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Sennedjem.
Siccome era consuetudine d’estate passare la notte
sul terrazzo, i soffitti dovevano essere particolar-
mente robusti. Si utilizzava a questo scopo il legno
della palma da dattero, ma anche il carrubo, la persea
ed il tamarisco con i tronchi allineati molto vicini gli
uni agli altri con sopra di loro stesi rami e giunchi d’al-
bero ricoperti di uno spesso strato di limo. Ovvia-
mente ad intervalli regolari giunchi e rami erano
sostituiti: una sorta di lavoro di ristrutturazione della
casa! Le scale per accedere al terrazzo erano ottima-
mente realizzate e comode da utilizzare: ne sono ri-
masti alcuni esempi ancora percorribili. Infine tutte
le abitazioni disponevano di porte d’ingresso, co-
struite in legno di sicomoro o di palma (dum, dattero
o normale). I più benestanti utilizzavano invece il
cedro del Libano, legno d’importazione e quindi più
costoso. Un semplice chiavistello di legno in acacia o
in ebano più duro fungeva da serratura.
Nella comunità operaia vivevano persone di diffe-
renti gradi, dai capisquadra ai normali operai. Le abi-
tazioni non rispecchiavano però questa differenza di
status: ad esempio la casa di Sennedjem
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, un sem-
plice operaio, risulta più grande rispetto a quelle di
persone a lui superiori. Sicuramente allora come oggi
possedere un’abitazione molto accogliente era un
vanto.
Grazie ai testi geroglifici scritti sulle architravi delle
porte d’ingresso e sui basamenti delle colonne pre-
senti nella sala del “divano” oggi siamo in grado di
conoscere il nome di alcuni proprietari di case.
Nell’immagine sono indicati alcuni proprietari il cui
nome è certo: le varie case sono evidenziate utiliz-
zando le lettere dalla A alla Q.
A: Uennakht;
B: Arinefer;
s p e c i a l e d e i r e l - m e d i n a
del divano (foto A. Rolle).
13. Proprietari di case del villaggio
28
.
27 Di questa casa parleremo insieme alla tomba, la TT1.
28 Da “Il faraone trionfante. Ramsess II e il suo tempo”, pg.
264. Kitchen