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c a m p a g n e d i s c a v o

Ci sono cose belle e ci sono cose che entusiasmano. Ci sono cose interessanti e ci sono cose che stupi-

scono.

La prime si trovano facilmente, ma le seconde sono rare e quando le incontri devi osservarle, capirle e

permettere al maggior numero di persone di essere nella condizione di poterle apprezzare come meri-

tano.

In sostanza questo è il senso di questo articolo un po’ particolare, con il quale voglio presentare un pro-

getto entusiasmante, stupefacente, nel quale sono direttamente coinvolto a nome e per conto dell’As-

sociazione

Egittologia.net.

Tutto parte nel 2007, anno in cui ho organizzato un viaggio di due settimane in Egitto per accompagnare

un gruppo di persone, tra le quali alcuni carissimi amici. Grazie alla grande disponibilità dell’egittologo

italiano Francesco Tiradritti, ho potuto visitare anche la tomba di Harwa, oggetto di scavo da diversi anni

dell’allora Associazione Harwa 2001, che da poco tempo ha cambiato il proprio nome in Missione Archeo-

logica Italiana in Luxor.

Francesco, giocando un po’ sul fatto che eravamo entrambi toscani, ha voluto presentarmi una terza to-

scana presente nella tomba, originaria di Lucca, vincitrice del Secondo Corso Estivo di Egittologia a Mon-

tepulciano che si era tenuto l’anno precedente e che prevedeva uno stage presso la tomba di Harwa.

Il tutto è durato un attimo e il nome l’ho subito dimenticato, con i nomi spessomi succede così, ma quegli

occhi che spiccavano su di un viso polveroso e abbronzato, mi sono tornati in mente moltissime volte,

soprattutto nei viaggi successivi, quando andando verso il Tempio di Hatshepsut o visitando la tomba di

Pabasa, mi trovavo nelle vicinanze della Tomba di Harwa. E non per i motivi che un’affermazione del ge-

nere potrebbe sottendere, ci mancherebbe, ma

perché in quello sguardo intenso e profondo, mi era

parso di leggere il suo futuro. Ero certo che l’avrei

rivista ed ero certo che di mezzo ci sarebbe stato

ancora l’Egitto.

Dopo circa cinque anni, grazie all’onnipotente Face-

book, al quale anche io dopo un serrato assedio da

parte di amici e conoscenti mi sono piegato, ho ri-

visto gli stessi occhi in una foto del team della

Tomba di Harwa, stavolta su di un viso senza pol-

vere, ma sempre abbronzato!

In breve sono risalito al nome e ci siamo ritrovati.

Per modo di dire, perché Irene di quell’incontro al-

l’Assasif, com’è normale, non ha memoria, mentre

io ho scoperto con piacere che le mie impressioni

di allora erano esatte.

unnuovo

progetto

inegitto

di Paolo Bondielli

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Irene Morfini, vice-direttrice della Missione