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PORTI E RELITTI
Generoso
Urciuoli
aRcheologia
L’archeologia subacquea è una delle discipline afferenti al fantastico mondo dell’archeologia. Ma non di una
sola sotto-disciplina possiamo “vantarci”, perché all’interno dell’archeologia subacquea possiamo trovare diffe-
renti settori di studio. Proviamo a conoscerne due, o meglio proviamo ad avvicinarci a due argomenti che
appartengono a settori differenti: i porti (strutture sommerse) e i relitti.
L’Italia è un paese che pre-
senta, tra la penisola e le
isole, circa 8000 km di
coste. Su queste, esatta-
mente come oggi, la pre-
senza dell’uomo in passato
e in particolare in epoca
romana, era ben attestata.
Porti, ville marittime, pe-
schiere… strutture che po-
tremmo definire monu-
menti costieri. Il numero di
questi monumenti ritrovati
è bassissimo; la sopravvi-
venza di queste strutture,
ove presenti, è a rischio, a
causa sia di elementi natu-
rali sia degli interventi an-
tropici come gli interramen-
ti (avvenuti anche in
passato, ed erano una pra-
tica più che abituale per di-
struggere i porti di località
conquistate), sia per l’odierna crescente richiesta di nuovi porti turistici. Dove esistenti, queste strutture sono
state scarsamente studiate. Come spesso accade in Italia, non c’è stato uno studio sistematico per la mancan-
za di fondi e il volontariato e le segnalazioni, a volte grossolane, hanno portato spesso alla confusione e ad
indicazioni sommarie sotto la voce generica di “rovine archeologiche”.
Ma come costruivano i Romani in ambiente sommerso?
Abbiamo una fonte diretta fornita da Vitruvio che, in un passo della sua opera De architectura (V, XII), ci illustra
le modalità costruttive di opere portuali. Per completezza, dobbiamo anche constatare le descrizioni fornite
da altri due autori, anche se più generiche, che sono quella di Flavio Giuseppe per la costruzione di Sebastos,
il porto di Caesarea Marittima, e quella di Procopio di Cesarea. Vitruvio descrive le tre metodologie fondamen-
tali per costruire in acqua. Logicamente le maestranze si scontravano con problemi di natura diverse a secon-
da dei luoghi in cui si trovavano ad operare; si adattavano un po’ al contesto, logicamente.
- Il primo metodo prevedeva la costruzione in cassaforma ”inondata”:
“Colonne a tharros / Sardegna” / ph di Simon.zfn