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mente all’idea di chiusura, di autosufficienza, di isola-
mento appunto; eppure posta com’era e com’è al
centro del Mediterraneo, essa ha vissuto una vita tut-
t’altro che appartata. Per usare le parole di Gesualdo
Bufalino, << la Sicilia ha avuto la sorte di trovarsi a far
da cerniera nei secoli fra la grande cultura occiden-
tale e le tentazioni del deserto e del sole, fra la ra-
gione e la magia, la temperie del sentimento e le
canicole della passione >>. Una condizione di insulare
separatezza sì, ma assai consapevole del suo destino
mediterraneo. Fu terra di innumerevoli invasioni, di
secolari dominazioni, di continua fusione biologica e
rimescolamento di culture, dando vita a quella che
può definirsi un’ << isola plurale >>, metafora di una
condizione esistenziale individuale e collettiva che
ha caratterizzato l’intera << storia del popolo sici-
liano, una successione ininterrotta di impulsi dispe-
rati e di sottomissioni supine, di momenti rapidi pieni
di luce e di zone interminabilmente oscure >>. Dun-
que suolo di fiorenti colonie fenicie e greche, provin-
cia romana, terreno di scontri e di depredazioni
vandaliche e gotiche, base d’appoggio bizantina
sotto Giustiniano, emirato arabo, regno normanno,
patria di rigogliosa cultura alla corte di Federico II di
Svevia, teatro di malversazioni angioine e di contese
aragonesi, viceregno alle dipendenze della corona
spagnola di Carlo V, dominio di casa Savoia,
d’Asburgo e infine borbonico. Per non parlar poi dei
successivi moti risorgimentali e degli eventi legati ai
conflitti mondiali. Cos’altro sarebbe potuto venir
fuori da questa miscellanea di genti e culture se non
un sostrato di coscienze sovrappostesi come unità
stratigrafiche pronte per esser riportate alla luce?
Eugenio Montale la definì non una cultura ma << una
profonda sfumatura siciliana che arricchisce la vita
del nostro paese, e che deve essere salvata e com-
presa da tutti>>. E qui, proverò, epoca dopo epoca, a
dispiegare il filo che vi condurrà attraverso i mean-
drici volti storici della mia, della vostra, di chiunque
l’accolga, Sicilia.
Il cammino lungo la linea del tempo che ci consen-
tirà di andare alla scoperta del magnifico patrimo-
nio storico della Trinacria – così denominata
anticamente per via dei suoi tre promontori – pren-
derà naturalmente avvio dall’epoca preistorica, alla
quale saremo introdotti da una panoramica di ca-
rattere generale sui modi e le forme con cui i primi
uomini stabilendovisi piantarono le loro radici, per
poi soffermarci sugli esempi più indicativi del con-
creto realizzarsi delle loro primitive espressioni cul-
turali. Seguirne l’evoluzione nella sua totalità
significherebbe ripercorrerne ogni fase di sviluppo,
il che porterebbe a distendere la nostra curiosità
lungo un arco di tempo che dal Paleolitico supe-
riore arriverebbe sino all’età del ferro. La Sicilia si
presterebbe volentieri a mostrarsi in tutta la plura-
lità e ricchezza di contenuti che fanno di essa un’
isola abbondante, ma per ragioni di tempo e spazio
ci limiteremo a prendere come punti di riferimento,
proprio i due estremi di questo arco storico, com-
prendente un balzo cronologico che dal 10.000 ar-
riverà sino al 1000 a.C.
la sicilia all’alba della civiltà
Lo storico francese Fernand Braudel, la de-
finì un “continente in miniatura”, con tutta
ragione di apostrofarla in questi termini, per
il ruolo di rilevanza storica che nel Mediter-
raneo ricoprì sin dai tempi dell’età del
Bronzo. Il connubio fra mitezza del clima e
fertilità della terra, con il suo misto di pietra
calcarea ricoperta da strati di lava, la rese
benevola produttrice di grano, olive, viti e
frutta così come accogliente dispensatrice
di foreste di pini, abeti, querce e castagni,
soprattutto nelle zone circostanti l’Etna.
Uscendo fuori dagli aloni fantastici del mito
che la vedono protagonista - Omero nella
sua Odissea ne parlava come della terra dei
ciclopi figli del dio Nettuno, Diodoro Siculo
ne fece il teatro del ratto di Persefone, Vir-
gilio nell’Eneide cantò di Encelado, mitico gi-
gante prigioniero dell’Etna e ancora le
leggende di Scilla e Cariddi, Aci e Galatea,
Alfeo ed Aretusa e tante altre ancora - pare
che i primi abitanti vennero per mare e
giunsero prima del tardo paleolitico, prima
del 20.000 a.C. Tracce di abitazioni dell’età
della pietra antica sono state rinvenute in
grotte e ripari rocciosi concentrate in tre
zone sulla costa settentrionale ( Termini
Imerese, Trapani e Palermo), e nel triangolo
sud-orientale. L’industria litica di queste po-
polazioni primitive le collega alle più rino-
mate culture dell’Europa centrale e
occidentale, così come la loro arte ci attesta,
ma la vita paleolitica sembra essersi pro-
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s p e c i a l e s i c i l i a p r e i s t o r i c a
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