

d.C.) è ricco di particolari: «Gli Illiri mangiano se-
duti» – e dunque non sdraiati sulla kline alla moda
greca – «e b evono smodatamente a l punto c he
sono soliti stringere la cintura per scongiurare l’ac-
crescersi del ventre». Teopompo (IV sec d.C.) con-
ferma: «Gli aristocratici illirici ogni giorno fanno
festa, bevono e si ubriacano».
Attorno a Durazzo era piuttosto rinomato un vino
chiamato Basilisca (alcuni pensano che fosse l’an-
tenato del Bordeaux), anche soprannominato «Il
nemico della testa»; nella stessa zona il popolo dei
Taulanti produceva idromele, una bevanda forte e
dolce ottenuta dalla fermentazione del miele, dif-
ficile da distinguere dal vino invecchiato – scrive
Aristotele –. I poveri invece si accontentavano in-
vece della sabaia, ottenuta con orzo fermentato e
normalmente alternata con l a parabija, una be -
vanda non alcolica.
Da mo lti indizi ri sulta chiaro che gli Illiri furono
precocemente influenzati dalla cultura della vicina
Grecia, da cui presero in prestito usanze, status
symbols e modelli organizzativi. Di particolare im-
portanza f u, s enza dubbio, l’ introduzione del la
scrittura, avvenuta a partire dal IV sec a.C. in con-
comitanza con il diffondersi dell’amore per il tea-
tro e di uno stile di vita più “internazionale”. Si
conoscono diverse iscrizioni e t utte composte in
lingua greca; nella vita quotidiana veniva invece
utilizzato l’illirico, idioma indoeuropeo distinto da
quella greca come pure dal celtico, dal latino e dal
germanico.
L’ambito in cui è più evidente l’assimilazione della
cultura greca è quello legislativo. Dalle iscrizioni
scoperte sappiamo che il governo dei koinà e delle
città illiriche era affidato a un’assemblea legisla-
tiva (ekklesìa) a cui si affiancava il consiglio fede-
rale dei demiurghi. Sono anche ricordati i prìtani (i
massimi rappresentanti del k oinòn e letti at tual-
mente), gli strateghi (comandanti militari), gli hip-
parchi (i comandanti della cavalleria) ed i
peripolarchi (comandanti delle guardie del corpo,
spesso volutamente s celti t ra i f orestieri). Og ni
città av eva, in fine, s cribi, u fficiali de lle finanze
(tamis), gymnasiarchi responsabili della f orma-
zione dei giovani, e agonoteti che si occupavano
dei giochi delle gare. Al vertice dei diversi regni il-
lirici vi era spesso un re il cui potere era temperato
dall’attività di questi magistrati.
7. L’epopea di Teuta, l’ultima regina degli
Illiri
Gli Albanesi r iconoscono nella c ittà d i Scutari il
simbolo dell’indipendenza illirica e i l luogo in cui
si consumarono gli ultimi atti della resistenza delle
fiere popolazioni indigene all’avanzata dell a po-
tenza romana. Oggi Scutari è una città moderna e
vitale, dominata scenograficamente dalla sagoma
del castello di Rozafa. Tracce di mura poligonali in-
corporate nella fortezza medievale confermano
che lo sperone roccioso stretto tra i fiumi Kiri e
Bruna ospitava, un tempo, la cittadella illirica e il
palazzo reale; la città vera e propria si sviluppava,
invece, nell’area pianeggiante alla base della col-
lina, che in questi masi è oggetto di una attività di
indagine archeomagnetica preventiva.
Il personaggio più conosciuto dell’epopea degli Il-
liri fu una donna, la regina Teuta. Il fatto di trovare
una donna al vertice della vita politica di una co-
munità non è poi così isolato (basti pensare a Bou-
dicca pr esso i B ritanni o al la s tessa Cl eopatra
d’Egitto), ed è un tratto culturale che gli Illiri con-
dividevano, ad esempio, con i vicini Celti.
Eliano e Varrone insistono nel tratteggiare figure
di donne illiriche piuttosto mascoline: intente a to-
sare la lana, a tagliare la legna, a riparare il tetto
di casa e a condurre i cavalli alle fonte prenden-
dosi cura, al contempo, dei figli; Eliano aggiunge
che, in presenza di ospiti stranieri, esse banchetta-
vano sedute a fianco degli uomini ed erano solite
brindare con tutti gli altri.
Donne di lignaggio regale avevano poi la possibi-
lità di salire al trono alla morte del marito eredi-
tando i beni famigliari, cosa impossibile alle greche
e alle romane.
Teuta, si trovò nella difficile condizione di gestire
la fase di espansionismo romano nel Mediterraneo
nel periodo delle guerre contro Cartagine. Nel III
sec a.C., la tribù illirica settentrionale degli Ardiei
aveva stabilito la capitale a Scutari (Shkodra). Gli
Ardiei, erano abili navigatori e, non a caso, le loro
speciale albania
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