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L’individuazione di “
iscrizioni e geroglifici”
su quelle bende fu il primo passo verso il riconoscimento di quello che
ancora oggi è il più importante documento della lingua etrusca giunto fino a noi: il
Liber Linteus
di Zagabria.
La storia a noi nota della mummia e delle bende ha inizio nel 1848/49, quando vengono acquistate dal nobile
Mihail de Barić in Egitto. Nel 1829 Barić era divenuto Scrittore della Regia Cancelleria Ungherese esercitando
questa professione fino al 1848 quando, scoppiata la rivoluzione, inizia a viaggiare raggiungendo anche l’Egit-
to dove pare abbia fatto il fortunato acquisto, ma dove esattamente e da chi non si sa. Di ritorno in patria, Barić
vede negato il reinserimento nel suo precedente incarico e allora si stabilisce in una delle sue case nel centro
di Vienna dove inizia ad occuparsi della sua collezione d’arte, che appunto comprendeva anche la mummia,
ancora interamente avvolta nelle sue bende. La mummia era stata esposta in posizione eretta poiché Barić
aveva provveduto a fissarla ad una spranga di ferro, all’interno di una vetrina, addobbata da tendaggi. Una
nipote di Barić racconterà di aver visto il volto infantile della mummia: il che testimonia come ad un certo mo-
mento Barić aveva iniziato a liberarla dalle bende. Operazione che doveva aver quasi completato prima di
morire, se nel 1859 mummia e bende erano custodite in due teche distinte e separate. Alla morte di Barić
erede universale ne fu la nipote ed esecutore testamentario il fratello Ilija, subarcidiacono di Golubinci, un
paese della diocesi di Djakovo (odierna Croazia). Dopo la sua morte (1859) apparvero due documenti interes-
santi. Il primo contie-
ne una dichiarazione
di Ilija Barić del 14 di-
cembre 1861 in cui af-
ferma che, in confor-
mità con le ultime
volontà del fratello
Mihail, la mummia
avrebbe dovuto esse-
re ceduta all’Accade-
mia Jugoslava; dove la
prima si fosse mostra-
ta inadeguata, desti-
natario alternativo sa-
rebbe stato il Museo
Nazionale di Zagabria.
Una seconda lettera
di Ilija Barić indirizzata
al Capo dello Stato il
19 marzo 1862, con-
tiene una dettagliata
descrizione della
“stra-
ordinaria mummia egi-
ziana
” già indicata come “interamente nuda”; ad essa appartengono “
frammenti di lino insieme ad una incrosta-
zione resinosa in cui la mummia era stata avvolta un tempo, come pure quattro o cinque rotoli delle suddette foglie
di palma inscritti con segni e figure che potrebbero contenere una descrizione storica, tutti conservati in un’altra
teca orizzontale, che odora di balsamo ed è chiusa da un coperchio di vetro”
.
La ricostruzione del testo:
codex o volumen
?
La vicenda del rinvenimento dellamummia non si conosce nei dettagli; quello che si sa è che lamummia venne
trasportata dall’Egitto a Vienna tra il 1848 e il 1849 dall’ex funzionario sloveno della Regia Cancelleria Unghe-
rese Mihail Barić, e il testo trovato sul risvolto delle bende fu riconosciuto come etrusco solo nel 1891. Il testo
era scritto su 11 bende di lino di diversa lunghezza; la lunghezza complessiva delle bende misurava 13,57 m.;
le lettere erano alte 6 mm. Ogni benda conteneva dalle 5 alle 6 righe e si pensa che in origine le righe fossero
circa 340; da questi e altri elementi Krall ipotizzò che le bende fossero pertinenti al contesto dell’imbalsama-
zione di una persona facente parte di una colonia di commercianti etruschi stabilitasi in Egitto. Secondo Ron-
calli, invece, sarebbero ipotizzabili in totale 8 bende, 5 delle quali contenenti il testo rituale e una perduta
anch’essa scritta, mentre 2, prive di scrittura, avrebbero costituito i margini superiore e inferiore. L’altezza
complessiva sarebbe quella di 1 ½ piede attico-romano (44,4 cm.) e la lunghezza quella di 11,5 piedi.
In particolare è stato Roncalli che ha dimostrato che il lino non era un supporto scrittorio adatto per farne un
foto 3 / Il sarcofago con la rappresentazione del codex, dalla Tomba dei sarcofagi di Cerveteri, conservato ai Musei Vaticani
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