Table of Contents Table of Contents
Previous Page  44 / 72 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 44 / 72 Next Page
Page Background

“L’ANA ufficialmente nasce nel novembre del

2005, anche se un movimento di archeologi

arrabbiati comincia a farsi sentire già da qual-

che anno prima, dal 2002, al grido di “risco-

priamo il passato ma non abbiamo un

futuro”.. uno slogan che, naturalmente, por-

tiamo ancora avanti. Quindi è nel 2005 che

si è sentita la necessità di riunire e rappre-

sentare tutti gli archeologi operanti in Italia

in un’associazione che tutelasse l’immagine

e gli interessi della categoria professionale e

che ad oggi conta circa 2000 soci e rappre-

sentanti eletti in tutta Italia”.

Non deve essere stato facile portare alla luce

un numero così elevato di archeologi, che in

genere lavorano nel silenzio e con scarsa visi-

bilità.

“Uno dei primi traguardi, nel 2006, è stato

realizzare il 1°Censimento Nazionale degli

Archeologi: la prima inchiesta condotta in

Italia per ottenere un quadro della situazione

della categoria, attraverso un questionario ri-

volto alla categoria. Il 2° Censimento è stato

completato nel 2011, in collaborazione con il

Dipartimento di Comunicazione e Studi So-

ciali dell’Università La Sapienza di Roma.

Sono stati passi importanti per una categoria

di ‘invisibili’, come siamo noi appunto.

Adesso continuiamo a batterci per il ricono-

scimento di retribuzioni adeguate, tutele so-

ciali e diritti ad ogni professionista

archeologo, a prescindere dalla forma con-

trattuale con cui lavora. Per fare questo ab-

biamo portato a termine un’esperienza di

ricerca lunga ben 2 anni producendo un ta-

riffario nazionale di riferimento, frutto di un

confronto tra gli archeologi italiani e siamo

riusciti ad ottenere l'inserimento del profilo

di archeologo nel nuovo contratto nazionale

degli studi professionali, accanto a profili di

figure professionali note, come architetti e in-

gegneri.

C’è ancora molto da fare, ma la consideriamo

la prima forma di riconoscimento e lo stru-

mento per attuare diritti e tutele”.

E il rapporto dell’ANA con le istituzioni?

“L’Associazione dialoga costantemente con il

Ministero per i Beni e le Attività Culturali e

ha promosso la presentazione di diverse pro-

poste di legge per il riconoscimento e la rego-

lamentazione della professione di

archeologo, per dare dignità, tutele e diritti

alle migliaia di professionisti operanti in Italia

e per promuovere la ricerca, la tutela, la co-

noscenza, la corretta gestione e la valorizza-

zione del patrimonio archeologico italiano,

europeo e mediterraneo. Inoltre, l’ANA ha un

proprio rappresentante nella Consulta del La-

voro Professionale della CGIL e nel Consiglio

Direttivo del COLAP, il Coordinamento Libere

Associazioni Professionali, ed è tra i fonda-

tori della rete “Abbracciamo la Cultura”, che

riunisce le maggiori organizzazioni operanti

in Italia nel settore della cultura.

Siamo membri fondatori del comitato “Il No-

stro Tempo è Adesso”, in prima linea in Italia

nella difesa dei lavoratori precari .

Sediamo nel Gruppo Interdisciplinare di Studi

di Ferrovie dello Stato, rappresentiamo la no-

stra figura professionale nel CNEL, Consiglio

Nazionale dell'Economia e del Lavoro e, pro-

prio in questi mesi, abbiamo molti rappre-

sentanti nel tavolo di concertazione sulla

riforma del mondo dell’archeologia presso la

Direzione Generale per i Beni Archeologici

del Ministero per i Beni e le Attività Cultu-

rali”.

Leggendo delle difficoltà che incontra l’ar-

cheologo in Italia, verrebbe da chiedersi com’è

la situazione nel resto d’Europa.

“Sicuramente migliore rispetto l’Italia. Basta

fare un giro negli altri paesi europei per ve-

dere che, a fronte di un patrimonio di beni

culturali molto inferiore rispetto al nostro, c’è

una cultura della valorizzazione e della pro-

mozione senza eguali. Inoltre, l’Italia ha ac-

cumulato un notevole ritardo rispetto al resto

dell’UE, poiché nel 1992 ha firmato la Con-

venzione Europea per la protezione del patri-

monio archeologico, ma non l’ha mai

ratificata. Se la Convenzione diventasse

legge, chi compie lavori che hanno un qual-

che impatto sul patrimonio archeologico sa-

rebbe obbligato a lasciare i resti archeologici

il più possibile intatti per le future genera-

zioni e a farsi carico di tutti gli oneri che la

tutela implica, compresa la pubblicazione in-

tegrale delle scoperte. La Convenzione ha

44

a s s o c i a z i o n e n a z i o n a l e a r c h e o l o g i