

Graziani (1882-1955), per un’estrema ferocia e crudeltà,
culminata nell’esecuzione dei vescovi Petros e Mika’el e
nel gratuito massacro di circa 1600 tra monaci e pelle-
grini del Dabra Libanos (19 maggio 1937), quale rappre-
saglia all’attentato da lui subito il 19 febbraio 1937 (12
yekatit
1929, giorno ancor oggi dedicato al ricordo dei
Martiri della Nazione
).
Hayla Sellasse tornò al potere nel 1941, ma la sua ten-
denza a concentrare nelle proprie mani il potere e il
modo in cui tolse l’autonomia di cui godeva all’Eritrea,
che venne inglobata come quattordicesima provincia
dell’impero, favorirono il sorgere di una forte opposi-
zione militare, culminata, dopo un fallito tentativo di
colpo di stato, nella deposizione dell’imperatore e nella
sua incarcerazione (1974). Il potere venne preso da un
comitato militare (
Derg
), che espresse come proprio
capo il colonnello Menghistu Hayla Maryam (1938 -): la
monarchia venne abolita – il negus fu soffocato in pri-
gione – e l’Etiopia divenne uno stato socialista: nel 1976
fu proclamata la Repubblica popolare, con un regime di
stampo marxista-leninista, sostenuta dall’Unione Sovie-
tica. Il Cristianesimo cessò di essere religione di Stato,
il quale divenne pluriconfessionale. La religione venne
relegata alla sfera privata e i Musulmani del Paese recla-
marono l’uguaglianza completa coi Cristiani, ottenendo
che la grande festività dello
‘id al-Adha
, “la festa del sa-
crificio”, venisse riconosciuta come giorno festivo in
tutta la nazione. Le banche e le compagnie di assicura-
zione vennero nazionalizzate, come pure le proprietà
della Chiesa. Fu promulgata una riforma agraria, che si
ridusse all’instaurazione di un’agricoltura collettivizzata
di tipo comunista: lo spostamento forzato all’interno del
Paese di centinaia di migliaia di persone produsse l’ab-
bandono dei campi e gravissime carestie. Queste, uni-
tamente alle pressioni dei guerriglieri eritrei e tigrini,
crearono un malcontento popolare e portarono al crollo
del regime di Menghistu (1991) e alla proclamazione
della Repubblica.
L’autocefalia della Chiesa etiopica
Torniamo un attimo indietro e vediamo l’evoluzione
della struttura della Chiesa etiope nell’ultimo secolo. Da
tempi antichi i vescovi d’Etiopia erano nominati dal pa-
triarca copto. In tempi recenti, alla fine del XIX secolo, la
Chiesa d’Etiopia cominciò a chiedere un’autonomia
maggiore e l’elezione di vescovi etiopi indigeni si veri-
ficò per la prima volta all’inizio del XX secolo. Alla morte
dell’Abuna Matewos (4 dicembre 1926), gli Etiopi accet-
tarono che il nuovo Abuna, Cirillo III (1929-1937, 1942-
1950), venisse scelto ancora tra il clero egiziano, ma, su
pressione di ras Tafarri Makonnen, esigettero l’ordina-
zione episcopale di cinque monaci etiopici, così da pos-
sedere un embrione di gerarchia nazionale: essi,
consacrati al Cairo il 2 giugno 1929 dal patriarca copto
Giovanni XIX (1928-1942), furono i primi Etiopi a essere
investiti dell’autorità episcopale. Durante l’occupazione
dell’Etiopia, il governo italiano cercò di rompere il le-
game di vassallaggio della Chiesa etiope nei riguardi di
quella Copta. L’Abuna Cirillo III giurò fedeltà al nuovo
governo (16 luglio 1936) ma, quando venne inviato a
Roma e in Egitto per regolarizzare la situazione, non
fece più ritorno ad Addis Ababa. Il 29 novembre 1937 le
autorità italiane nominarono così un nuovo metropolita
nella persona dell’Abuna Abramo (1937-1939), come pa-
triarca della Chiesa Etiopica resa autocefala, il quale
procedette alla consacrazione di tre altri vescovi etiopi.
La risposta della Chiesa Copta egiziana non si fece at-
tendere: il 28 dicembre 1937 il Santo Sinodo lanciò la
scomunica contro l’Abuna Abramo, contro i vescovi da
lui ordinati e contro tutti coloro che avrebbero ricono-
sciuto la loro giurisdizione. Al termine della guerra, nel
1941, il negus Hayla Sellasse prendeva contatti col pa-
triarcato copto per ristabilire la Chiesa d’Etiopia, sulla
base però delle idee di indipendenza che si erano ac-
centuate durante l’occupazione italiana. Il 1° giugno
1942 l’Abuna Cirillo poteva così far rientro ad Addis
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s p e c i a l e e t i o p i a
Adua