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può scegliere tutto dalla A alla Z è più facile, ma

se uno trova il contenitore pronto, delle vetrine

ordinate e all’interno di questi paletti deve riusci-

re a trascrivere l’intero progetto, diventa tutto più

complesso…

Diventa una sorta di slalom tra l’esistente e ciò che

uno vorrebbe realizzare…

Esatto. Ma credo di esserci riuscito.

Mi dispiace un po’ che non ci sia stato questo coordi-

namento, un passaggio di consegne più fluido…

Dispiace molto anche a me. Conosco per altro la

dottoressa Vassilika con la quale ci si scriveva re-

golarmente prima che avvenisse questo.

Credo che lei non abbia apprezzato il fatto di non

essere stata riconfermata, ma è quello che suc-

cede quando si ha un contratto a termine, come

accadrà anche a me. Tra tre anni il mio contratto

scadrà e ci sarà un nuovo concorso di selezione.

Io, che di indole sono abbastanza pessimista,

sono quasi sicuro che verrò riconfermato, e co-

munque è l’approccio con cui ho deciso di vivere

questa esperienza. Poi quando sarà il momen-

to vedremo se ridarò il concorso o se la vita mi

porterà a fare dell’altro. Però nel momento in cui

decidi di dare un concorso potresti non essere

selezionato. Ti puoi arrabbiare o non arrabbiare

con le istituzioni, ma prendersela con chi viene

nominato…

In effetti non ha molto senso…

L’Egitto, l’Africa, il Vicino Oriente sono in uno stret-

to collegamento molto diretto tra loro. I reperti della

collezione come verranno considerati? Dal punto di

vista storico è ovvio, ma ci sarà anche un collega-

mento geografico?

Visto che mi ha chiesto come ho organizzato il

lavoro, appena sono arrivato – pur non avendo ri-

cevuto nessuna consegna e nonostante fossimo

in ritardo con i lavori – ho organizzato un viaggio

con i miei collaboratori per andare a vedere le

collezioni che erano state riaperte.

Siamo stati all’Ashmolean di Oxford, siamo stati

a Manchester, Berlino e Monaco. E il motivo era

quello di visitare collezioni che avevano riaperto

negli ultimi cinque o sei anni.

Collezioni che però partono da punti vista com-

pletamente diversi. L’Ashmolean ha come motto

crossing country crossing time

, un approccio es-

senzialmente etnografico, quindi l’Egitto in dialo-

go con tutto il Vicino Oriente. Il museo di Man-

chester è un museo essenzialmente archeologi-

co, mentre Berlino e Monaco sono due musei in

cui la Storia dell’Arte è l’elemento principale. Que-

sto viaggio l’abbiamo fatto per capire quali erano

state le loro scelte espositive. Berlino e Monaco

hanno fatto scelte molto forti, in cui l’Egitto è solo

Storia dell’Arte, con un reperto per vetrina.

E una volta rientrati ci siamo chiesti: ma quale col-

lezione abbiamo noi? Come lei sa la nostra colle-

zione ha una valenza dicotomica. La prima par-

te ha un valore antiquario, la collezione Drovetti

con circa 5800 reperti che arrivarono nel 1824;

dal 1901 in poi la partenza del MAI, la Missio-

ne archeologica italiana in Egitto con Schiaparelli,

che decide di andare a colmare un vuoto e che

si sposta dalla capitale per raggiungere Gebelein

e Assyut, cosa che rende questo museo unico al

mondo, perché abbiamo molti oggetti apparte-

nuti i nomarchi che provengono dalle province.

Avendo riflettuto su questo e considerando che

abbiamo 36 metri lineari di archivio, tenendo

presente che abbiamo 10.000 lastre fotografiche

dello Schiaparelli, quello che ci siamo chiesti è

stato: quale tipo di museo vogliamo essere?

Come ebbe a dire il professor Donadoni nel 1970,

unmuseo si deve rinnovare anche se in se stesso

per natura è immutabile, perché la collezione è

quella, ma le chiavi di lettura delle collezioni pro-

cedono con lo spirito del tempo. Tuttavia non si

possono imporre delle sovrastrutture alla colle-

zione, ma bisogna mettersi al suo servizio. E la

Dettaglio della statua di Hathor / ph Paolo Bondielli