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che l’amore per la tragedia greca e per la comme-

dia aveva fatto breccia anche nel cuore degli Illiri.

Data la conoscenza ancora embrionale che la mag-

gior parte di loro sembra aver avuto della lingua

greca, non si può escludere che le opere teatrali

subissero un adattamento in lingua illirica prima

di essere messe in scena. In ogni caso, il grado di

ellenizzazione delle popolazioni indigene doveva

essere sufficientemente avanzato, perché gli abi-

tanti di Byllis venivano invitati ogni quattro anni a

partecipare ai Giochi Pitici che si tenevano a Delfi,

un privilegio negato ai barbari.

In linea diretta, lungo la strada che, costeggiando

il fiume Aôos conduce a Valona si trova la rocca di

Amantia, città illirica fortificata su un pianoro che

copre una superficie di tredici ettari. Gran par te

dell’area è oggi occupata dal piccolo villaggio di

Ploçë, pertanto gli scavi si sono limitati alla zona

esterna alle mura.

Anche gli abitanti di Aman tia non vollero rinun-

ciare allo stadio, che realizzarono appena fuori le

mura. Il circuito murario del V sec. fu costruito con

blocchi poligonali e rimodellato il secolo succes-

sivo con blocchi squadrati, uniti senza far uso di

calce. Gli Illiri non recepirono con favore le tecni-

che costruttive basate sull’uso del mattone (crudo

o cotto) sperimentate nelle città greche; la cosa fu

notata dai Romani che utilizzarono l’appellativo di

“eacide” per definire la t ecnica di cost ruzione a

secco; Eacide, a dire il vero, era il nome del padre

di Pirro, ma il suo nome fu usato, per metonimia,

per indicare l’intera regione geografica.

Merita, infine, di essere citata la cit tadina di Sa-

randa (l’antica Onchesmos), situata su un bel golfo

che guarda alla vicina isola di Corfù: del suo pas-

sato splendore non rimane molto da vedere e l a

cittadina oggi è conosciuta più per gli ottimi piatti

di pesce che per l’archeologia. Nell’antichità, in-

vece, era lo sbocco sul mare e il porto la cittadella

illirica dei Càoni, Phoinike. Quest’ultima – fondata

su un amp io pianoro alla metà del I V sec a.C. –

venne ad assumere un’importanza sempre mag-

giore, soprattutto dopo essere entrata a far parte

dell’Epiro unificato dal leggendario Pirro.

Phoinike è stata oggetto di scavi e sondaggi ma

l’attività archeologica è ancora ai primi passi; si se-

gnala, tra gli altri, l’importante contributo dell’Uni-

versità di Bol ogna c he h a rece ntemente

festeggiato il suo decennale di ricerche sull’acro-

poli caonia.

4. Pirro, re dell’Epiro

Tutti conoscono il nome di Pirro, proverbiale per il

valore delle imprese condotte ma anche per l’in-

concludenza delle molteplici vittorie conquistate

sul campo.

Pirro apparteneva alla tribù dei Molossi, stanzia-

tasi attorno al IV sec a.C. in Epiro (la ragione a ca-

vallo t ra l’Albania meridionale e l’Ep iro greco). I

Molossi riconoscevano nel proprio lignaggio un’ori-

gine troiana, riconducendo la nascita del loro ca-

postipite, Molosso , all’u nione tr a Neott olemo (il

figlio di Achille) e Andromaca (la vedova di Ettore);

secondo la tradizione, dopo una serie di peripezie,

i due avevano fissato la propria residenza proprio

nella cittadina di Butrinto (nel sud dell’attuale Al-

bania).

Questa versione del mito, non altrove attestata, fu

probabilmente elaborata a tavolino in età classica

su impulso dai sovrani molossi, che desideravano

accrescere il prestigio del proprio casato.

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speciale albania

Veduta del teatro di Byllis