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s p e c i a l e d e i r e l - m e d i n a
La casa presentava le pareti decorate con affreschi o
quantomeno intonacate ed i colori maggiormente uti-
lizzati per colonne, bordi di finestre e porte erano l’az-
zurro ed il giallo. Ancora oggi fortunatamente qualche
traccia di ciò è ancora visibile, opportunamente pro-
tetta con pannelli lignei dai raggi del sole, sulla falsariga
di quanto succede per i resti del palazzo di Malqata. Un
esempio di ciò che dovevano essere le abitazioni del vil-
laggio è visibile nella foto 9, che riproduce una decora-
zione trovata in una sala del letto chiuso raffigurante la
parte inferiore di una danzatrice.
Taluni di questi dipinti sono stati oggetto di studio,
come il frammento rinvenuto nel corso degli scavi effet-
tuati tra il 1921 ed il 1922 da Bernard Bruyère, per l’Isti-
tuto francese. Purtroppo è ignoto il proprietario
dell’abitazione, non essendo stato ritrovato il suo nome.
Di questa pittura ci è pervenuta solo la parte inferiore,
consistente nei piedi di quattro personaggi e nel basa-
mento di due colonne.
Dai raffronti iconografici si è riusciti a ricostruire la
scena: due colonne papiriformi reggono un pergolato
di vegetali rampicanti sui cui rami sono presenti foglie
verde scuro e bacche color rosso vivo. All’ombra di
questo pergolato vi sono quattro donne ed un in-
fante: la donna al centro, sicuramente il personaggio
principale, è seduta su una seggiola dal disegno par-
ticolarmente complicato che sembra essere la stiliz-
zazione di un tronco di palma. Questa donna, dalla
carnagione chiara, è un’egiziana: non indossa alcun
vestito, ma ai suoi piedi, che poggiano su un cuscino
a larghe righe verticali di due tonalità, vi sono delle
cavigliere con anelli d’oro. Dietro di lei c’è, in piedi,
una donna di colore e davanti altre due donne, una
dalla pelle color zafferano e l’altra pallida. Sono tutte
raffigurate nude, con bracciali d’oro, e sembrano
delle servitrici della donna seduta. La ricostruzione
grafica della scena è quindi la seguente:
Un ostrakon ritrovato nel villaggio, ed ora esposto al
British Museum col numero di catalogo 8506, ri-
porta la medesima scena: l’egittologo S. Birch
24
lo
data al periodo amarniano. E’ dunque ragionevole
pensare che anche il frammento di pittura sia da da-
tare pressappoco a quel periodo: in effetti lo stile ri-
corda molto da vicino la scuola amarniana. Dagli
studi eseguiti si può ricostruire il significato dell’in-
tera scena: la dea Hathor seduta su un tronco di
palma che la ricongiunge alla terra, come Nut sul si-
comoro, è intenta a nutrire con il suo latte, che dona
una seconda vita, suo figlio Horus che impersona la
rinascita dei defunti nell’aldilà. Le tre servitrici che
si prendono cura della divinità rappresentano le
razze umane. Le due colonne che sorreggono il per-
21 Da “Gli artisti del faraone”, catalogo Electa, pg. 32.
22 Da “BIFAO 22”, pg.121-133. Bernard Bruyère.
23 Da “BIFAO 22”, pg.121-133. Bernard Bruyère.
24 Samuel Birch (Londra 1813-1885). Direttore dal 1861 delle
collezioni orientali, medievali, etnografiche del British Mu-
seum. Fondò nel 1870)la Society of biblical archaeology.
Orientalista, si dedicò soprattutto all'egittologia pubblicando
vari papiri delle collezioni di Londra, traduzioni di testi assiri
ed egiziani, un'introduzione allo studio dei geroglifici, dando
impulso alla lettura dell'ieratico.
9. Parte inferiore di una danzatrice
21
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10. Frammento di pittura rinvenuto nel 1911-1912
22
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11. Ricostruzione della scena
23
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