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A questo punto l’archeologo prevale sul direttore e,

avendo letto della nostra recente scoperta riguar-

dante una riproduzione della tomba di Osiride, vuol

sapere ogni dettaglio di quel ritrovamento.

Dopo circa mezz’ora riprendiamo i nostri rispetti-

vi ruoli dove sono io a fare le domande e il dottor

Greco a dare le risposte.

La prima cosa che mi viene da chiederle, data la sua

giovane età, è che cosa ha provato quando le hanno

comunicato che avrebbe diretto il museo che custo-

disce la più importante collezione egizia del mondo,

al di fuori dell’Egitto.

Devo dire che è successo una sorta di miraco-

lo. In Olanda ero considerato un uomo di mezza

età, poi uno prende l’aereo, vola in Italia e diven-

ta di colpo giovane! Io dico sempre che quando

Schiaparelli diventò direttore di questomuseo nel

1894 aveva trentotto anni e già veniva dall’espe-

rienza di Firenze; per quel tempo era una cosa

normalissima, mentre per me il fatto che abbia

38 anni viene vista come una cosa sui generis.

In effetti questo è un problema tutto italiano, dove

certi ruoli pare abbiano un limite di età al contrario.

E in effetti a ben pensarci il suo curriculum la fa già un

po’ “vecchio”, perché oltre i brillantissimi passaggi di

formazione scolastica, dal diploma a tutto il percorso

universitario, lei ha alle spalle una grande esperienza

sul campo, sia dal punto di vista archeologico che da

quello della gestione museale. Ciò non toglie che il

Museo Egizio di Torino è un’istituzione di grande pre-

stigio e di rilevanza internazionale. Come ha vissuto

il percorso che l’ha portata a questa nomina? Quali

sono state le sue emozioni?

I

nnanzitutto è stato molto bello che in Italia mi

sia potuto iscrivere facendo un’application online

dopo aver letto nell’Egyptian Exploration Forum

che si era liberato questo posto a Torino. Ho pen-

sato che andare a lavorare a Torino sarebbe un

sogno per qualsiasi egittologo e mi sono iscritto,

online appunto, il giorno prima di partire per una

missione di scavo presso il Gebel Barkal in Sudan.

Poi, nella speranza che mi rispondessero prima

di natale, mi sono dimenticato di questa cosa e

ho continuato a fare il mio lavoro rientrando in

Olanda. E di fatti la prima comunicazione l’ho ri-

cevuta ben dopo natale, il 30 gennaio alle sette e

mezza di sera, con un messaggio nella segrete-

ria telefonica di casa, dove mi si invitava per il 6

febbraio ad un colloquio qua a Torino. Devo dire

che ho gioito molto perché era quello che volevo

ottenere. Pensavo infatti di scrivere un lettera per

far capire che quella di dirigere il Museo Egizio di

Maschera di Kha /

ph Paolo Bondielli