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I furti nelle tombe

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Alberto ELLI

per un totale di 160 deben d’oro, non essendo (inclusi) in ciò i frammenti degli arredi.

Poi traghettammo verso Tebe.

Ora, dopo alcuni giorni, i soprintendenti di distretto di Tebe udirono che noi eravamo

soliti rubare all’Ovest; mi catturarono e mi imprigionarono nell’ufficio del sindaco di

Tebe. (Allora) io presi i 20 deben d’oro che mi erano toccati come parte e li diedi allo

scriba di quartiere Khaemope, dell’approdo di Tebe, ed egli mi rilasciò. Io mi riunii con i

miei compagni ed essi mi diedero nuovamente una parte

” (LeAm 1.13-3.5)

.

Vennero così alla luce fatti che causarono una grande sensazione. I giudici furono particolarmente

scandalizzati dal fatto che Amonpanefer, che già era stato arrestato per questo crimine anni prima, fosse

riuscito a comprare la libertà corrompendo lo scriba di quartiere Khaemope, collegato al porto di Tebe:

questo funzionario corrotto era riuscito a ottenere ben 20 deben d’oro proveniente dalla tomba di

Sobekemsaf (LeAm 3.3-4), oltre a 4 deben dalla tomba di Tjanefer (BM10054 Rt 1.12) per mettere in libertà

Amonpanefer, come se fosse la cosa più naturale del mondo; e che fosse “naturale” risulta anche dal

disarmante candore con cui Amonpanefer confessò questa corruzione. Poiché Amonpanefer era stato

imprigionato nell’ufficio stesso del sindaco di Tebe (LeAm 3.3), ossia di Paser, sembra quasi certo che lo

stesso Paser fosse venuto a conoscenza della faccenda di Sobekemsaf un bel po’ di tempo prima che avesse

deciso di portare le sue accuse a conoscenza del vizir. Alcune delle accuse portate da Paser erano quindi

supportate da adeguata conoscenza della verità, anche se non risulta chiaro perché avesse aspettato tutto

questo tempo a formularle ufficialmente. Probabilmente aspettava l’occasione propizia per “incastrare” il suo

avversario Pauraa.

Quanto ad Amonpanefer, ritornato in libertà non aveva perso tempo a riprendere le sue vecchie

abitudini. In base al

procès-verbal

sembra anche che se ne gloriasse, arrivando all’impudenza di scusarsi col

motivo che, disse, gran parte della popolazione di Tebe Ovest si dedicava alla stessa occupazione:

(Poi) ricominciai con questa abitudine di rubare nelle tombe dei nobili e della gente

della terra che riposano nell’Ovest di Tebe, fino ad oggi, insieme con gli altri ladri che

sono con me. E una gran quantità di gente del Paese ruba in esse ugualmente, essendo

nostri compagni

” (LeAm 3.5-7)

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.

L’ispezione delle tombe del giorno 18 si concluse con un chiaro successo per Pauraa. La maggior parte

delle accuse fatte contro gli abitanti della necropoli si erano dimostrate false, anche se restava la violazione

della tomba di Sobekemsaf e il fatto che il fabbro Paykhor - che già era stato arrestato nella Valle nel corso

dell’anno di regno 14 ed era stato interrogato dall’allora vizir Nebmaatranakht - aveva ammesso di aver

rubato oggetti dalla tomba della regina Isi. Il vizir Khaemuase e il coppiere reale Nesamon giudicarono la

cosa abbastanza grave per giustificare una verifica sul posto, per esaminare lo stato in cui si trovano le tombe

dei figli reali, delle mogli reali e delle madri reali:

Anno 16, terzo mese dell’inondazione, giorno 19: giorno dell’andare a ispezionare le

grandi tombe dei figli reali, mogli reali e madri reali che sono nella Sede della Bellezza

...

” (Abb 4.11 segg).

Nel pomeriggio del giorno 19 essi attraversarono il fiume, accompagnati da Amonpanefer e dai suoi

complici, così come anche dal fabbro Paykhor, tutti sotto attenta sorveglianza e Paykhor, in aggiunta, anche

bendato. Dopo che Amonpanefer & C ebbero riconosciuto la tomba di Sobekemsaf a Dra Abu-l-Naga – “

e i

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Rubare in una tomba poteva essere un’attività redditizia, ma era pur sempre un’opera lunga e, per questo stesso

motivo, pericolosa, perché poteva essere scoperta. Che fosse lunga, risulta da un passo di MayB 9-10: “

Io trascorsi

quattro giorni a scavare in essa, essendo (tutti) noi cinque là. Aprimmo, la tomba, vi entrammo […]

”, come narrano i

ladri della tomba di Ramesse VI.