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golato sono emblemi dell’eterna giovinezza. La dea

Hathor, essendo la signora dell’Occidente, è rivolta ad

Est per ricevere i defunti provenienti da Oriente.

Deir el-Medina venne fondata sul letto di un fiume

ormai prosciugato: per questo motivo le murature

delle abitazioni più antiche, sia portanti che sempli-

cemente divisorie, vennero costruite utilizzando il

mattone crudo con l’ausilio di poche pietre. In se-

guito, necessitando di maggior robustezza, si passò

all’utilizzo della pietra. I mattoni crudi venivano creati

pressando un impasto di argilla e paglia tritata, me-

diante l’utilizzo di stampi in legno a forma di paralle-

lepipedo. Su tali mattoni generalmente veniva

stampigliato il cartiglio del faraone, permettendoci

così di risalire al periodo di costruzione della casa:

sono stati in tal modo recuperati mattoni recanti i

nomi di Thutmosi I, III, IV, Amenhotep III, Akhenaton

e di Ramesse I (faraone questo che regnò poco più di

un anno). In due soli casi sinora sono stati trovati i

nomi di due operai: Baki ed Aamak. Nei secoli di vita

del villaggio le dimensioni dei mattoni subirono delle

modifiche: all’inizio misuravano da 35 a 40 centime-

tri di lunghezza, tra i 15 ed i 20 di larghezza con uno

spessore di 11-12 centimetri; durante il periodo rames-

side le dimensioni divennero più piccole. Mentre nel

primo periodo il mattone si costruiva con l’utilizzo

soltanto dell’argilla, verso il termine del ciclo di vita

del villaggio venne aggiunta anche una percentuale

di sabbia, rendendo di fatto il mattone più fragile. Da

segnalare l’utilizzo, per i soffitti a volta, di mattoni a

forma non più di parallelepipedo, ma ad arco e, per i

sovrapporta, di un mattone a forma di gola. I muri

portanti, realizzati in mattoni crudi, raggiungevano

uno spessore di 40 centimetri circa. Per unire i mat-

toni veniva utilizzato l’impasto stesso di limo dei mat-

toni, con l’inserimento di giunchi per rendere il tutto

più stabile. La figura dell’architetto era ovviamente

molto importante: nel museo di Luxor è presente un

magnifico esempio di progetto di casa, anche se in

questo caso della sponda orientale. Per le misura-

zioni si utilizzava il cubito, lungo all’incirca 52 centi-

metri: l’architetto Kha, ad esempio, ne aveva una

pieghevole, esposto nel Museo Egizio di Torino. Veni-

vano utilizzati inoltre il filo a piombo e la livella. Per

la malta invece si usavano le mani nude ed ancor

oggi sono visibili le impronte lasciate dagli antichi

operai. Con il passare del tempo la pietra sostituì il

mattone il cui utilizzo fu limitato alle pareti divisorie.

L’utilizzo della pietra provocò, per ragioni di stabilità,

un aumento sino anche a 50 centimetri dello spes-

sore dei muri. Tra una pietra e l’atra spesso rimane-

vano degli spazi vuoti che venivano riempiti con

schegge di calcare e persino ostraca. Le case rag-

giungevano un’altezza di 2,5 metri con in genere la

stanza del “divano” più alta. Per intonacare i muri

delle abitazioni la tecnica era la stessa utilizzata per

le tombe: dapprima si incollava alle pareti un impasto

di limo nilotico aggiungendovi della paglia e, a volte,

della sabbia

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proveniente da torrenti ormai in secca.

In seguito su questo intonaco era spalmato un sottile

strato di gesso. Infine era la volta della pittura vera e

propria della quale però sono rimaste poche tracce.

I pavimenti erano realizzati in terra battuta e, quasi

sempre, non erano allo stesso livello tra una stanza e

l’altra. E’ stato rinvenuto un pavimento stuccato e di-

pinto in rosso e bianco: si tratta di quello della sala

del “divano” del “servitore della Sede della Verità”

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s p e c i a l e d e i r e l - m e d i n a

12. Casa del servitore della Verità Sennedjem: in primo piano la sala

25 Tale sabbia disponeva di straordinarie qualità di coesione e

raggiungeva una notevole durezza.

26 In uno dei prossimi articoli verranno descritte cariche e qua-

lifiche degli operai del villaggio.