

22
può scegliere tutto dalla A alla Z è più facile, ma
se uno trova il contenitore pronto, delle vetrine
ordinate e all’interno di questi paletti deve riusci-
re a trascrivere l’intero progetto, diventa tutto più
complesso…
Diventa una sorta di slalom tra l’esistente e ciò che
uno vorrebbe realizzare…
Esatto. Ma credo di esserci riuscito.
Mi dispiace un po’ che non ci sia stato questo coordi-
namento, un passaggio di consegne più fluido…
Dispiace molto anche a me. Conosco per altro la
dottoressa Vassilika con la quale ci si scriveva re-
golarmente prima che avvenisse questo.
Credo che lei non abbia apprezzato il fatto di non
essere stata riconfermata, ma è quello che suc-
cede quando si ha un contratto a termine, come
accadrà anche a me. Tra tre anni il mio contratto
scadrà e ci sarà un nuovo concorso di selezione.
Io, che di indole sono abbastanza pessimista,
sono quasi sicuro che verrò riconfermato, e co-
munque è l’approccio con cui ho deciso di vivere
questa esperienza. Poi quando sarà il momen-
to vedremo se ridarò il concorso o se la vita mi
porterà a fare dell’altro. Però nel momento in cui
decidi di dare un concorso potresti non essere
selezionato. Ti puoi arrabbiare o non arrabbiare
con le istituzioni, ma prendersela con chi viene
nominato…
In effetti non ha molto senso…
L’Egitto, l’Africa, il Vicino Oriente sono in uno stret-
to collegamento molto diretto tra loro. I reperti della
collezione come verranno considerati? Dal punto di
vista storico è ovvio, ma ci sarà anche un collega-
mento geografico?
Visto che mi ha chiesto come ho organizzato il
lavoro, appena sono arrivato – pur non avendo ri-
cevuto nessuna consegna e nonostante fossimo
in ritardo con i lavori – ho organizzato un viaggio
con i miei collaboratori per andare a vedere le
collezioni che erano state riaperte.
Siamo stati all’Ashmolean di Oxford, siamo stati
a Manchester, Berlino e Monaco. E il motivo era
quello di visitare collezioni che avevano riaperto
negli ultimi cinque o sei anni.
Collezioni che però partono da punti vista com-
pletamente diversi. L’Ashmolean ha come motto
crossing country crossing time
, un approccio es-
senzialmente etnografico, quindi l’Egitto in dialo-
go con tutto il Vicino Oriente. Il museo di Man-
chester è un museo essenzialmente archeologi-
co, mentre Berlino e Monaco sono due musei in
cui la Storia dell’Arte è l’elemento principale. Que-
sto viaggio l’abbiamo fatto per capire quali erano
state le loro scelte espositive. Berlino e Monaco
hanno fatto scelte molto forti, in cui l’Egitto è solo
Storia dell’Arte, con un reperto per vetrina.
E una volta rientrati ci siamo chiesti: ma quale col-
lezione abbiamo noi? Come lei sa la nostra colle-
zione ha una valenza dicotomica. La prima par-
te ha un valore antiquario, la collezione Drovetti
con circa 5800 reperti che arrivarono nel 1824;
dal 1901 in poi la partenza del MAI, la Missio-
ne archeologica italiana in Egitto con Schiaparelli,
che decide di andare a colmare un vuoto e che
si sposta dalla capitale per raggiungere Gebelein
e Assyut, cosa che rende questo museo unico al
mondo, perché abbiamo molti oggetti apparte-
nuti i nomarchi che provengono dalle province.
Avendo riflettuto su questo e considerando che
abbiamo 36 metri lineari di archivio, tenendo
presente che abbiamo 10.000 lastre fotografiche
dello Schiaparelli, quello che ci siamo chiesti è
stato: quale tipo di museo vogliamo essere?
Come ebbe a dire il professor Donadoni nel 1970,
unmuseo si deve rinnovare anche se in se stesso
per natura è immutabile, perché la collezione è
quella, ma le chiavi di lettura delle collezioni pro-
cedono con lo spirito del tempo. Tuttavia non si
possono imporre delle sovrastrutture alla colle-
zione, ma bisogna mettersi al suo servizio. E la
Dettaglio della statua di Hathor / ph Paolo Bondielli