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12). Molto probabilmente i due protagonisti sono una
madre con il proprio figlio, durante lo svolgimento di
alcune celebrazioni cultuali. Proviene da Amatunte,
nell’isola di Cipro, ed è datato al V sec. a.C..
Lasciati ormai alle vostre spalle gli albori della storia
dell’arte, salite al secondo piano, dove troverete ad at-
tendervi le meraviglie artistiche dell’arte greca e ro-
mana, anticipate e introdotte, nel corridoio, da un bel-
lissimo
Hermes Kriophoros
(portatore di ariete) (Foto
13). In questo esemplare, di epoca romana, si può
forse riconoscere un originale di Kalamis, uno degli
artisti greci più importanti del periodo severo (V sec.
a.C.). La Sala V vi accoglierà ora con un’impressionante
galleria di capolavori della scultura greca di età severa
e classica (V sec. a.C.). Opere originali e pregevoli copie
di età romana, si affolleranno intorno a voi. C’è il busto
del
Sileno Marsia
, copia romana (II sec. d.C.) dall’origi-
nale di Mirone, e dietro di lui un
frammento del Disco-
bolo
(Foto 14); la testa apollinea (tipo Kassel), replica di
epoca flavia (I sec. d.C.) dell’originale bronzeo raffigu-
rante
Apollo Parnopios
(cosiddetto per aver salvato
Atene da una invasione di cavallette), riferibile al pe‑
riodo iniziale dell’attività di Fidia. E poi c’è Policleto,
rappresentato da una serie di copie di età romana. Al
centro della sala domina una Statua di efebo, raffigu-
rante un giovane atleta stante, colto nell’atto di siste-
marsi una corona sulla testa (Foto 15), nel quale alcuni
studiosi riconoscono la replica della scultura in bron-
zo dedicata ad Olimpia al pugile Kyniskos, la cui at-
tribuzione a Policleto è certa. E vogliamo parlare della
sensualità della bocca della replica romana dell’
Her-
mes
di Naukydes?! (Foto 16) Antica e lontana è anche
la storia del rilievo con le
Menadi danzanti
, seguaci del
dio Dioniso, opera di età romana ispirata a modelli
greci del V sec. a.C. (Foto 17) Le menadi hanno appe-
na compiuto il sacrificio iniziatico che permette di
unirsi al dio, bevendo il sangue delle vittime. Il marmo
le immortala mentre danzano, scomposte e allo stes-
so tempo eleganti, tenendo ancora in mano i resti
degli animali uccisi.
Se avete portato con voi gli occhiali forse questo è il
momento di “inforcarli”. Siete giunti alle opere di età
ellenistica, tra cui spicca la rappresentazione della
Cagna ferita, replica in marmo pentelico di un origina-
le bronzeo di Lisippo (IV sec. a.C) (Foto 18). Gli occhiali
vi serviranno per leggere la firma del copista romano,
Sopatro, indicata con tre lettere sulla base dell’opera.
All’epoca di Plinio il Vecchio (I sec. d.C.), l’originale si
trovava ancora esposto presso il tempio di Giove
Capitolino, a Roma. Colta nell’istante in cui, colpita, si
lecca le ferite, la sua bellezza veristica era tale che i
custodi ne avrebbero risposto con la vita per ogni
eventuale danno. Vi sono poi le opere di epoca roma-
na. Ipnotizza la grazia del ritratto paffuto di un giovane
della famiglia giulio-claudia, scoperto nella Villa di Livia
(
ad gallinas albas
a Prima Porta) (Foto 19). Mentre l’ar-
te provinciale è presente con tre lastre (III sec. d.C.)
Foto 10
Foto 11
Foto 9