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Archeologo
” di Felice Bernabei, Roma 1991, p. 160). Alla
morte di Barracco, la collezione era arrivata a
comprendere oltre 380 pezzi! Non avendo eredi diretti
(non si era mai sposato e non aveva figli), nel 1902, con
un gesto di grande liberalità, Barracco decise di donare
l’intera collezione di sculture al Comune di Roma, che gli
conferì per questo la cittadinanza onoraria e gli mise a
disposizione un’area fabbricabile alla fine di corso
VittorioEmanueleII,dovelastradasfociasulLungotevere,
per realizzare un’adeguata sede museale. Su questo
terreno Barracco fece costruire un piccolo edificio
neoclassico con la facciata disegnata, secondo la moda
dell’epoca, come un tempietto ionico (Foto 4). Purtroppo
il piano regolatore del 1931, e le modifiche da esso
apportate all’assetto urbanistico della città, decretarono
la necessità di demolire l’edificio costruito solo pochi
decenni prima. Leoperedellacollezione furonotrasferite
nei magazzini dei Musei Capitolini fino a che, nel 1948,
la raccolta fu definitivamente sistemata nell’attuale sede
della cosiddetta “Farnesina ai Baullari”, in Corso Vittorio
Emanuele II. Acquistato dal Comune di Roma alla fine
dell’Ottocento, questo palazzetto era stato costruito, tra
il 1520 e il 1523, per il prelato bretone Thomas le Roy,
giunto a Roma nel 1494 al seguito di Carlo VIII e attivo
nella curia romana sotto vari pontificati. Nel corso delle
grandi trasformazioni urbanistiche per la creazione
dell’asse di corso Vittorio Emanuele II (1886-1900),
l’edificio subì importanti modificazioni. Demoliti i palazzi
adiacenti, che occupavano la sede prevista per la nuova
strada, fu necessario ricostruire, con un nuovo corpo di
fabbrica, tutto il fronte prospiciente corso Vittorio.
L’edificio, liberato dalle sopraelevazioni che vi erano
state aggiunte, fu restaurato e integrato con una nuova
facciata, costruita nello stesso stile, e arricchito con
l’aggiunta dell’attuale gradinata di ingresso sul lato verso
piazza dei Baullari. (Foto 5) Ed eccoci tornati qui, nel
cortile del palazzetto, alla fine della scala, dove il busto
di Barracco sembra invitarci a seguirlo nel “suo” museo.
“
Ho constatato che non era più possibile studiare a fondo
l’arte greca senza tenere conto delle correnti d’arte più
antiche che le hanno dato il primo impulso. Ho quindi
immesso nella mia collezione qualche esemplare istruttivo
di scultura egiziana, assira e cipriota. Profittando delle
circostanze favorevoli ho potuto formare un piccolo museo
di scultura antica comparata
”. Così lo stesso barone
enunciava i criteri che avevano guidato la formazione
della sua raccolta e ne riassumeva i contenuti (dal primo
“Catalogo del Museo di Scultura Antica”, 1893). A questo
punto non ci resta che godere della sua impresa
collezionistica, attraverso le nove sale del Museo che la
ospitano, distribuite su tre piani, secondo un criterio
cronologico.
Le prime due sale sono dedicate all’arte egizia, con ma-
teriali provenienti da alcune aste parigine e da scavi
effettuati direttamente in Egitto. Le opere vanno dalle
testimonianze delle prime dinastie a quelle dell’età tole-
maica. All’inizio del percorso la vostra attenzione sarà
catturata dalla
Stele di Nofer
(IV dinastia 2575-2465 a.C.),
Foto 3
Foto 4
Foto 5