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tra i depositi polverosi di qualche museo italiano? La risposta, anco-

ra una volta, è stata ricavata dalla lettura delle carte d’archivio: il sar-

cofago, danneggiato dal viaggio, fu portato al Museo Archeologico di

Firenze ma, considerati i danni subiti, fu lasciato nelle cantine e mai

più studiato. In questo modo, si perse inesorabilmente la memoria del

proprietario. Nello stesso momento in cui è stato identificato lo schele-

tro come l’undicesima mummia della spedizione e si è presa coscienza

delle preziose informazioni ricavate dalla lettura delle carte di Praga

che indicavano il museo fiorentino come il possibile destinatario di un

sarcofago senza mummia, gli studiosi sono immediatamente corsi alla

ricerca del reperto “senza nome”. Lo studio e la lettura dei cartigli di un

sarcofago vuoto e di cui fino ad allora si ignorava il proprietario, hanno

confermato quanto scritto nelle carte: il Museo Archeologico di Firenze

custodiva il sarcofago di Kenamun.

Perciò, grazie agli studi della Pro-

fessoressa Betrò e grazie alla pre-

ziosa collaborazione della Dr. Gui-

dotti, egittologa e studiosa di gran-

de levatura, nonché responsabile

della sezione egizia del Museo Ar-

cheologico Nazionale di Firenze, l’antico e nobile personaggio è tornato in

possesso del suo sarcofago ed è stato così aggiunto un nuovo tassello alla

millenaria storia dell’antico Egitto.

In qualità di redattrice di questa presentazione, a bassa voce vorrei arro-

garmi il “diritto” di poter spendere due parole in più per una breve digres-

sione; il 20 aprile scorso ho visitato l’esposizione ed ho avuto il piacere

di poter rivedere i reperti che, seppur temporaneamente, hanno lasciato

Firenze. Il giorno del trasferimento e dell’imballaggio, ero presente nelle

sale del Museo in qualità di stagista presso la Soprintendenza per i Beni

Archeologici della Toscana, per un progetto di tirocinio curriculare. Mi sia

concesso, per prima cosa, di approfittare di questo spazio per ringraziare

pubblicamente le persone con cui ho collaborato: è stata un’esperienza

che custodirò gelosamente nel cuore. In seconda istanza, ma non in ordine

di importanza, vorrei chiudere questa presentazione con una riflessione

del tutto personale: spesso sento ripetermi che noi archeologi

siamo stati “coraggiosi” ad intraprendere un percorso di studi

che nella realtà difficile dei giorni presenti prospetta un futu-

ro “tortuoso”; io rispondo (e ne sono profondamente convinta)

che non dovrebbe essere la sola e mera razionalità a muovere

il mondo, ma la passione e la perseveranza nel raggiungere il

sogno di una vita.

A tale proposito vorrei citare il Prof. Carandini quando afferma

che “l’archeologia è stata per me fonte di felicità […] poichémi ha

portato a scavare nel passato sepolto per dargli altra vita” e an-

cora “noi, nel resuscitare alla vita i morti, diventiamo più inten-

samente vivi […], diventiamo uomini più uomini e possiamo così

esistere nel migliore dei modi”, riassumendo così efficacemente

quell’orgoglio, quella stessa soddisfazione ed emozione che mi

ha spinto e mi spingerà sempre ad amare il mondo antico.

Gemma

Bechini

Nasce a Pistoia il 30/07/1986. Dopo essersi

diplomata presso il Liceo Classico Carlo Lo-

renzini (Pescia), il 5/11/2009 ha conseguito

la Laurea Triennale in Storia e Tutela dei

Beni Archeologici presso l’Università degli

Studi di Firenze, con una tesi in Etruscolo-

gia (105/110). Presso lo stesso Ateneo, il

15/10/2012 ha conseguito la Laurea Magi-

strale in Archeologia...

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