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avrà la responsabilità di gestire un patrimonio

che è un bene comune di inestimabile valore:

l’archeologo, per l’appunto.

Per capire allora come stanno le cose ne par-

liamo con Silvia Vacca, segretario per la re-

gione Campania dell’Associazione Nazionale

Archeologi (ANA).

“Nonostante l’Italia sia il paese con il mag-

gior numero di siti inclusi nella lista dell’Une-

sco, l’archeologo proprio non ce la fa ad

arrivare a fine mese. Anzi, in realtà il 63%

lavora meno di sei mesi all’anno! Secondo i

dati del nostro ultimo censimento, ben il

74% degli archeologi guadagna meno di

20.000 euro lordi l’anno ed è solo il 10% di

noi a superare questa cifra”.

Una situazione ben lontana dagli stereotipi e

che ci appare inspiegabile se consideriamo

quanto impegno dovrebbe mettere un Paese

come il nostro per la tutela del proprio patri-

monio storico-culturale.

Chiediamo ancora alla

dott.sa

Vacca, aldilà

delle cifre, com’è nello specifico la situazione

degli archeologi.

“Il nostro è lavoro del tutto precario: l’ar-

cheologo è un lavoratore autonomo o inqua-

drato con forme di lavoro atipiche (partita

IVA,

co.co.pro,

prestazione occasionale, etc.),

con prelievi fiscali e previdenziali molto più

elevati, ma nessun diritto ai congedi paren-

tali, alle giornate di malattia retribuite, al so-

stegno in caso di perdita del lavoro, alla

maternità, né prospettive di una pensione di-

gnitosa. Neanche il Ddl Fornero ha portato a

risultati positivi ed alcuni emendamenti sono

addirittura peggiorativi: l'aumento dei contri-

buti previdenziali al 33% danneggia moltis-

simi archeologi, già fortemente penalizzati

dalla negazione di tutele e diritti rispetto ai

lavoratori dipendenti”.

E la donna?

“Per le donne non è prevista nessuna inden-

nità di maternità e malattia, situazione di cui

si fa portavoce anche la rete Archeologhe che

(R)esistono” nata all’interno dell’ANA stessa,

e vivono con difficoltà la loro esperienza la-

vorativa in un ambiente professionale che, al

pari di tanti altri, vede un immotivato prota-

gonismo della figura maschile”.

Quindi la nascita dell’ANA è il modo con il quale

gli operatori di questo settore tentano di dare

una risposta a una situazione anomala, poco

gratificante per se stessi ma pericolosa anche

per il nostro straordinario patrimonio storico-

archeologico.

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