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confermato dal fatto che, prima del Nuovo

Regno, le rappresentazioni di questa dea erano

estremamente rare e, in seguito, venne venerata

assieme al dio siriano Reshef dagli operai di Deir

el-Medina. Dal territorio asiatico non abbiamo

nessuna testimonianza scritta diretta per l’esi-

stenza di una dea di nome Qadesh, anche se

possiamo attribuire a lei delle rappresentazioni

di figurine d’argilla, placchette d’oro e amuleti

trovate in Siria e Palestina. Il motivo per il quale

non abbiamo indicazioni scritte per questa dea

ce lo svela una piccola stele votiva realizzata da

un lavoratore siriano che viveva nel villaggio di

operai di Deir el-Medina. La stele, artisticamente

mediocre, è di grande interesse perché mostra

lo sviluppo sincretistico di tre divinità altrimenti

difficile da dimostrare. La dea rappresentata come al solito nuda in veduta frontale sopra ad un leone, nella

mani tiene un mazzo di fiori e un serpente. Sfortunatamente la parte superiore della stele è rotta, riusciamo

solo a vedere la parrucca hathorica sormontata da un copricapo a forma di “T” che non è presente altrove.

Accanto alla dea si trovano delle iscrizioni: da un lato è scritto il nome di Anath e dall’altro di Astarte, vicino alla

corona, più o meno al centro della rappresentazione, si trova il nome di Qadesh. E’ importante osservare la

direzione della scrittura, mentre i nomi di Anath e Astarte sono orientati verso la figura, Qadesh è scritto nor-

malmente da sinistra verso destra, come l’iscrizione del donatore che sta accanto. Questi tre nomi si devono

intendere, oltre ad un’unione sincretistica, anche come uno split columns che è molto frequente in Egitto e si

deve leggere: “Qadesh: Anath, la santità di Anath” e “Qadesh: Astarte, la santità di Astarte”. Il frammento po-

trebbe risalire al tempo di Ramesse III e provenire da Tebe, perché nell’iscrizione del donatore si legge: “fatta

dal funzionario della necropoli Neferhotep, il giu-

stificato”. Se in questo periodo era così fortemen-

te ancorata al consapevolezza che Qadesh non

era una dea autonoma ma una forma di culto

delle divinità asiatiche Anath e Astarte, possiamo

supporre che questa coscienza esisteva da sem-

pre anche se la dea Qadesh veniva trattata sulle

stele egiziane come unica divinità. Gli Egiziani così,

tramite le rappresentazioni della dea Qadesh,

erano riusciti a separare l’aspetto bellicoso di

Anath e Astarte da quello dell’amore e della fertili-

tà. Questa è l’unica testimonianza scritta della dea

e, dal momento che non si conoscono altri familia-

ri di questo personaggio e che la raffigurazione

non rispetta le regole egiziane, si pensa che il do-

natore sia asiatico. A rafforzare questa ipotesi sta

il fatto che, data la continua ricorrenza del nome

Neferhotep sotto la XIX e XX dinastia, questo

nome egiziano sia stato dato alle persone di estra-

zione semitica (foto 8).

In Egitto quindi la dea Qadesh era considerata

dea dell’amore e fertilità, collegata per queste sue

caratteristiche ad Anath e Astarte, dalle quali è

stata separate dal punto di vista iconografico ed

ha vissuto uno sviluppo autonomo.

Le raffigurazioni tipiche della dea Qadesh richia-

mano quelle della dea della fertilità asiatica; appa-

re vista frontalmente in piedi, di solito nuda, rara-

mente vestita con una veste trasparente, mentre

foto 8 / Rilievo di Neferhotep dedicato a Qadesh-Astarte-Anath - EDWARDS I. E. S., A relief

of Qudshu- Astarte- Anath in the Winchester College Collection, in JNES 14 (1955), tav. III.

foto 7 / Ostrakon raffigurante la dea Astarte - LECLANT J., Astarte a cheval d’après les

représentations égyptiennes, in Syria 37 (1960), fig 19.