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la sua civiltà. Il primo a portare nella propria patria due obelischi come

trofeo di guerra è stato il re assiro Assurbanipal nel 664 a.C. facendoli

erigere nella capitale Ninive.

Molto di più hanno fatto i romani dopo il 30 a.C. quando l’Egitto è di-

ventata una provincia del loro impero. La diffusione dei culti egizi nella

nostra penisola era già in essere da circa tre secoli per via degli scam-

bi commerciali che avvenivano fra i porti italici di Pozzuoli e Ostia con

il porto dell’isola di Delo, il più importante del Mediterraneo grazie alla

sua posizione geografica. Qui, i culti di Iside e Serapide si erano diffusi

rapidamente da quando la dinastia tolemaica governava l’Egitto dopo

la conquista di Alessandro Magno nel 332 a.C., e pare sia stata opera

proprio di un sacerdote egizio di nome Apollonio la costruzione del pri-

mo Serapeo nell’isola di Delo. La successiva annessione della terra del

Nilo all’impero romano non ha fatto altro che favorire ulteriormente la

diffusione dei culti egizi in Italia, ben accolti da alcuni imperatori, osteg-

giati invece da altri, ma che hanno portato comunque all’edificazione di

numerosi monumenti (soprattutto templi dedicati a Iside) nella città di

Roma e in altre parti della penisola.

Il trasporto degli obelischi verso l’Urbe è iniziato con Ottaviano Augusto

nel 10 a.C. quando l’imperatore – per celebrare il ventennale della con-

quista dell’Egitto – ha ordinato di rimuovere due monoliti situati presso

il tempio solare di Eliopoli: il primo, eretto da Sethi I e Ramesse II, è stato

poi collocato nella spina del Circo Massimo (oggi in Piazza del Popolo),

mentre il secondo, più piccolo e risalente al regno di Psammetico II, è sta-

to nuovamente innalzato nel CampoMarzio (oggi in Piazza Montecitorio).

In realtà, Ottaviano aveva tentato di spostare anche un obelisco di Thut-

mosi III che si trovava nel complesso templare di Karnak, ma il progetto

è stato abbandonato perché i mezzi a disposizione non consentivano di

manovrare quel monolite lungo oltre 30 metri. Con successo invece si

è concluso lo spostamento – seppur breve – di un altro obelisco che si

trovava nel tempio solare di Eliopoli e che Ottaviano ha fatto collocare

nel Foro Giulio ad Alessandria d’Egitto: il trasferimento a Roma, di fian-

co all’attuale Basilica di San Pietro, è avvenuto nel 37 d.C. per ordine di

Caligola, dopo che l’imperatore aveva fatto demolire il Foro Giulio. Sulla

base di ciò che ha scritto Ammiano Marcellino nelle sue

Storie

(fine del

IV secolo d.C.), altri tre obelischi sono stati portati a Roma dopo Caligola,

probabilmente dall’imperatore Claudio: il primo è quello che oggi svetta

in Trinità dei Monti, collocato originariamente nei Giardini Sallustiani e

realizzato nell’Urbe con granito proveniente dall’Egitto; gli altri due invece

erano stati eretti di fronte al Mausoleo di Augusto e sono quelli che oggi

si vedono in Santa Maria Maggiore e in Piazza del Quirinale, anch’essi di

fabbricazione romana. Altri studiosi sostengono che questi tre obelischi

siano stati trasportati a Roma qualche decennio dopo dall’imperatore

Domiziano, il quale ha sicuramente fatto realizzare il monolite che oggi si

trova in Piazza Navona sopra la

Fontana dei Quattro Fiumi.

Anche l’impe-

ratore Adriano dopo il 130 d.C. ha abbellito la capitale facendo costruire

l’obelisco che oggi si può ammirare sulla Passeggiata del Pincio. Nel 357

d.C. l’ultimo monolite di origine egizia è giunto a Roma ad opera dell’im-

peratore Costanzo II; si tratta di quello mastodontico che più di tre secoli

prima Ottaviano non era riuscito a spostare dal complesso templare di

Karnak dove era stato eretto da Thutmosi III, e che il figlio di Costantino

il Grande ha fatto erigere nel Circo Massimo: oggi lo si può ammirare in

Piazza San Giovanni in Laterano. Degli altri quattro obelischi che si ele-

vano ancora oggi nella capitale non si conosce né l’epoca in cui vi sono

giunti né il nome di chi li ha fatti trasportare e collocare presso l’Iseo di

Obelisco Vaticano / ph P. Di Silvio