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gloriatus marmoream se relinquere, quam la-
tericiam accepisset
2
”
. All’inizio questi punti del
programma erano solo dichiarazioni d’intenti,
Augusto aveva bisogno di molti collaboratori e
poiché le fonti letterarie nello specifico non ci
informano sugli eventi della realizzazione del
programma culturale, dobbiamo rivolgerci alle
arti figurative per capire i complicati intrecci
dei rapporti che il
princeps
dovette intrattene-
re con i suoi sostenitori, architetti, poeti, artisti
e botteghe. Roma sin dal II sec. a.C. con la con-
quista dell’Oriente greco aveva cominciato un
lento processo di ellenizzazione; nell’Urbe co-
minciavano a fondersi motivi di
luxuria
orien-
tale a elementi di una società arcaicizzata e
fortemente legata ancora ai
mores maiorum
,
facendo storcere il naso ai vecchi conservatori
che vedevano questa intrusione come motivo
d’instabilità e di crisi del sistema tradizionale
dei valori dello stato romano. Dopo il tramon-
to della vecchia
res publica
durante le lotte tra
Cesare e Pompeo e poi tra Ottaviano e Anto-
nio, i Romani cominciarono a chiedersi quali
fossero le cause di questa grande instabilità
politica e morale e ne addossarono le colpe
all’abbandono delle tradizioni, dei patrii costu-
mi e degli antichi dei. Parte proprio da questa
crisi d’identità il sostanziale programma di
rinnovamento della mentalità collettiva. L’arte
augustea, così come il principato di Augusto si
basa su una finzione: essere la continuità della
tradizione dei regni ellenistici, e al tempo stes-
so, della repubblica consolare romana. Quasi
con timore l’eclettismo e la ricchezza plastica
orientale si esprimono nella severità e nella
freddezza augustea. Si parla di neoatticismo, o
di classicismo augusteo; sopraggiunge questo
raggelarsi aulico nelle forme frigide del neo–
atticismo che tuttavia non esclude del tutto
la convivenza con i riflessi artistici di altre cor-
renti artistiche. La tendenza per molti studiosi,
è stata quella di vedere i singoli monumenti
della
publica magnificentia
come pezzi stac-
cati di un unico puzzle e quindi interpretare il
saeculum Augustum
solo come un’esaltazione
fine a se stessa della monarchia in un’azzec-
cata propaganda politica studiata ad hoc da
Augusto e dai suoi committenti. Quest’approc-
cio svilisce il significato delle immagini in sé,
dietro ogni monumento vi è una pluralità di
simboli, di linguaggi figurativi, ogni singolo pro-
gramma di Augusto è inserito con un intento
specifico all’interno di ogni opera pubblica; dal
2 Svetonio, Vite dei Cesari, Aug. II., XXVIII, 3. Trad. «Roma non era all›altezza della grandiosità dell›Impero ed era esposta alle inondazioni e agli incendi, ma egli l›abbellì a tal punto che giustamente si vantò di lasciare di marmo la
città che aveva trovato fatta di mattoni. Oltre a questo la rese sicura anche per il futuro, per quanto poté provvedere per i posteri.»
Fig.4 / Ara Pacis, sezione / ill. Bianchi-Bandinelli, L’arte dell’antichità classica Etruria-Roma,
scheda 75, UTET, Torino 1976.
Fig.5 / Ara Pacis, decorazione con girali d'acanto / ph courtesy of Press Office Museo dell’Ara
Pacis
Fig.6 / Ara Pacis, Cespi d'acanto / ph Maria Mento