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LA PAX AUGUSTA SUI RILIEVI DELL’ARA PACIS

Alessandra

Randazzo

aRcheologia

All’indomani di Azio, 31 a.C., lo stato d’animo dei Romani, in particolar modo quello delle classi elevate, restò

incline al pessimismo. La

Pax Augusta

segnava un momento di svolta e una chiave per il futuro, da un lato ci si

lasciava alle spalle la guerra civile e dall’altro si pensava a che tipo di ordinamento dare alla

res publica.

Ottavia-

no dopo le splendide celebrazioni dell’anno 29 a.C. si era ritrovato il potere in mano e spettava a lui decidere

la sorte dei prossimi eventi. Il Senato gli aveva consegnato il potere, ma bisognava scegliere delle formule tol-

lerabili così da poter mascherare una monarchia e renderla sopportabile alla nobiltà romana.

La fine di Cesare aveva segnato la memoria di tutti, per anni ancora se ne sarebbe parlato, lo stesso Ottaviano

per paura di un colpo di Stato si presentava in Senato con la corazza sotto la toga; la pace dipendeva dalla vita

stessa di Ottaviano e il clima d’insicurezza era palpabile. Livio, che aveva un certo ottimismo nel nuovo regi-

me, tuttavia nella sua monumentale storia di Roma, sente molto questo clima d’instabilità: “Non siamo più in

grado di sopportare né i nostri vizi, né i rimedi a essi corrispondenti

1

”. Il vincitore di Azio aveva salvato lo Stato,

adesso doveva riportare la pace a Roma e cercare di instaurare un dialogo con la vecchia classe dirigente che

attendeva con scetticismo una pace basata sulla forza e non sul consenso generale. La decisione di mantene-

re le promesse fatte prima di Azio, cioè, dopo quattordici anni di regime speciale restituire la legalità della

res

1 T. Livio, Ab Urbe Condita, I, proemio

Fig. 1 / Ara Pacis Augustae / ph courtesy of Press Office Museo dell’Ara Pacis