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L’egiziana Malak Hifni Nassef

(1886-1918), conosciuta con lo

pseudonimo di “Bahithat Al-Ba-

diyya” – “Colei che cerca nel De-

serto” elaborò un concetto di

femminismo opposto a quello

della Sha’rawi e spogliato di

qualunque inclinazione occiden-

talizzante.

Secondo la Nassef, infatti, non

era necessario abbandonare il

velo per ritrovare la propria iden-

tità, o per emanciparsi. Il dibattito su questa que-

stione nacque in seguito alla pubblicazione

dell’opera di Qasim Amin “La Liberazione della

Donna” (1899), in cui l’autore prospettava proprio

l’abbandono del velo come emblema di libertà fem-

minile.

La Nassef mise in chiaro fin da subito che la pro-

pria opinione nulla aveva a che fare con una rigida

impostazione di pensiero. Al contrario: il Corano

stesso non impone alcuna prescrizione riguardo

l’uso del velo, dunque tutta la questione sarebbe

nata, secondo la femminista, dalle “elucubrazioni”

degli uomini.

Basandosi sulla propria esperienza di donna Malak

Hifni Nassef espose con chiarezza e semplicità il

suo punto di vista: “

Come potete, voi, uomini di let-

tere, ordinarci di togliere il velo quando chiunque di

noi si azzardi a farlo verrà apostrofata brutalmente

per le strade, vuoi da chi ci lancia sguardi concupi-

scenti, vuoi da chi invece ci copre di disprezzo da

farci trasudare vergogna da ogni poro?

Le donne egiziane che indossavano abiti europei

lo facevano per seguire la moda e non certo per

desiderio di libertà. La Nassef, quindi, sosteneva

che l’emancipazione non fosse subordinata all’ab-

bandono del velo, ma alla piaga dell’ignoranza

femminile e dell’ingenuità da questa derivata.

Il pensiero della Nassef è molto lucido e, per molti

aspetti, attuale. Ella era certa che l’appropria-

zione indiscriminata di modelli occidentali

avrebbe complicato il problema dell’emancipa-

zione femminile, invece di risolverlo.

Il nocciolo della questione era tutt’altro: bisognava

estirpare la misoginia che permeava il tessuto so-

ciale del mondo arabo e mettere in grado le donne

di scegliere da sole il destino da seguire. Tutto ciò,

però, sarebbe stato possibile solo eliminando la

corruzione maschile, l’inclinazione maschilista e of-

frendo alle donne una valida istruzione.

La femminista non gradiva affatto l’intromissione

degli uomini in una materia squisitamente femmi-

nile come quella del velo. Per alcuni questo oggetto

era simbolo di arretratezza, per altri lo era l’istru-

zione. In definitiva, però, erano sempre gli uomini a

decidere. A tal proposito la Nassef fu molto chiara:

…La maggior parte di noi donne continua ad es-

sere oppressa dall’ingiustizia dell’uomo, che col

suo dispotismo decide quel che dobbiamo fare e

non fare, per cui oggi non possiamo avere neppure

un’opinione su noi stesse.. Se ci ordina di portare

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Malak Hifni Nassef:

“Colei che cerca

nel deserto”

e g i t t o m o d e r n o

di Francesca Rossi