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C U L T U R A

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la sopravvivenza dei focolai di paganesimo, nel

deserto occidentale non cessano le incursioni

di clan nomadi contro i monasteri e la resi-

stenza degli antichi culti si concentra nella po-

polazione dei Blemmi.

Già noti nel periodo romano, essi occupavano

la regione estesa tra il Nilo ed il Mar Rosso e

vengono generalmente descritti dagli storici

contemporanei come un popolo di indomabili

pastori, guerrieri dediti alle razzie delle caro-

vane, allevatori di cammelli ed, infine, come i

veri padroni delle favolose miniere d'oro e pie-

tre preziose che esistevano in abbondanza nel

“Deserto del Bogah”, situato ad oriente del

Nilo.

L'entrata in scena dei Blemmi nell'Alto Egitto

e all'interno delle controversie religiose si col-

loca ai primi anni del V secolo e si accompagna

all'ondata di terrore diffusasi con le loro incur-

sioni in tutta la Tebaide, da Siene ad Antinoe.

Il “Sinaxario di Costantinopoli”, la cui compila-

zione risale probabilmente al VI secolo, offre

una dettagliata descrizione delle scorrerie e

dei massacri perpetrati dai Blemmi che vive-

vano sulle coste arabe e africane del Mar

Rosso ai danni degli eremiti copti del deserto

orientale egiziano. In particolare si menziona

un'incursione, risalente ai tempi di Diocleziano

(284-305), seguita da una strage, avvenuta nel

410, di 43 monaci sulla costa del Mar Rosso da

parte di 300 Blemmi che avevano raggiunto

dall'Arabia la costa africana a bordo di grandi

piroghe.

Il comandante Massimino, per ordine dell'im-

peratore Marciano (450-457), costrinse i

Blemmi ad accettare una pace di cento anni,

ed essi acconsentirono a condizione che fosse

loro concesso di recarsi in pellegrinaggio al

tempio di Iside a Philae ed i permesso di por-

tare periodicamente la statua sacra all'interno

del loro territorio, al fine di ottenere la prote-

zione e le grazie della dea.

Ma la minaccia dei Blemmi, seppure sopita,

non era stata soppressa e, alla morte di Massi-

mino, essi si rivoltarono nuovamente e costrin-

sero il prefetto di Alessandria Floro ad

intervenire per il rinnovamento del trattato dei

cento anni.

Verso la fine del trattato ripresero le razzie

in tutta la Nubia e l'imperatore Giustiniano, per

ottenerne la sottomissione, decretò la chiu-

sura del tempio di Philae, che si poneva in Alto

Egitto come ultimo baluardo di un paganesimo

ormai agonizzante. L'imperatore inviò a tale

scopo in Egitto Narsete il quale imprigionò i

preti, saccheggiò i tesori del tempio e tra-

sportò le statue di culto a Costantinopoli.

Le antiche dottrine erano ormai al tramonto,

sempre più frequentemente interpretate come

culti di carattere demoniaco.

Una tale capillare presenza tuttavia, seppure

rinnegata e combattuta dalla nuova religione,

non scomparve con la chiusura dei templi an-

tichi ma rimase viva e presente attraverso

l'arte, le credenze e i riti assimilati soprattutto

dalla devozione popolare, elementi difficil-

mente controllabili dai dogmi del cristianesimo

ufficiale.

INFLUSSI ICONOGRAFICI PROVENIENTI

DALL'EREDITA' FARAONICA – analogie e

distinzioni

In un panorama storico-culturale così com-

plesso non saranno infrequenti gli influssi ico-

nografici pagani che influenzeranno la

nascente arte della nuova religione. Spesso so-

pravvalutati, negati, ridimensionati, gli apporti

dell'eredità faraonica che contamineranno

l'iconografia, le tematiche e la definizione

della “mitologia” cristiana d'Egitto, rappresen-

tano tuttora un nodo critico che merita di es-

sere verificato ed approfondito alla luce della

documentazione pervenutaci, in modo da va-

lutare quali elementi dell'antica religiosità fa-

raonica siano stati tramandati dopo il

“filtraggio” della cultura ellenistica.

Tra le concezioni più rappresentative di tale

contatto vi è sicuramente quella relativa alla

concezione dell'aldilà: il nascente cristiane-

simo, probabilmente, attinse e riorganizzò

temi ed immagini desunti dalla complessa dot-

trina oltremondana faraonica come il motivo

della rinascita dopo la morte o l'elaborazione

di un luogo di punizione per le colpe com-

messe in vita, elementi che trovano puntuale

riscontro nella letteratura funeraria del Nuovo

Regno.

La stessa concezione della discesa di Gesù agli

inferi, elaborata nel corso del IV secolo, è stata

letta come una trasposizione del modello egi-