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no, la possibilità di tornare a scavare in Egitto con
una missione italo-olandese, uno scavo quindi in
ottica internazionale.
Come vede mi sto attivando davvero come pos-
so. E un’altra cosa davvero importane, abbiamo
siglato un accordo con il CNR per creare una figu-
ra di primo ricercatore che si occupi di egittologia
inserito qua da noi. Tra l’altro è una cosa di cui
vado davvero fiero, perché vorrebbe dire riuscire
a creare una posizione di ricerca applicata al Mu-
seo Egizio, cosa che non era mai successa prima.
Per cui tutti i miei sforzi sono indirizzati a questo.
Non solo perché questa collezione se lo merita
ed è assolutamente necessario, ma anche per
cercare di dare delle chance a dei giovani egitto-
logi, italiani e non, nella speranza che l’Italia torni
ad essere un punto di attrazione.
Per quanto riguarda specificatamente l’Italia, chi
riesce a fare un dottorato poi se ne va perché
non ha nessuna chance “post doc”, chance che
invece potrebbe arrivare con il posto di primo ri-
cercatore. Tutto questo si inserisce anche in un
programma di menagement museale perché un
museo vivo, che ha sempre nuovi contenuti da
trasmettere, è un museo che a lungo termine
diventerà più gestibile. Se io voglio anche la fila
dei visitatori alla cassa devo avere contenuti da
veicolare. Ad esempio uno dei grandi interventi
che ho fatto appena sono arrivato, perché non
era stato previsto, è stato quello di creare tut-
to un piano dedicato alle mostre temporanee.
Sono 600 mq che sono riuscito a far ricavare
dagli architetti, perché un museo con una colle-
zione come la nostra deve poter ospitare mostre
temporanee. Come dico sempre a tutti i curato-
ri, dobbiamo far ripartire la ricerca e la ricerca
si deve basare sulla nostra collezione. Se volete
scrivere una grammatica di copto potete farlo
la sera, perché al museo si fa ricerca applicata.
I risultati della ricerca devono essere pubblicati
in maniera filologicamente corretta e scientifica
e vanno poi divulgati al grande pubblico tramite
progetti espostivi temporanei.
Quando lei è stato chiamato a dirigere il Museo Egi-
zio, una delle cose che si è sentita dire di più in giro è
che un cervello in fuga era rientrato in Italia.
Io ho letto il suo curriculum e francamente più che
un cervello in fuga la definirei un cervello itinerante
in formazione permanente…
Ecco bravo! Mi piace che lei dica questo perché la
definizione di cervello in fuga mi va stretta. Anche
perché la ricerca dell’egittologia in particolare, è
internazionale per sua natura. Quindi quando mi
hanno detto “torni in Italia, disfai le valige”, io ho
risposto che se prima prendevo l’aereo ad Am-
sterdam adesso lo prenderò a Torino, perché io
continuerò a viaggiare molto e fare quello che la
mia disciplina mi porta ad essere, innanzitutto
connettendomi con l’Egitto. La cosa importante,
come ha detto il nostro Presidente della Repub-
blica (la carica era ancora ricoperta da Giorgio
Napolitano, ndr) la settimana scorsa incitando a
nuovi fondi per la ricerca, è che il percorso di stu-
di all’estero, importantissimo sotto molti punti di
vista, resti comunque una scelta facoltativa e non
obbligata, come avviene adesso, per mancanza
di alternative.
Come viene vista dall’estero l’Italia? Lo chiedo a un
italiano che ha vissuto e lavorato per molti anni all’e-
stero e che ha di sicuro il polso della situazione.
Si va per stereotipi?
Si, moltissimo. L’Olanda guarda sempre con un
sorrisetto l’Italia, vedendolo come un Paese del
vorrei ma non posso. Un giornale olandese, ri-
portando le notizie relative ai fatti emersi a Roma
(l’inchiesta della magistratura denominata “Roma
Capitale” relativa a fatti di corruzione, ndr), si chie-
deva come mai gli italiani si indignassero, perché
tutti lo sanno che in Italia le cose funzionano così.
Poco dopo la mia nomina, gli olandesi mi han-
no organizzato numerose feste di addio. Quella
probabilmente più bella è stata in museo da me,
dove era presente una serie di ospiti tra i quali un
professore ordinario di copto, chemi disse: ma lei
è sicuro di andare? Guardi che è in Italia! L’Italia è
Dal corredo funerario di Kha / ph Paolo Bondielli