

davvero possibile rispondere in tempo reale…
o… brevissimo. Adesso sarà tutto completa-
mente diverso in quanto la ricerca primaria
potrà essere svolta in primis direttamente
dagli interessati ed eventualmente, solo
quando ci sarà bisogno di informazioni più det-
tagliate piuttosto che di una immagine ad alta
definizione, interverremo direttamente noi. Ma
il nostro augurio è che proprio l’utente che
consulterà il database ci aiuti a correggere gli
errori e le informazioni “datate” che sicura-
mente ci sono e di cui siamo perfettamente
consapevoli.
EM: Una specie di wikipedia egittologica?
Certo, noi siamo ben disposti ad ampliare le no-
tizie sui nostri reperti attraverso le segnala-
zioni di pubblicazioni di cui non siamo a
conoscenza, o di nuovi studi, ma naturalmente
valuteremo attentamente le fonti da cui pro-
verranno i suggerimenti e le relative informa-
zioni. Uno dei punti sui quali ci stiamo
concentrando è proprio l’arricchimento della
bibliografia, infatti in alcuni casi siamo fermi
agli anni ’60!
EM: Il vostro lavoro è durato immagino anni,
ma voi non siete molti qui al Museo, come
avete fatto?
Noi siamo una decina e faticando molto siamo
giunti al traguardo. Il primo passaggio è stato
quello di riversare le schede cartacee su que-
sto database che si chiama Museum Plus. Men-
tre si informatizzavano i dati abbiamo cercato
di correggere gli errori più grossolani presenti
nelle schede. Ogni reperto ha numerose infor-
mazioni: alcune sono riservate e quindi non
sono pubblicate sul sito. Come le ho detto
prima, errori e inesattezze ce ne sono ma uno
dei nostri obiettivi principali è quello della
“standardizzazione” della terminologia che in
ambito egizio, come lei ha ben presente, è dif-
ficile da uniformare. Un termine come pilastro
djed è indicato in numerosi modi dai diversi
studiosi, almeno nel nostro archivio vorremmo
comparisse sempre nella medesima struttura
grafica e fortunatamente la versatilità del soft-
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s p e c i a l e m u s e o e g i z i o d i t o r i n o