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miti
élite, un vero e proprio
status symbol
del pro-
prietario e del benessere economico e sociale
raggiunto. È una produzione molto particolare,
dal caratteristico colore rosso, lucidata ed im-
preziosita con d ecorazioni a rili evo, impresse
o applicate. Contemporaneamente la città si
arricchisce di edifici pubblici, tra cui teatro, an-
fiteatro e terme ma questo benessere sembra
cominciare ad affiev olirs i agli iniz i del II sec.
d.C., quando viene lentamente messa in ombra
dall’affermazione in campo politico di
Florentia
.
La Chimera venne recuperata il giorno 15 no-
vembre 1553, durante l’esecuzione di lavori per
la realizzazione della fortezza medicea voluta
da Cosimo I; una scultura in bronzo, imponente
e maestosa sia nelle dimensioni (circa 65 cm.
di altezza) sia nella resa plastica, che raffigura
il mostro morente. Da subito suscitò grande in-
teresse e curi osità ; infat ti, i n Toscana fin dal
1400 era vi vo u n v ero e propri o mito sugli
Etruschi, un vero e proprio “
revival
”, al punto
che nel passato glorioso dei propri antenati si
ricercavano le legittimazioni del potere tempo-
rale, sulla stessa linea di pensiero secondo cui
la Roma dei Papi nasceva su lle imponenti ro-
vine della Roma dei Cesari. Quando i Medic i si
insediarono a Firenze, l’interesse per il mondo
e per le anti chità e trusche si mantenne v ivo
più che mai, tanto che si c ominciò a par ago-
nare il duca alla figura di Porsenna, monarca
etrusco, nel l’espli cito i ntento di mitizzare e
glorificare non solo il passato ma anche e so -
prattutto il presente. Nacquero così i primi nu-
clei del le c ollezioni di o ggetti antichi,
recuperati casualmente in occasione di lavori,
unici materiali di cui si disponeva per far luce
sul pass ato ma anche per dare lust ro a lla fa -
miglia di appartenenza. In questo clima di fer -
vore nei confronti delle antichità, sentite come
dei veri e propri tesori, sarà lo stesso Cosimo I
che, affascinato dal mondo etrusco e dalla Chi-
mera, si prenderà cura di restaurarla personal-
mente nel suo studiol o. A t ale proposito,
Benvenuto Cellini (s cultore, or afo ed artista,
1500–1571), nella su a autobiografia “La Vi ta”
(1558–1566) menziona i l recupero dell’esem -
plare ed offre una curiosa immagine del duc a:
“
essendosi i n questi giorn i trovato certe anti -
caglie nel contado d’ Arezzo, in fra le quale si
era la Ch imera, ch’è quel
l ione di bro nzo, il
quale si vede nelle camere convicino alla gran
sala del Palazzo; ed insieme con la detta Chi-
mera si era trovato una quantità di piccole sta-
tuette, pur di bronzo, le quali erano coperte di
terra e di ruggine , ed a ciascuna di esse man-
cava la testa o le mani o i piedi, il duca pigliava
piacere di rinettarsele da per se medesimo con
certi cesellini da orefice…
” specificando che al
momento, l’esemplare era stato trasferito nella
stanza dei bronzi della “
Real Galleria
”
2
.
Il nome del mostro deriva dal greco
Χίµαιρα
,
chímaira
, che si t raduce con “capra”. N on a
caso, Omero descrive l’animale come un mo -
stro dalla sola testa di leone, dalla coda di ser-
pente ma dall’intero corpo di capra
3
; il bronzo
si p resenta n on dissimile dall’accenno sul
poema, con la sola differenza che il corpo, in-
teramente di leone, p resenta una te sta d i
capra sulla schiena (foto 2)
Dall’anno d ella scoperta, il bronzo fu ogg etto
di restauri nel corso dei secoli; al momento del
ritrovamento la st atua s i pr esentava m utila
della coda che fu recuperata in un secondo
momento e purtroppo, da come si deduce dalle
iconografie, fu rimontata male, in quanto non
avrebbe d ovuto rivolgersi verso la testa d i
capra sulle sue spalle ma contro Bellerofonte,
in u n u ltimo s forzo p er ist into di s opravvi-
venza. La testa e le zampe sono invece frutto
di restauri neoclassici (foto 3).
Il Vasari, nella seconda metà del XVI sec. a.C.,
si interessò alla Ch imera, in mer ito a ll’aperta
2 Galleria degli Uffizi
3 Iliade, libro VI, 180 – 182.
2