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della grande tela funeraria dipinta d’epoca romana, estratta dal pozzo sud della tomba, una pittura a tempe-

ra di ricca tavolozza di colori, ed eccezionale per i temi religiosi e funerari, col defunto frontale, identificato con

Osiri, e avvolto dalle spire del grande serpente dell’eternità. E’ esposto nel museo del Cairo.

E poi Gurna. Ci racconti…

Ho già accennato degli scavi a Gurna prima per Milano e poi, dal 1978, per Pisa. Cominciai la mia carriera in

Egitto come direttore di scavi nel Fayum e altrove; a quel tempo in Egitto una missione archeologica diretta da

una donna era una grande novità e per di più allora ero giovane e non brutta. Ricordo con divertimento che

allora nell’arabo del Fayum non esisteva il vocabolo “direttrice”, ma solo “direttore”, al maschile. Fu creato

proprio per me, creato dalla pratica lessicale quotidiana del gruppo dei miei operai pur di cultura così stretta-

mente maschilista, il titolo di “mudira”, dal maschile “mudir”… Non so se sono stata fortunata o distratta, ma

non ho mai sentito discriminazione nei miei riguardi in quanto donna. Né nella vita lavorativa né in quella

quotidiana. Anzi. Avrete capito che non sono una femminista. Però ho accettato con piacere un premio al fem-

minile, quello nel 2004 di “Firenze donna” per le “Professioni e la ricerca scientifica”. Non voglio entrare nella

polemica antiquata e stucchevole se il cervello femminile sia inferiore o superiore a quello maschile; io credo

che siano eguali o equivalenti in ettogrammi e in possibilità. Comunque, via diciamolo senza finte correttezze,

se una persona è mediocre, resta mediocre che sia uomo o sia donna. Né per essere eccellente basta essere

donna. Voglio ricordare con affetto e anche ammirazione gli operatori della zappa, i miei bravi e onesti operai

egiziani che nelle varie missioni, nei vari luoghi archeologici, spesso lo stesso gruppo in varie decine, sono tor-

nati anno dopo anno, missione dopo missione, gli Ahmed, Mahmud, Mohammed, Fawzi, Mustafa, Sayed etc.

che ad ogni apertura dello scavo ho ritrovato con gioia.

Gli operai di Gurna, a Tebe, sono arrivati a far fabbricare e ad offrirmi a sorpresa, una statuina di fayence, che

mi rappresenta come un faraone (Hatscepsut?) che tiene una stele dove in geroglifici sta il mio nome e l’augurio

di buona vita. Non ho saputo e non ho chiesto chi abbia composto il falso testo geroglifico fatto incidere in una

delle fabbriche tebane di falsi per turisti. Questa mia immagine è il

miglior falso che conosca.

Ma torniamo nel Fayum, più precisamente aMedinet Madi, l’area

archeologica dove forse l’Università di Pisa e lei personalmen-

te, avete speso più energie e che grazie al vostro lavoro, pre-

ceduto dall’attività del Vogliano, è tornata a rivivere. Dal Medio

Regno all’epoca greco-romana, e poi ancora le vestigia di chiese

che possono essere fatte risalire tra il V-VII secolo, per un arco

temporale di due millenni e mezzo. L’occupazione araba. Questa

in estrema sintesi la parabola di un grande centro urbano, ricco

di storia e di tradizione. Può riempire questa scarna linea tem-

porale con le conoscenze acquisite grazie alle attività delle varie

missioni che l’Università di Pisa ha effettuato in quell’area? Nel

2011 è stato inaugurato il primo parco archeologico in Egitto che

unisce il sito di Medinet Madi all’area protetta di Wagi el Rayan

e di Wadi el Hitan. Qual è stato il percorso che ha portato alla

realizzazione del parco e quali le difficoltà affrontate e superate?

Vorrei brevissimamente ricordare le scoperte del 1978 a KomMadi (un

kmdi distanza aerea daMedinet Madi) di cappelle di culto, fra le quali

una decorata con pitture in stile misto egiziano e greco, celebrativo

come sembra di Alessandro Magno; e la scoperta nel 1993 della ne-

cropoli del Medio Regno a Khelua, dove la tomba semi-rupestre del

principe Uage è stata restaurata dalla missione pisana in collabora-

zione con il Consiglio Supremo delle Antichità d’Egitto. Un progetto di

cooperazione affidato all’università di Pisa (a me la direzione scientifi-

ca, all’arch. Antonio Giammarusti quella tecnica) ha riguardato dal

2005 Medinet Madi che era, come ho detto ampiamente prima, con-

Statuetta in faience rappresentante Edda Bresciani come

faraone, omaggio degli operai di Gurna alla loro “mudira”, che

contiene il suo nome e l’augurio di una buona vita.