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egitto in pillole

ma un certo Djehuty, generale che visse e

operò durante il re gno di T hutmosi I II

(1479-1424 a.C. c irca), qui ndi almeno un

paio di secoli prima dell’episodio di cui si fa

cenno ne ll’Odissea di Omero e c he invece

ha più ampio risalto nell’Eneide di Virgilio.

Il racconto è contenuto nel recto del cele-

bre Papiro Harri s 500, cu stodito pr esso il

British Museum con il numero di inventario

EA 10060, che risale prob abilm ente a lla

prima parte dell’epoca ramesside, quindi ai

regni di Seti I o Ramesse II.

Trattandosi di u n p apiro lettera rio si era

pensato che il racconto fosse frutto di fan-

tasia e che il personaggio in questione non

esistesse nella realtà, fin quando Drovetti,

nel 1824, scoprì la sua tomba ancora intatta

nella necropoli di Saqqara.

Purtroppo l’egittologia e l ’archeologia più

in generale, non avevano ancora sviluppato

un sistema scienti fico con i l quale a ffron-

tare uno scavo e l e notizie su quel r itrova-

mento sono scarse.

Il c ontenuto della t omba s i disperse t ra i

meandri de l commercio antiquario d i quel

tempo, per ricomparire poi in musei sparsi

un po’ ovu nque nel mondo. In a lcuni casi i

reper ti re cano il s uo nome e so no cer ta-

mente attribui bili a Djehuty , in alt ri casi

l’attribuzi one non è così certa. Tuttavia al-

cuni di essi sono di pregevole fattura, il che

lascia pen sare che il corredo funera rio

fosse di eccezionale qualità.

Tra questi spicca la coppa d’oro (vedi foto),

o più propriamente una patera, la cui iscri-

zione la identifica come un regalo ricevuto

da Thutmo si III e oggi custodita al Museo

del Louvre di Parigi.

Di seguito proponi amo una traduzione con-

tinuata del testo che riguar da l’astuto

gesto che ha consent ito a D jehuty di con-

quistare Ja ffa (trad. dall’inglese di Emi lio

Passera).

“Al t empo del faraon e Men -kh eper- ra

(Tut hmosi s I II) sco ppiò una riv olt a de i

ser vit or i di Sua Mae stà che er ano a

Jaffa; e Sua Mae stà d isse: ‘Ch e D jeh uty

par ta e vad a c on i suoi

sold ati e di-

str ugga q uel m al edett o prin cip e d i

Jaffa’ . Poi chiamò uno dei suoi servitor i

e g li d isse anche:

‘N asc ond i il m

io

splendido bastone che fa merav iglie nel

bagagl io di Djeh uty c osic ché il mio po-

tere possa acc omp agnarlo ’.

Ora, quando Dj ehuty arrivò vic

ino a

Jaf fa, c on tu tt i gl i u omin i de l Fa raone,

mandò a chiamare il pr inc ipe di Jaffa, e

disse: ‘ Osser va, S ua Ma està , i l re Me n-

Khep er -ra, ha m and ato q ues to g rand e

eser cit o contr o d i t e, ma il mio cuor e

non è come il tuo cuore? Vieni dunque e

parl iamo nel c ampo e guard iam oc i in

faccia.

Così Dj ehu ty v enne c on alcu ni dei suoi

uom ini ; e

il princi pe di Jaf fa ven ne

anche l ui, ma i l suo coc ch iere er a c on

lui , ed egli era fedele al re d’Eg itto . Par -

larono l’uno c on l’al tro nel la sua grande

tenda, che Djeh uty aveva p ian tato lon -

tano dai soldati. Ma Djehuty aveva fatto

preparare duecento sacch i, con corde e

catene , e ave va p repar ato un g ran de

sac co di p el li c on cep pi di bronzo e

mol te c este: ed erano nella su a tend a, i

sacch i e le ceste, e le aveva posizion ate

come se fo ssero f oraggi o per i ca vall i,

che vi ene s ol itament e m esso in ces te.

Mentre i l p rinci pe d i J affa be veva con

Dj ehut y, l e p ersone che er ano con lui

bevevano con i soldati del Faraone, e fa-

cevano bal doria con loro . E quan do eb-

ber o fi ni to di b ere , Djehu ty dis se al