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del 1966, fu proprio l’Arno a mettere a serio rischio l’intera collezione del Museo Archeologico fiorentino. L’allu-

vione, causata da giorni di piogge incessanti e la forza dirompente del fango travolsero tutto il primo piano del

palazzo; le vetrine furono danneggiate, i vetri si frantumarono, ceramiche e bronzi subirono danni ingenti e l’in-

tegrità e la conservazione del Vaso François furono messe in serio pericolo. Firenze fu letteralmente sconvolta

dall’esondazione e all’alba di quel tragico 4 novembre si svegliò ferita e letteralmente in ginocchio; fu solo gra-

zie agli

“angeli del fango”

che nel giro di pochi giorni si riuscì a liberare le strade e le piazze della città dall’ondata

distruttiva di terra e di detriti che la furia dell’acqua aveva trascinato con sé e fu proprio grazie alla loro iniziativa

che si poté intervenire tempestivamente per salvare dalla devastazione la collezione del Museo Archeologico

della città. Perciò, si resero necessari restauri urgenti che interessarono anche il cratere; fu proprio in questa

occasione che nel 1972 si

decise di operare analisi

radiografiche e fotogra-

fie a raggi x sul Vaso per

valutarne le effettive con-

dizioni e per indagarne

la struttura interna me-

diante l’uso di raggi ultra-

violetti. Mauro Cristofani,

archeologo specializzato

in Etruscologia e docente

all’Università degli Studi

di Siena, di Pisa e di Na-

poli, diresse le operazioni

che misero in evidenza

ritocchi ed aggiunte sulla

superficie che ad occhio

nudo non sarebbero mai

state notate; furono così

individuate le integra-

zioni ottocentesche che

furono immediatamente

rimosse. Dopo questa

operazione preliminare,

si procedette all’esecuzione ed al completamento del restauro, per cui l’anno successivo il cratere tornò ad

essere esposto al Museo Archeologico. L’ultimo intervento si data al 1981 quando la superficie fu pulita dallo

strato di gesso dipinto, steso prima del ’73; in questo modo si restituì l’esemplare all’integrità e alla purezza

originale.

Attualmente il cratere è in mostra al secondo piano del Museo Archeologico Nazionale di Firenze e recente-

mente è stato oggetto di studi approfonditi condotti da alcuni tra i più eminenti studiosi di archeologia classi-

ca, tra cui H. Alan Shapiro, M. Iozzo, A. Lezzi-Hafter, M. Torelli. In occasione di una tavola rotonda internazionale

tenutasi nella splendida cornice di Villa Spelman, sulle colline del Forte Belvedere, a Firenze nel 2003, gli stu-

diosi presentarono i risultati delle loro indagini pertinenti al complesso programma iconografico del Vaso, alla

sua storia e alla storia degli scavi, non mancando di formulare ipotesi circa la presenza di altri esemplari affini

nello stesso complesso funerario. Il 20 marzo 2014 al Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio sono stati

presentati i risultati di questo incontro internazionale; lo sforzo degli studiosi si è concretizzato in due volumi

dal titolo: “The François Vase: New Perspectives”. Per l’occasione, il cratere è diventato oggetto di una iniziativa

davvero speciale ed unica: è stato infatti prelevato dalla teca che lo protegge ed è stato esposto “en plain air”.

Il vaso François, come ripetuto, è un cratere ossia una forma

“aperta”

in cui si mesceva vino con acqua e a cui si

aggiungevano spezie e miele per ottenere una consistenza ed un profumo caratteristici. Dopo aver ottenuto

lamiscela, il vino, pronto al consumo, veniva attinto con brocche e coppe

(

kylikes – κύλικες

, coppe da vino in ce-

ramica) per consumarlo durante il simposio o durante il banchetto, a seconda dell’occasione. Il cratere veniva

posizionato al centro della stanza di modo che tutti i partecipanti potessero agilmente attingere il vino per le li-

bagioni. Dal momento che il banchetto ed il simposio erano cerimonie esclusivamente riservate all’aristocrazia,

alla forma vascolare si attribuisce inevitabilmente un carattere nobile, espressione di uno stile di vita ricco e ari-

foto 5 / Vaso François, lato B e ansa. 570 a.C. Museo Archeologico Nazionale di Firenze. (Foto su concessione della Soprinten-

denza per i Beni Archeologici della Toscana – Firenze)