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dice alla finezza con cui sono realizzati i guantoni

52

.

Numerose sono le alterazioni annotate quale risul-

tato di remote lesioni, cui si sovrappongono i colpi

subiti nell’ultimo scontro: la perdita dei denti supe-

riori ha ingenerato l’affossamento del labbro, per cui

il fiato viene soffiato dal basso verso i baffi che si

alzano a ventaglio; la frattura dell’osso nasale e lo

spostamento della cartilagine hanno determinato la

deformazione del naso e l’ostruzione anche di que-

sto condotto, onde è stato osservato l’ansimare dal-

la bocca. Oltre al livido citato sotto l’occhio, sono evi-

denziati gli sfregi alle guance e alla fronte, dai quali

sarebbe grondato il sangue sugli arti del lato destro,

al volgersi del capo.

Proseguendo con un’altra opera dell’artista sicionio,

la tradizione letteraria assegna alla fase iniziale del

regno di Alessandro l’esecuzione da parte di Lisippo

di un Eracle seduto di piccole proporzioni definito

Epitrapèzios, “protettore della mensa”, che il sovra-

no avrebbe portato con sé fino alla morte

53

(11).

La figura, alta un piede, sedeva su una roccia am-

morbidita dalla pelle del leone, nella sinistra aveva la

clava, nella destra la coppa del vino mentre la testa

era volta in alto

54

. Secondo il criterio esaminato in

altre opere, le forze sono distribuite in antitesi. Per

quel che riguarda il volto dell’Epitrapèzios, barba e

capigliatura erano tagliate a corte ciocche, vivace-

mente degradanti dall’occipite; i capelli modellavano

la calotta cranica, ridotta a una sezione sferica: il che

coincide con la notazione di Plinio che nelle statue di

Lisippo vede le teste rimpicciolite rispetto alle opere

degli scultori precedenti.

Seguirono, dopo la

Battaglia di Cheronea (338 a.C.)

,

il donario commissionato da

Daochos II

(335 a.C.),

a cui apparteneva la statua dell’atleta Agias di Delfi,

e l

’Eros di Tespie

opere in cui appare il tipico pro-

tendersi dell’opera nello spazio che culminerà nell

’A- poxiomenos 5

5

. Ad un momento già avanzato dell’at-

tività dello scultore ci riporta la statua dell’atleta

Agias (vincitore nel 408)

56

rinvenuta insieme al grup-

po di statue dedicate nel santuario di Delfi dopo il

52 Plin., Nat hist., 34, 65: i polpastrelli restano liberi, consentendo all’artefice di cesellare le unghie, mentre

le dita sono inguainate per metà da una pelle così sottile che lascia trasparire le articolazioni fino alle falangi.

Gli orli del mezzo guanto sono ribattuti per ciascun dito e resi appariscenti dagli inserti di rame, sui quali

sono incise fitte serie di punti a suggerire le cuciture. Il cuoio che protegge il carpo, il polso e l’avambraccio,

aveva nella realtà il vello rivolto all’interno per ammortizzare i colpi durante il combattimento. Forti stringhe

garantiscono l’aderenzadell’apparatodifensivoealcontempofissanoallemani icesti

(sphaírai)

dicuoioduro,

usati in età classica (Plat., 830 b).

53 Stazio (Silv., IV, 6, 69-70) dice che Alessandro già lo possedeva quando distrusse Tebe nel 335. Per

conoscere nel dettaglio l

ErmesEpitrapèzios

,

si consulti MORENO, 1987, pp. 73-79.

54 L’esemplare più persuasivo, utile ad approntare una ricostruzione dell’originale bronzeo è il bronzetto del

KunsthistorischesMuseum

di Vienna.

55 Per una conoscenza approfondita delle due opere si veda: MORENO, 1987, pp. 34-43 e pp. 55-65.

56 L’

Agias

è celebrato da un epigramma inciso su una base di Delfi come il primo tessalo che avesse vinto ad

Olimpia una gara di

pancrazio

(lotta più pugilato); successivamente avrebbe conseguito molte altre vittorie,

nella stessa disciplina, ai giochi Istmici, Pitici e Nemei, uscendo poi invitto dalla carriera. Dal punto di vista

cronologico, l’atleta aveva ottenuto le corone olimpiche nel decennio delle guerre persiane; Agia era dunque

vissuto un secolo prima di Lisippo. MORENO, 1987, p. 36.

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