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“Ma questa roba è un sapere fatuo, arricchisce poco la conoscenza”.

Ci ho pensato su qualche secondo, prima di rispon dere a questa affermazione . Quando si è

particolarmente coinvolti in un progetto, l’obiettività può venir meno; un osservatore esterno

può essere portatore sano di “ragione”. Ci ho pensato su qualche secondo prima di rispondere.

Sono anni (ormai decenni e decenni con l’avanzare dell’età anagrafica) che studio le civiltà an-

tiche e mi documento costantemente sulle ultime scoperte o teorie interpretative; nonostante

le tante e nuove informazioni, la mia personale comprensione rimaneva sempre la st essa o

magari stava scemando l’entusiasmo che non deve mai mancare a un appassionato (che ha tra-

sformato la sua passione in lavoro). O magari non sono portato!

Ci ho pensato qualche secondo, prima di rispondere.

Però, c’è sempre un però, da quando ho iniziato a spostare la mia attenzione sulle “semplici”

abitudini alimentari delle antiche civiltà, qualcosa è cambiato!

Ho risposto: “Sarà pur vero, ma qualcosa nella mia conoscenza è cambiato e alle persone in-

teressa approfondire il discorso”.

Di cosa sto scrivendo o cosa sto “difendendo”? Il mio personalissimo progetto di ricerca ar-

cheologica dal nome molto divulgativo di: Archeoricette.

Archeologico? In fondo ricostruisco solo ricette, ma dietro una ricetta c’è una civiltà che l’ha

prodotta. Il cibo è a tutti gli effetti un manufatto, materia ch e ha subito una manipolazione,

anche solo con la raccolta. L’alimento è al centro di un processo complesso che si realizza con

molteplici azioni: conservazione, stoccaggio, trasporto, t rasformazione, consumo e smercio,

per citarne alcune. Il cibo è cultura materiale. Indagare sugli alimenti del passato presenta al-

cune difficoltà: il cibo è un prodotto che viene consumato e ne rimangono poche tracce mate-

riali; la situazione, pe rò, è bilan ciata d alla m ole im portante di documenti rigu ardanti

l’alimentazione e i riti ad essa connessi. Tutto l’indotto da indagare è enorme e meraviglioso.

[Approccio metodologico I] Mi reputo un archeologo e ho addirittura una qualifica (attenzione

ho usato qualifica e non titolo) come archeologo. Per me l ’archeologo non è uno storico del-

l’arte o uno storico o un filologo, ma è lo studioso del dato materiale: ha un oggetto davanti e

questo oggetto deve essere in prima battuta descritto (e non interpretato), riconosciuto, con-

testualizzato e analizzato. Come studioso del dato materiale, fortemente appassionato di ar-

cheologia stratigrafica e di archeologia della produzione, ho inteso l’archeologia come metodo

d’indagine applicata al cibo e a lle abitudini alimentari delle civiltà del passato. L’archeologia

stratigrafica individua i rapporti tra gli strati e definisce la loro relazione; l’alimento è come uno

strato: da solo poco indicativo ma affascinante se contestualizzato, non solo dal punto di vista

delle coordinate cronologiche ma anche di quelle geografiche. Con Archeoricette spazio nello

studio delle abitudini alimentari di civiltà diverse perché creare un quadro sinottico è altret-

tanto fondamentale, ma il mio debole nei confronti degli antichi Egizi è sempre forte, e come

anticipato, qualcosa è cambiato in meglio: nuovo entusiasmo.

Molte volte mi sono imbattuto nella rappresentazione parietarie che avevano come oggetto il

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archeoricette

l’uomo

con lo spiedo

e il ventaglio

di Generoso Urcioli