

ecclesiastica. Il re Susenyos manifestò apertamente la
sua simpatia crescente verso i cattolici, scrivendo anche
lettere ossequiose al pontefice di Roma, proibendo l’os-
servanza del sabato e consentendo agli Etiopi il passag-
gio al cattolicesimo. Infine, nel 1622, pochi mesi prima
della morte del Paes, giurò fedeltà a Roma, abbrac-
ciando personalmente il cattolicesimo. L’opera del Paes
venne però rovinata dall’agire impetuoso e irrispettoso
di Alfonso Mendez, il patriarca cattolico inviato da Roma
(1622-1632). Costui assoggettò la Chiesa etiopica a
un’estesa latinizzazione e richiese al sovrano che impo-
nesse con la forza ai sudditi la nuova fede. La reazione
popolare non si fece attendere e alla fine Susenyos, per
riportare pace nel martoriato Paese, si vide costretto a
restaurare la libertà di culto, ripristinando gli antichi riti,
secondo la liturgia alessandrina. Nel 1632 Susenyos si
dimise, lasciando il trono al figlio Fasiladas (1632-1667),
che nel 1636 decretò l’espulsione dei missionari latini.
Per circa due secoli, l’impero del Prete Gianni – sopran-
nome col quale era allora conosciuto in Europa il negus
d’Etiopia - tornò ad essere una terra chiusa per l’Occi-
dente, formalmente tagliata fuori dall’Europa cristiana,
pervasa da un profondo sospetto nei riguardi degli Euro-
pei. L’isolamento nel quale l’Etiopia così si condannava
avrebbe provocato una regressione religiosa, con la
Chiesa sempre più coinvolta in diatribe religiose, e inten-
sificato i sentimenti di xenofobia e l’orgoglio nazionale
degli abissini; esso avrebbe, tuttavia, facilitato enorme-
mente anche la diffusione dell’Islam, la cui semplicità di
dottrina, rispetto alla litigiosità che caratterizzava i fe-
deli del Cristianesimo, non poteva non avere un effetto
positivo sui popoli ancora pagani, in particolare gli
Oromo.
Il periodo gondarino e
Zamana Masafenth
Fasiladas scelse come luogo della sua capitale la città di
Gondar, dove fece costruire un castello, in stile porto-
ghese; la zona divenne poi sede di diverse altre costru-
zioni fortificate, costituendo quella che oggi è nota
come “Città imperiale” di Gondar e contribuendo a dare
alla città l’appellattivo di Camelot d’Africa.
Le questioni teologiche che erano state dibattute coi
missionari portoghesi avevano stimolato l’interesse del
clero locale e le discussioni continuarono anche dopo
l’allontanamento dei portoghesi e interessarono non
solo gli ambienti religiosi ma anche quelli governativi. A
volte esse divennero piuttosto turbolente e richiesero,
per essere appianate, la convocazione di sinodi e, so-
vente, anche l’intervento armato. Yohannes I (1667-
1682) si adoperò per conciliare le dispute teologiche
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s p e c i a l e e t i o p i a
Gondar - Dabra Berhan Selasse