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”
Deinde tunc in eo loco, qui definitus erit, arcae stipitibus robusteis et catenis inclusae in aquam demittendue desti-
nandueque firmiter; deinde inter ea extrastilis inferior pars sub aqua exaequanda et purganda, et coementis ex
mortario materia mixta, quemadmodum supra scriptum est, ibi congerendum, denique compleatur strurtura
spatium, quod fuerit inter arcas
.”
Trad.: Quindi, in quel punto stabilito, si debbono affondare e bloccare con sicurezza delle casseforme tenute
insieme da montanti di quercia e tiranti trasversali; poi, nel vano interno, [lavorando] dalle traversine si deve
livellare e pulire il fondale e gettare la malta, preparata come è spiegato sopra, mischiata al pezzame di pietra,
fino a che lo spazio tra le paratie non sia riempito di calcestruzzo.
- Il secondo metodo prevedeva la costruzione in cassaforma ”stagnata”:
”
In quibus autem locis puivis non nascitur, his rationibus erit faciendum, uti arcae duplices relatis tabulis et catenis
conligatae in eo loco, qui finitus erit, constituantur, et inter destinas creta in eronibus ex uiva palustri factis calcetur.
Cum ita bene calcatum et quam densissime fuerit, tunc cocleis, rotis, tympanis coniocatis locus, qui ea septione fi-
nitus fuerit, exinaniatur sicceturque, et ibi inter settiones fundamenta fodiantur.”
Trad.: In quei luoghi invece, in cui non si trova la pozzolana, si dovrà seguire questo procedimento: nel punto
che si sarà delimitato si impiantino delle paratie a doppia parete, tenute insieme da tavole riportate e traverse,
e tra i montanti [interni alle paratie] si incalchi dell’argilla [confezionata] in panieri fatti d’alga di palude. Quando
l’argilla sarà compressa al massimo, allora con pompe a vite, ruote e tamburi acquari [lì] installati si svuoti e
asciughi lo spazio circoscritto con questo recinto stagno, e tra le paratie si scavino le fondazioni.
- Il terzo, invece, prevedeva la costruzione a blocchi prefabbricati:
”Sin autem propter fluctus aut impetus aperti pelagi destinae arcas non potuerint continere, tunc ab ipsa terra sive
crepidine puivinus quam firmissime struatur, isque puivinus exaequata strnatur planitia minus quam dimidiae
partis, reliquum, quod est proxime litus, proclinatum latus habeat. Deinde ab ipsam aquam et latera puivino circi-
ter sesquipedales margines strnantur aequilibres ex planitia, quae est su pra scritta; tunc proclinatio ea impleatur
harena et exaequetur cum margine et planitia puivini. Deinde insuper eam exaequationem pila, quam magna
constituta faerit, ibi strnatur; eaque cum erit extrurta, relinquatur ne minus duos menses, ut siccescat. Tunc autem
succidatur margo, qune sustinet harenam; ita harena fluctibus subruta efficiet in mare pilue praecipitationem. Hac
ratione, quotienscumque opus fuerit, in aquam poterit esse progressus.”
Trad. Qualora invece, per via delle onde
e della forza del mare aperto, le palifi-
cate non avessero potuto trattenere le
casseforme, allora dalla terraferma o
dalla banchina si costruisca quanto più
solidamente possibile un basamento;
questo basamento si costruisca in
modo che abbia una superficie, per
meno della metà in piano, e il resto, la
parte verso la spiaggia, inclinata. Quin-
di, sul fronte a mare e sui lati si costrui-
scano al basamento degli argini, allo
stesso livello della superficie in piano
descritta sopra, larghi circa un piede e
mezzo; poi l’inclinazione sia riportata
con della sabbia alla quota dell’argine e
del piano del basamento. Quindi sopra
questo piano si costruisca un blocco,
grande quanto si sarà stabilito; quando
sarà pronto, lo si lasci a tirare per alme-
no duemesi. Allora si demolisca l’argine
che contiene la sabbia; in questo modo la sabbia, dilavata dalle onde, provocherà la caduta in mare del blocco.
Con questo sistema, ogni volta che servirà si potrà ottenere un avanzamento in mare.
Di interesse, forse maggiore, sono in relitti. I motivi sono vari: fascinazione, senso dell’avventura, il ritrovamen-
to di un “forziere”. Basta con la fantasia, veniamo ai dati concreti. Uno dei momenti essenziali, seppur dramma-
Londra-Romana-modellino / ph di Steven G. Johnson