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speciale deir el-medina

questa simbologia parrebbe rifarsi al capitolo

I del Libro dei Morti, nel quale si legge: “Inizio

dei capitoli dell’uscire di giorno, della celebra-

zione e glorificazione, dell’uscire e calare

nella necropoli. E’ una cosa utile nel bell’Occi-

dente, che si dice il giorno del seppellimento,

dell’entrare dopo l’uscire……

17

”. Per assicu-

rarsi la benevolenza degli dei, numerosi inni

erano scritti s ulle pareti. La costruzione d i

una tomba richiedeva numerosissima mano-

dopera

18

: oggigiorno siamo a conoscenza

delle tecniche costruttive grazie alle sepol-

ture reali ed ai progetti

19

pervenutici che te-

stimoniano, tra l’altro, l’eccezionale maestria

raggiunta dagli egizi del tempo. C onfron-

tando infatti il progetto su papiro con l’effet-

tiva esecuzione della tomba scopriamo che

questa si discosta di pochissimo dalla plani-

metria prevista. Pur non essendocene perve-

nuti è praticamente certo che anche per le

tombe pr ivate es istessero progetti similari.

Quasi tutte le tombe tebane, come quelle di

Pa demi, presentavano vivaci colori: essendo

l’egizio molto legato alle simbologie, ogni co-

lore aveva un di verso significato. Il nero è il

colore della terra bagnata dal limo del Nilo e

del mondo dell’oltretomba: Osiride è spesso

ritratto con la pelle nera. Il bianco è il simbolo

della purezza: ne lle p itture e rano i nfatti g li

stranieri ad indossare abiti dai molteplici co-

lori. Invece il rosso è utilizzato per rappresen-

tare la cattiva sorte e la paura più profonda:

il deserto è di questo colore. A volte il simbolo

del Basso Egitto, la corona rossa, viene raffi-

gurato dipinto di verde, per evitare che il co-

lore rosso possa nuocere al defunto. Il verde

simboleggia la rinascita: Osiride è spesso raf-

figurato così. Il blu è il colore del dio Amon: di

tale colore s pesso sono parrucche e barbe

delle divinità. Il giallo è il colore dell’immor-

talità. Per convenzione, nelle pitture, l’uomo è

ritratto di colore scuro, mentre la donna di co-

lore chiaro: ques to perché l’uomo opera al-

l’aria aperta, inv ece la d onna, e ssendo l a

signora della casa

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si occupa delle faccende

domestiche. Le raffigurazioni tombali subi-

rono profondi cambiamenti, seguendo il va-

riare de lla s ocietà. Nell’epoca r amesside,

epoca che ci ha offerto il maggior numero di

ipogei, diminuiscono le scene di vita quoti-

diana a vantaggio di quelle legate all’aspetto

funerario. Nell’uomo egizio, infatti, si è instau-

rato un certo timore della morte, come si può

rilevare d alla co mparsa s ulle pa reti de lle

tombe di formule magiche tratte dal Libro dei

Morti. Si assiste ad un certo ritorno ai temi

dell’Antico Regno, anticipando in parte la di-

nastia XXVI: nelle iscrizioni tombali si esclu-

dono tut ti i s egni c he po trebbero a rrecare

danni al defunto e ciò vale anche per quanto

riguarda i faraoni. Il sovrano Sethi, nello scri-

vere il proprio nome, non utilizza il pericoloso

animale che rappresenta Seth, ma un animale

innocuo. Il malvagio serpente Apopi viene

raffigurato con pugnali conficcati nel corpo,

come nella già citata tomba dell’operaio In-

herkha (TT359), per impedirgli di nuocere in

alcun modo.

Gli ipogei degli operai sono situati su una col-

lina nel lato meridionale del villaggio. Le

tombe e rano d i pr oprietà deg li a bitanti e ,

come le abitazioni, potevano essere oggetto

di eredità e di vendita; nessun ipogeo o sup-

pellettile risulta essere un dono del faraone

salvo poche eccezioni. Tra queste l a tomba

TT8, appartenuta al sovrintendente dei lavori

Kha, rinvenuta intatta nel 1 906 da Ernesto

Schiaparelli e i cui reperti costituiscono una

delle più importanti sezioni del Museo Egizio

di Torino.

Ben presto la collina utilizzata per le sepol-

ture divenne interamente costellata di ipogei:

ciò causò la costruzione di alcune tombe

dalla forma inconsueta allo scopo di evitarne

altre precedenti. Il numero crescente di sepol-

ture contribuì a far nascere la piaga dei furti

al loro interno, perché le operazioni di con-

trollo si facevano sempre pi ù c omplesse.

Spesso a ccadeva che dur ante i la vori le

tombe venissero casualmente riaperte: nel

caso non risultasse nessuna sepoltura al suo

interno, ne diventava proprietario colui che

l’aveva aperta. Dalla lettura di ostraka e papiri

apprendiamo di una vera e propria “lotta” per

accaparrarsi tombe vuote: è divertente imma-

ginare ad esempio Pabak, probabilmente un

operaio, introdursi nella tomba con estrema

circospezione alla debole luce di una torcia,

17 ”Testi religiosi egizi”, a cura di S. Donadoni, pg. 155.

18 Nel prossimo numero si tratterà delle tecniche costrut-

tive e della manodopera utilizzata.

19 Uno di questi, in duplice copia, è esposto nel Museo

Egizio di Torino: si tratta della tomba di Ramesse IV.

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