

Il contatto con il mondo greco coloniale fu appa-
rentemente propizio; non solo l’élite, ma anche la
“classe media” iniziò a bere il vino con coppe ioni-
che, attingendolo da grandi crateri; al contempo, la
diffusione degli aryballoi dimostra che i profumi
esotici si erano trasformati in una merce ricercata.
I centri indigeni si organizzarono in unità ammini-
strative federate chiamate koinà che facevano ri-
ferimento a un centro principale, generalmente di
superficie modesta, ma dotato di un’acropoli pro-
tetta da un circuito di mura ciclopiche. L’archeolo-
gia ha ide ntificato dec ine di qu este “ rocche”,
disperse sul territorio albanese ad un altitudine
compresa tra i trecento e mille metri sul livello del
mare: Cassopea, Feniki, Amantia, Lissus, Scutari,
solo per f are qualche esempio. Almeno inizial-
mente, il mondo illirico non sembra infatti aver co-
nosciuto la “ civiltà u rbana” e l a maggior par te
della popolazione v iveva in piccoli villaggi (katà
kòmas).
La grande svolta urbanistica sembra essere avve-
nuta nel IV sec a.C., in concomitanza con l’affer-
marsi sulla scena internazionale di alcuni re illirici
menzionati dagli storici greci. Bardylis – che ebbe
il privilegio di vivere sino a novant’anni nonostante
un’esistenza piuttosto movimentata – fu in grado
di vincolare il re Aminta di Macedonia a un tributo
annuale, tenne testa all’esercito dei Molossi e degli
Spartani, e trovò la morte in un combattimento
contro Filippo II di Macedonia.
Il r apporto t ra Illiri e Ma cedoni f u “ di odio e
amore”: quando Alessandro litigò con il p adre
trovò protezione alla corte del re illirico Pleurias,
ed erano illiriche e di stirpe reale sia la madre di Fi-
lippo II, sia due delle sue mogli, Audata e Olim-
piade (da cui nacque Alessandro); il matrimonio
d’altronde era una strategia normalmente utiliz-
zata nell’antichità per saldare i legami tra popoli
vicini.
I siti illirici scavati sino ad oggi non sono molti, ma
la loro visita è gratificante grazie all’imponenza
della mura e all’ambiente naturale incontaminato
che lascia chiaramente immaginare la grandezza
dei tempi passati. Il percorso tortuoso e scomodo
necessario per raggiungerli è compensato dall’ap-
pagamento visivo offerto dalle ampie vallate per-
corse da fiumi dal colore azzurro intenso e dalla
corona di montagne, spesso innevate.
È il caso di Byllis, uno dei centri illirici meglio sca-
vati e più conosciuti, appoggiato su una sugge-
stiva p iattaforma naturale affacciata sul fiume
Vjosë a circa cinquecento metri sul l ivello de l
mare; la città dista solo trenta chilometri da Apol-
lonia, lungo la via diretta in l’Epiro e in Macedonia.
L’agorà di Byllis non è molto differente da quella di
molte città greche: una piazza di quattro ettari è
circondata su tre lati da una stoà, vi si trovano uno
stadio, un teatro ed edifici pubblici.
C’è anche una grande cisterna in cui si raccoglieva
l’acqua che scendeva dai gradini dello stadio du-
rante i piovaschi. Il teatro poteva contenere sette-
mila spettatori e questo ci può dare un’idea della
consistenza demografica del la c ittà nel suo pe -
riodo di massimo splendore. Non molto lontano, la
cittadina satellite di Klos (forse l’antica Nikaia) di-
spone di un secondo teatro in cui potevano trovare
posto settecento spettatori.
Questa fioritura di edifici di spettacolo dimostra
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speciale albania
Planimetria dell’agorà di Byllis
Ricostruzione della stoà di Byllis