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un procedimento filologico che si attua a partire dai resti del
passato presenti a Roma. Dal XV secolo iniziano ad appari-
re disegni e stampe della Piramide Cestia che ne studiano
approfonditamente l’aspetto (foto 13). Da queste immagini
possiamo ricostruire la fisionomia del monumento così come
appariva agli occhi dei testimoni dell’epoca: parzialmente in-
terrata e quindi più bassa, priva di aperture, “sbeccata” in più
punti e invasa dalla vegetazione che, crescendo tra gli intersti-
zi, avvolgeva l’edificio, con lastre di marmo divelte che giace-
vano abbandonate ai piedi dell’edificio, mentre altre erano in
equilibrio precario (foto 14).
Nel corso del suo pontificato Alessandro VII diede vita ad una
serie di progetti e realizzazioni in campo edilizio che, avvalen-
dosi dell’opera di Gian Lorenzo Bernini, modificarono il volto della città di Roma. Sulla linea di un programma
politico che voleva ridare autorità morale e prestigio culturale alla capitale del mondo cattolico, prese vita que-
sta ristrutturazione urbana che portò anche al restauro del Pantheon e, nel 1656, al restauro della piramide i
cui lavori terminarono nel 1663. Nello sgomberare lo strato di terreno che ricopriva la base, vennero alla luce
due colonne, che furono ricollocate ai lati del sepolcro, come è ancora oggi.
Nel 1663 iscrizioni del pontefice sottolineavano
il degrado della tomba indicato come segno della
passata gloria pagana, mentre il restauro veniva
esaltato come atto di intercessione della Chiesa per
la protezione e la salvezza delle anime delle vittime
della peste, volendo in questo modo chiaramente
rovesciare il significato simbolico del rudere, da pa-
gano a cristiano. La proposta di restauro più ecla-
tante fu quella di Fioravante Martinelli che propose
la religiosa trasmutatione, ossia propose l’adatta-
mento della piramide a cappella in onore dei Santi
Pietro e Paolo. Evidentemente il papa sentiva il biso-
gno di giustificare le spese profuse per restaurare
un rudere pagano con valide motivazioni, e quindi
era necessaria la “purificazione” del monumento da
significati pagani. Il progetto di Martinelli però non
venne mai realizzato e, dopo il restauro e lo scavo
del terreno circostante fino al livello originario, fu
praticata un’apertura, una piccola porta che mette-
va in comunicazione l’esterno con la stanza interna (foto 9). Così la piramide entrava nell’iconografia cristiana
per diventare simbolo di morte e al tempo stesso di eternità.
1 MILIONE DI EURO DONATI DA UN IMPRENDITORE
GIAPPONESE PER RESTAURARE LA PIRAMIDE
Un paio di anni fa
Yuzo Yagi (foto 15), 70 anni, titolare della Tsusho Ltd, marchio di espor-
tazione di tessili italiani in Giappone, è venuto a Roma e ha “scoperto”
la Piramide di Caio Cestio. Viste le condizioni in cui stava, decise di
sponsorizzarne il restauro donando un milione di euro e firmando
un contratto con la Soprintendenza Speciale Archeologica di Roma.
L’intervento ora è quasi concluso e non ha comportato solo il recu-
pero dei marmi (foto 16) e delle superfici esterne del monumento
ma, ha avuto anche il compito di sondarne l’interno: da anni, infatti,
proseguono indagini attraverso radar e ultrasuoni che hanno eviden-
ziato la presenza di zone cave che potrebbero celare strutture mai
investigate, forse proprio quelle stanze in cui Caio Cestio, nei primi
foto 13 / (da Wikipedia.org) la Piramide di Caio Cestio in una incisione
di Giuseppe Vasi
foto 14 / (da Wikipedia.it) la Piramide di Caio Cestio in una incisione di Giovanni Battista
Piranesi
foto 15 / (da roma.corriere.it) Yuzo Yagi, l’imprenditore giapponese il cui finanziamento ha permesso il restauro della piramidi.