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serie di scaramucce, facendo tutti i preparativi necessari per sostenere

un assedio e contando nell'aiuto dei Persiani, che non giungerà mai.

Aureliano scrisse una missiva a Zenobia (riportata nella «Historia Au-

gusta») offrendole una resa molto vantaggiosa «….ti prometto che

vivrai, Zenobia; tu e la tua famiglia potrete vivere nel palazzo che chie-

derò al nostro riverito Senato di concederti. In cambio, dovrai

consegnare i gioielli, l’argento, l’oro, le vesti di seta, i cavalli ed i cammel-

li all’erario di Roma. I diritti della popolazione di Palmira saranno rispet-

tati». La regina, inaspettatamente, non volle aderire alla proposta

dell’imperatore romano, rifiutandola in maniera sprezzante ed obbli-

gando Aureliano ad assediare Palmira. Lo stesso dovette confrontarsi

con le tribù del deserto che furono vinte, o con le armi, o col denaro

(diverse tribù si accaparrarono il lucroso compito di fornire le

vettovaglie all'esercito imperiale). A questo punto Zenobia (foto n. 3) ed

il figlio, Vaballato, sperando nell’aiuto dei Persiani, si allontanarono da

Palmira grazie ad alcuni dromedari, ma vennero sorpresi ed impri-

gionati dalla cavalleria romana, nel tentativo di attraversare l'Eufrate.

Zenobia e Vaballato, dopo la cattura vennero condotti a Palmira, che

nel frattempo aveva aperto le porte ad Aureliano, senza che l'oasi e la

città patissero violenze di alcun genere. Successivamente la sovrana ed

i suoi fedelissimi raggiunsero in catene Emesa per essere processati.

Le truppe di Aureliano desideravano che la donna fosse uccisa, mentre

Zenobia chiese all’imperatore che avesse salva la vita. La stessa con un

comportamento vergognoso accusò i propri consiglieri, ed in partico-

lare il filosofo Longino, di averla sobillata contro i Romani. L’imperatore

romano fece uccidere tutti coloro che avevano appoggiato Zenobia

nella rivolta, ma la stessa ebbe salva la vita. La regina, però, venne

mostrata in ogni città che Aureliano raggiunse per tornare in Occidente

e, stando a quanto raccontato dallo storico bizantino Zosimo, suo figlio

perì durante il viaggio verso Roma. Il comportamento dell’imperatore

non era dettato dalla vendetta, ma dal momento che la sovrana era

divenuta una figura straordinaria e carismatica per distruggere il suo

culto la cosa migliore era di evidenziare come la fantomatica donna

fosse solamente una semplice prigioniera di Roma.

Pertanto le pretese di Zenobia non produssero nulla di buono per

Palmira. I Romani permisero che i Palmireni controllassero parte delle

province orientali dell’impero fino al momento in cui non avrebbero

avuto nuovamente degli eserciti in grado di riprenderne il controllo.

La situazione precipitò quando la regina, conquistando l’Egitto, da infi-

da alleata era divenuta apertamente ribelle. Ma quale fu la sorte di

Zenobia? Le fonti storiche più accreditate narrano che fu

mostrata a Roma al trionfo di Aureliano in catene d’oro

così massicce da necessitare di alcuni schiavi che la soste-

nessero in piedi. Per i Romani i prigionieri, che partecipa-

vano al trionfo di un generale o imperatore romano, erano

custoditi nel carcere romano nei pressi del Foro e qui ucci-

si. Invece la sovrana poté risiedere in una casa vicino alla

celebre villa di Adriano. Si racconta che successivamente

sia divenuta moglie di un senatore, vivendo come una

nobile romana di campagna. L’imperatore preferì rispar‑

miarla per motivi politici. Aureliano sapeva bene quante

simpatie Zenobia riscuotesse ancora in Oriente ed era

molto più probabile che i popoli dell’Oriente romano si ri-

bellassero a motivo dell’omicidio della regina piuttosto che

sapendola maritata e residente a Tivoli, conducendo una

vita da nobildonna romana.

Giampiero

Lovelli

Storico, studioso di Storia antica ed alto-

medievale da numerosi anni. Grazie alle

sue ricerche ha potuto creare una biblio-

teca di notevoli dimensioni. Ha pubblica-

to molteplici articoli su riviste e blog, pro-

seguendo nello studio delle fonti storiche

antiche ed altomedievali...

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Zenobia in catene / scultura di Harriet Hosmer / 1859

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