovasse al sud o al nord, presso il Farone, e

non a Paser: