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europa

espresso chi aramente dal pr ogetto stesso

della co struzione e dell a decorazione della

cappella.

Cioè si vuole material izzare e fi ssare concre-

tamente c on l a cos truz ione del temp io d i

Debod il centro geografico, ovvero “cosmico”,

che A dikhalamani os servò nel l’ora della co -

struzione de lla cap pella dedicandola all e due

divinità c itate, per ché I side è, a D ebod, co lei

che è presente e che governa il territorio a Sud

(di Tebe), me ntre l ’Amon che si in carna nell a

cappel la di A dikhalamani è il di o che è p re-

sente e che governa a Nord (di File).

Così entrambe le città sante ed entrambi i san-

tuari (quello di Amon di Karnak e di Iside a File)

segnano i punti di co nfine ent ro i quali era il

territorio idea le e r eale messo a punto per il

pianificato esercizio d i sovranità di A dikhala-

mani n ella vest e di re di tutto l ’Egitto, della

terra tra i con fini mistici s egnati da Teb e a l

Nord e da File al Sud.

Per eseguire la cerimonia della consacrazione

della c appell a, i l re è r appresentato con in -

dosso la Corona Rossa, l’emblema della sovra-

nità sul Nord dell’Egitto, mostra la collana

ws

,

indossa br acciali ai pol si e al le brac cia, è

stretto dentro i l gonnellino

šndyt

con la coda

di toro e porta la barba rituale.

Ciò che il re è intento a fare è la cerimonia del

“bussare alla porta” con la mazza che solleva

con la mano sinistra, mentre alza la destra nel

gesto cerimoniale usato per int onare le frasi

rituali.

IL TEMPIO

I templi egizi non sono st ati costruiti co n lo

scopo di real izzare centri per un culto di tipo

pubblico come le nostre chiese, ma anzi, il mo-

narca eri geva il tempio com e se fosse e sso

stesso un altare al la divinità tutelare e una

sorta di memoriale personale a se stesso.

Da quello che sappiamo, la gente comune non

poteva accedere ad a lcune pa rti dell 'edificio,

che si presentava come un recinto chiuso, fre-

quentato solo dai sacerdoti, questo perché i n

questo modo lo si voleva proteggere da qual -

siasi impurità esteriore che ne avrebbe potuto

attenuare l a n atura di vina o avr ebbe po tuto

causare l ’abbandono de l luog o da parte del la

divinità.

Il s antuario era l'espressione simbolica del

Cosmo, in quanto riproduceva il momento del

primo g iorno

e in coraggiava, attraverso l’os-

servazione e la celebrazione dei riti, la perma-

nenza del dio e il rinnovamento della creazione

originale della vita, degli dei, degli uomini e di

tutto ciò che esiste in cielo e in terra.

Il tempio egizio era il luogo dove abitava la di-

vinità, dunque, la sua casa terrena.

Non si conosce la festa scelta per iniziare le ce-

rimonie che hanno presieduto alla costruzione

del tempio di Debod, ma altri esempi ci por-

tano più v icino a c onoscere c on quale rito

venne realizzata la fondazione di questo san-

tuario.

La costruzione del tempio faceva parte d elle

attività divine cui poteva partecipare (dogma-

ticamente) solo il re insieme a determinate di-

vinità. Per esempio Seshat si o ccupava del la

delimitazione del terreno e questo compito lo

eseguiva i nsieme al re tend endo l e corde f ra

due paletti attraverso la cerimonia Pedy Shes.

Questo lavoro doveva essere compiuto di notte

ed è così che una volta scelto il sito, attraverso

l'osservazio ne delle stelle, si decideva quale

sarebbe stato l'orientamento dell'edificio reli-

gioso. Nel caso di Debod venne scelto l'orienta-

mento est -ovest, in mo do che l'as se d el

santuario fosse nel solco tracciato dal sole nel

cielo, e perpendicolare al corso del dio Hapi, il

Nilo.

Una volta orientati i qu attro angoli d ell’edifi-

cio, in ciascuno di essi veniva fatta una piccola

fossa dove mettere amuleti e oggetti per pro-

teggere e dare forza magica al nuovo recinto

sacro.

Per poter “funzionare” il tempio doveva essere

abitato dal d io al q uale era destinato e dalla

sua c orte e qu esta c omunità d ivina s i inca r-

nava nelle statue che venivano alloggiate nelle

diverse cappelle e nei bassorilievi che ricopri-

vano le pareti.

Questi però erano og getti crea ti d a m ano

umana e quindi era necessario animarli infon-

dendo di vinità at traverso determinati ritua li,

primo fra tutti il rito dell’Apertura della Bocca:

si “aprivano” g li occhi, i l naso, l a bocca d elle

immagini divine con lo scopo di comunicare

loro le funzioni vitali con le quali respirare, ve-

dere, sentire e assaporare.