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Dopo la bella edizione dello scorso anno dedi-

cata al 150° dell’Unità d’Italia, quest’anno il

Salone Internazionale del Libro celebra il suo

venticinquesimo compleanno. Da una parte ri-

marchiamo la soddisfazione per la continuità

che questa manifestazione è riuscita a rita-

gliarsi, d’altro canto non possiamo trascurare

evidenti segni di usura di una manifestazione

che celebra stancamente un settore in pro-

fonda crisi, in una città dilaniata dalla crisi, in

un periodo dove quotidianamente non si parla

d’altro che di crisi.

Nato da un’idea di Guido Accornero e Angelo

Pezzana, storico libraio torinese, sul modello

dell’omonimo Salon parigino, il Salone Inter-

nazionale del Libro ha finito per superarlo per

ricchezza di contenuti e per numero di visita-

tori, raggiungendo i vertici delle manifesta-

zioni europee del settore. Passato alla

gestione della Fondazione per il Libro, la Mu-

sica e la Cultura, ha registrato un successo

crescente, con un numero di visitatori ormai

costantemente oltre le 300.000 unità l’anno.

Se è pur vero che questi numeri sono stuzzi-

canti, cerchiamo ora di dare una lettura un po’

più approfondita, distinguendo le varie tipolo-

gie di visitatori.

Come prima considerazione esaminiamo le vi-

site delle scolaresche, categoria che rinpingua

in modo significativo il tanto decantato nu-

mero di visitatori ma che, di fatto, è commer-

cialmente inesistente. Specialmente nelle

giornate di giovedì e venerdì si incontrano de-

cine di scolaresche di ogni ordine e grado che

migrano tra i corridoi del salone: dai (pochi) li-

ceali attenti alle novità del mercato editoriale

ai (tanti) studentelli attentissimi alle mini-

gonne delle standiste, per concludere con i

bambini delle scuole elementari o materne

accompagnati attraverso gli stand con uno

stranissimo e ingegnoso sistema anti-smarri-

mento: una sorta di imbragatura tipo muta di

cani (o tiro di renne, se preferite…). Il risultato

di queste orde erranti è malinconicamente co-

stante da anni: gli studenti guardano (se

guardano), ma non comprano! E se è pur vero

che un contatto con il mondo dell’editoria può

teoricamente stimolare alla lettura mi do-

mando come questi ragazzi, abbandonati a

loro stessi, riescano a cogliere dei contenuti

del salone.

Passiamo ora ad esaminare l’altra parte del

pubblico: succede che deve pagare un bi-

glietto d’ingresso in linea con la crisi (cioè

spropositamente caro, 10 euro). Mi domando

come non ci si renda conto che in un mo-

mento come questo occorrerebbe trovare un

incentivo, stimolare il pubblico all’acquisto

concordando con gli editori una linea di

sconto o, paradossalmente, chiedendo agli

stessi uno sforzo economico in più e non far

pagare l’ingresso, o applicare prezzi equi. Non

capisco per quale motivo un lettore attento

debba acquistare libri al salone quando è risa-

puto che il suo libraio di fiducia gli applicherà

comunque uno sconto!

È pur vero che per i piccoli editori come noi

questo salone è un evento irrinunciabile, in

quanto le grandi catene di distribuzione

spesso non espongono nelle loro vetrine libri

che non siano ritenuti best-sellers, e quindi

appartenenti ai grandi gruppi editoriali: l’im-

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S A L O N E I N T E R N A Z I O N A L E D E L L I B R O

Dietro le quinte

del Salone Internazionale

del Libro

di Carlo Ruo Redda