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Laboury, pur conte-
stando questa visione
dei fatti
21
e la dimostra-
bilità di essi, ammette
che l’idea di una rivali-
tà tra le due parti della
famiglia e la divisione
insita in essa potrebbe
corrispondere alla real-
tà storica.
Soprattutto conside-
rando ciò che avven-
ne alla morte di Thut-
mosi I, con la regalità
in mano a Thutmosi II
prima ed Hatshepsut
subito dopo, coniugi
ma entrambi discen-
denti da un ramo diver-
so della famiglia. E la politica di legittimazione della regina e del figliastro dopo di lei si basò in entrambi i casi
sulla figura di Thutmosi I, dal momento che la regalità transitava attraverso l’esistenza di un antenato reale.
Se il contesto familiare era davvero così variegato e proble-
matico, sarebbe interessante sapere
22
se ci fosse un diret-
to discendente di Hatshepsut che potesse ambire al trono
o un altro membro della famiglia, di qualsiasi grado, che
avrebbe potuto utilizzare Hatshepsut (e Thutmosi I) come
fattori di legittimazione per una possibile ascesa alla carica
di faraone. Del resto nulla si conosce riguardo al destino di
Neferura, figlia della regina e di Thutmosi II, dopo l’anno 11
23
né se ebbe figli. Come non è altrettanto noto se Hatshep-
sut stessa partorì altri figli; di certo si conosce un imprecisa-
to numero di principi reali dell’epoca, ma la loro situazione
genealogica non può essere definita con certezza. In sinte-
si, l’ipotesi più verosimile per la
damnatio memoriae
è che
Thutmosi III presentisse un pericolo o temesse un concor-
rente per il futuro Amenhotep II; probabilmente percepen-
do una minaccia politica effettiva, attuò una cancellazione
delle opere e della memoria della sovrana per proteggere e
difendere l’ascesa al trono del figlio. Questo spiegherebbe il
lasso di tempo intercorso tra l’anno 2224 e l’anno 42 o 4325,
quando iniziarono i danneggiamenti alle opere della sovra-
na, e gli enormi sforzi compiuti per rimaneggiare i monumenti della matrigna e costruirne di nuovi a proprio
nome, anche sfidando la logica architettonica
26
. Negando la storicità di Hatshepsut e valorizzando il padre e
il progenitore, si proteggeva la successione del giovane principe Amenhotep e si teneva lontana la possibilità
che un altro aspirante al tronomirasse al potere, soprattutto se costui avesse in qualchemodo fatto riferimen-
to al regno “imprevisto” della regina o fosse appartenuto a un ramo collaterale della famiglia reale.
21 In particolare viene negata l’idea che fosse in atto una guerra tra Thutmosidi e Ahmosidi e che ciò ebbe qualche peso nella persecuzione di Hatshepsut; cfr. LABOURY 1998, pp. 503-504.
22 Ma come giustamente afferma LABOURY, in merito a questi argomenti le fonti tacciono. Cfr. op. cit., p. 507.
23 Ultima attestazione datata è il graffito del Sinai, cfr. Inscr. Sinai I, pl.58 (n. 179).
24 Morte di Hatshepsut.
25 Data supposta di inizio della persecuzione da P. DORMAN, 1988 pp. E LABOURY 1998, pp. 483-486. Un possibile fattore scatenante è teorizzato a p. 510, op. cit.
26 Cfr. op. cit., pp. 493 e 500: esempio di sfida architettonica è il tempio funerario di Thutmosi III a Deir el Bahri: il terreno è in pendenza e fu necessario costruire una piattaforma artificiale di sostegno.
La Cappella Rossa ricostruita nel museo all’aria aperta di Karnak/ ph M. Fisichella
Giulia
Nicatore
Ha conseguito la Laurea Triennale in Scien-
ze Storiche (Curriculum Antico, tesi in Egit-
tologia) presso l’Univer- sità degli Studi di
Milano. Successivamente, sempre presso
l’ateneo milanese, ha conseguito la Laurea
Magistrale in Lettere Classi- che (curricu-
lum Archeologico, tesi in Egittologia) Presso
l’Università degli Studi di Siena...
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